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Frosinone

Spari in carcere, condannato

Il tribunale di Napoli ha inflitto 15 anni ad Alessio Peluso che ricevette una pistola con un drone. Contestati l’associazione mafiosa e tre tentati omicidi. Episodio legato al traffico di beni proibiti

carcere frosinone

Il carcere di Frosinone

Sparatoria nel carcere di Frosinone, condannato a 15 anni il ras di Abbasc Miano Alessio Peluso.

La sentenza è stata emessa dal tribunale di Napoli. Per l’uomo, in passato detenuto in via Cerreto, è stato disposto anche il 41 bis, ovvero il carcere duro. A maggio, Peluso era stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare per l’episodio del 13 giugno 2021, avvenuto all’interno del penitenziario frusinate, per l’esplosione di cinque colpi di pistola all’indirizzo di tre detenuti, i quali qualche giorno prima lo avevano aggredito. Erano contestati i reati di associazione mafiosa, possesso e detenzione di arma da fuoco, tre tentativi di omicidio, violenza privata a pubblico ufficiale nonché l’utilizzo di dispositivi telefonici all’interno del carcere. E anzi, proprio da lì era nata un’altra inchiesta su un traffico di cellulari all’interno di vari penitenziari italiani, tra cui Frosinone, con i droni. Per quest’altra inchiesta, a marzo del 2024, erano state arrestate 21 persone. L’arma utilizzata da Peluso per sparare, peraltro senza colpire gli altri tre detenuti se non uno preso appena di striscio, era arrivata in carcere proprio grazie a un drone. Ed era arrivata a un detenuto che si trovava in regime di alta sicurezza.

Per la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, la sparatoria di Frosinone sarebbe la risposta alla rottura degli equilibri consolidati all’interno del carcere di Frosinone. Peluso, coinvolto anch’egli nel traffico di cellulari e di altri beni proibiti da introdurre nel carcere, sarebbe entrato in rotta di collisione con un altro detenuto napoletano. Quest’ultimo, due giorni dopo il trasferimento dal carcere di Secondigliano, avrebbe esportato in Ciociaria il sistema dei droni. Secondo le accuse, la reazione, plateale, sarebbe servita a riaffermare la supremazia dell’Alleanza di Secondigliano e a mantenere il controllo del commercio con i droni. Per far arrivare la pistola sarebbero stati pagati 10.000 euro. Peluso non avrebbe esitato a sparare, mettendo nel conto di dire addio a un florido mercato: dalle intercettazioni un detenuto lamentava di aver perso un affare da 30.000 euro.
Peluso, che è difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono, ora è in attesa della destinazione per il 41 bis.

Dall’inchiesta sui droni era emersa l’esistenza di un tariffario per ciò che entrava nei penitenziari: 1.000 euro per uno smartphone, 250 per un telefonino di vecchia generazione e per una scheda telefonica e 7.000 euro per mezzo chilo di stupefacente. Nel mirino degli investigatori anche un “dronista” accusato di modificare i dispositivi in modo da consentire di avvicinarsi ai penitenziari. La scena di Frosinone («hai fatto la cosa proprio perfetta», si sente in un dialogo intercettato dagli investigatori) è stata ricostruita dalla Dda anche sulla base di diverse intercettazioni in cui alcuni dei protagonisti si vantavano di essere riusciti a far entrare la pistola nella casa circondariale («Io sono, i sonc u Dio... ca l’ha fatta trasì»). Tra il 3 e il 13 giugno 2021 ci sarebbero stati tre sorvoli di droni nel carcere di Frosinone. A mettere sulla pista giusta la polizia giudiziaria sarà un caso fortuito: la segnalazione di presenze sospette in zona. Le volanti della questura bloccarono una Suzuki Swift, nella quale, c’era anche il pilota dei droni.

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