Rubrica
05.08.2025 - 15:00
Stella Alonzi
Cantante lirica, pianista, scenografa, docente, cantautrice, attrice, architetto, progettista di interni e chissà quante altre attività svolge la sorana Stella Alonzi, qui per i lettori di Ciociaria Oggi.
Quando ha scoperto la passione per la musica?
«È profondamente radicata in me. In realtà ho iniziato a praticarla sin da subito, dall’età di tre anni, grazie ai preziosi insegnamenti di mia madre, che è una splendida musicista, e alla sensibilità di mio padre, grande appassionato».
Soprano ma anche pianista: lo strumento le serve di supporto al canto o è un’attività alternativa?
«Ho studiato per cinque anni il pianoforte in conservatorio ed è un mezzo indispensabile nella mia quotidiana attività di artista. È una presenza complice, attraverso la quale approfondire, comprendere e interiorizzare
la musica in modo completo. Essendo la voce uno strumento melodico, il pianoforte a contrasto come strumento armonico è fondamentale e complementare».
Quale genere preferisce cantare?
«È una domanda difficile. Credo che la musica sia un campo vasto e fluido, dove le categorie spesso limitano più che chiarire. Mi piace piuttosto chiedermi ciò che mi emoziona o mi lascia indifferente interrogandomi profondamente sulle motivazioni. La dimensione che sento più affine alla mia forma mentis è il teatro musicale lirico ma devo riconoscere che anche i linguaggi contemporanei offrono territori ricchissimi e stimolanti. In generale il teatro racchiude tutti gli elementi che amo ed è lì che sento di potermi esprimere in modo pieno e autentico».
L’architettura è un’attività lavorativa alternativa al canto o c’è qualche punto di contatto?
«Non è semplicemente un’attività alternativa al canto, è arrivata in un momento molto buio della mia vita e si è rivelata poi una scoperta necessaria. Lo studio di forme sonore e spaziali è sorprendentemente affine. I due mondi, quello architettonico e quello musicale, si parlano, si rispecchiano e si nutrono a vicenda anche se a prima vista può sembrare difficile accostarli: ambedue sono materia, ritmo, tensione e intenzione. Sono profondamente grata alla vita perché ho la fortuna, rara e preziosa, di vivere due passioni che ogni giorno continuano a trasformarmi».
Incuriosisce il progetto della sua tesi di laurea in architettura…
«Grazie per la domanda. Ho scelto di progettare un teatro sperimentale con l’obiettivo finale di creare uno spazio versatile, itinerante e iconico. Un teatro che potesse adattarsi alle esigenze espressive dei compositori contemporanei, variando configurazioni spaziali e acustiche a seconda delle necessità. La questione era: “attraverso quali prerogative si può collocare – nella testa dell’architetto – una strategia che può significare la difficoltà di gestione spaziale mantenendo un’agevolazione acustica?”. Ho messo in discussione il sacro rapporto tra performer e spettatore progettando uno spazio libero, non vincolato da schemi rigidi e da convenzioni sociali, uno spazio in grado di accogliere le forme più autentiche di espressione artistica, dove la struttura stessa diventa complice del processo creativo».
Dove desidera approdare con l’architettura?
«I progetti a lungo termine non mi appartengono del tutto. Preferisco vivere e costruire nel presente, con attenzione e dedizione, lasciando che le cose si rivelino nel tempo magari anche sorprendendomi! Che sia nell’architettura o nella musica, il mio augurio è quello di continuare a costruire, giorno dopo giorno, qualcosa di autentico e appagante, che un domani possa diventare un raccolto ricco di significato. Un cammino fatto, più che di mete predefinite, di scoperte e grandi passioni che stimolino sempre la mia curiosità».
Ci illustra la situazione del canto lirico nella Ciociaria?
«Purtroppo, credo che in percentuale sia un ambito molto poco sviluppato in Ciociaria. Esistono realtà spesso portate avanti con grande passione da singoli o piccole associazioni, ma manca una vera cultura diffusa e strutturata intorno a questo linguaggio. È come se la lirica fosse percepita come qualcosa di distante, per pochi o confinata in un’idea di “passato” che la rende difficile da accogliere nel presente. Niente di più sbagliato, sarebbe bello aprirsi invece con innovazione a un linguaggio secolare estremamente attuale. Servirebbe visione, informazione, competenza e, forse, un po’ più di coraggio».
Che cosa è la musica per lei?
«Il mio “completamente” e la mia necessaria possibilità di essere una persona migliore».
Si vive di arte, oggi? Consiglierebbe a un suo alunno dell’IC “Oreste Giorgi” di Valmontone di intraprendere l’attività di musicista?
«Probabilmente se tutti si occupassero un po’ di arte, il mondo sarebbe un posto migliore. La musica vale sempre la pena: la ricchezza interiore, sociale e umana che ti lascia supera qualsiasi cosa.
Ha un suo sogno segreto?
«Certo, ma lo lasciamo segreto per poi magari mostrarlo un domani realizzato con orgoglio».
“I sogni son come le stelle, basta alzare gli occhi e sono sempre là” (Jim Morrison).
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