Spazio satira
Colpi di Testa
21.02.2020 - 18:00
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Ciascuno di noi trascorre circa un terzo della sua vita a letto. Il riposo, quindi, ed in particolare il sonno, non solo è un elemento fisiologico di fondamentale importanza per qualsiasi individuo, ma aiuta anche a migliorare sensibilmente la qualità della vita. Su tale argomento è stato da poco pubblicato un curioso saggio intitolato "I tre fratelli che non dormivano mai – E altre storie di disturbi del sonno" (Il saggiatore, 204 pagine). Il volume è stato scritto dal neurologo Giuseppe Plazzi (che dirige il Centro per i disturbi del sonno di Bologna, ed è uno dei maggiori esperti della materia a livello mondiale), e descrive, nel dettaglio, una serie di casi clinici che sono stati da lui affrontati nel corso della sua carriera. Dalla lettura del libro se ne esce scossi.
Perché ci si rende conto che esistono patologie (per fortuna molto rare) che sono in grado di trasformare un momento di piacere (quale è, normalmente, quello del sonno), in un vero e proprio calvario. Plazzi evidenzia in primo luogo che «le scoperte della fisiologia e della medicina dello scorso secolo, e l'incredibile progresso tecnologico degli ultimi cento anni, hanno catalizzato l'interesse di fisiologi, biologi, psicologi e medici intorno al significato fisiologico del sonno, ai meccanismi ed ai circuiti che lo accendono ogni notte, e ai suoi disturbi, portandolo ad essere considerato, oggi, uno degli argomenti più interessanti delle neuroscienze». Poi si sofferma, con dovizia di particolari, sulle incredibili storie cliniche di alcuni dei suoi pazienti.
Talvolta descrive patologie abbastanza note ai più (come il sonnambulismo); altre, invece, malattie sconosciute alla maggior parte delle persone. Il neurologo ravennate, ad esempio, parla delle bizzarre manifestazioni sintomatiche della narcolessia, che è stata «la prima malattia del sonno ad essere descritta come tale, nel 1880». Tale patologia (che colpisce 4 persone ogni 10.000), determina una progressiva sonnolenza diurna «con attacchi di sonno incoercibili, e talora non preavvertiti... ogni volta che una persona con la narcolessia si addormenta, immediatamente sogna»; talvolta arriva ad avere «le allucinazioni ipnagogiche, esperienze spesso spaventose che precedono il sonno, o compaiono quando il narcolettico è sonnolento: ombre, figure, insetti, animali, false percezioni di ogni tipo attraversano la mente delle persone con narcolessia... l'esperienza è ancor più terrificante se l'allucinazione si associa alla paralisi del sonno, all'impossibilità di muoversi, fuggire o difendersi da quello che pensiamo stia accadendo... la notte di chi soffre di narcolessia è attraversata da incubi, sogni, sensazioni di uscire dal proprio corpo, decine di risvegli».
Plazzi poi rammenta che «quando si entra nel sonno, la coscienza e la morale sono sospese».
Tale sua considerazione sembra ovvia e scontata. Eppure sono stati documentati numerosi casi di soggetti che si sono resi colpevoli di gravi reati (ad esempio omicidi o violenze carnali) mentre stavano "dormendo". Proprio a tal fine egli descrive il caso giudiziario di un uomo che uccise la moglie con un colpo di pistola, mentre era a letto, durante un episodio di parasonnia. Patologia completamente opposta a quest'ultima è, invece, l'insonnia cronica, condizione clinica ben più grave di quella "occasionale" (della quale più meno tutti abbiamo sofferto qualche volta), che compromette –spesso in maniera fortemente invalidante – le quotidiane attività diurne di coloro che ne soffrono. L'insonnia, o meglio una prolungata restrizione di sonno, può causare gravi danni al nostro organismo, in quanto «rappresenta un importante rischio di sviluppare un'ipertensione arteriosa e disturbi metabolici», e determinare «un incremento di peso e diabete».
Talvolta, tale malattia, arriva addirittura a condurre alla morte. Plazzi infatti descrive l'incredibile caso di tre fratelli che, ad un certo punto della loro vita, iniziarono a soffrire di un'insonnia incontrollabile. «Sono ormai mesi che non riesco più a dormire, professore...sono sveglio non so nemmeno più io da quanto tempo... ricordo di aver chiuso gli occhi qualche volta, per un paio di minuti, forse, ma non so se stessi dormendo davvero oppure se fossi sveglio», confessò, disperato, uno di loro, in sede di anamnesi. Tale drammatica condizione clinica li portò in breve tempo alla morte. Dallo studio del cervello dell'ultimo dei fratelli, fu possibile accertare che la mancanza di sonno dalla quale erano affetti era stata «causata dalla distruzione della parte anteriore del talamo», circostanza che «impediva l'oscillazione di tutti i parametri vitali nelle 24 ore, ostacolando anche il ristoro, e trascinando l'organismo in una logorante iperattivazione».
Successivamente si scoprì che la cosiddetta insonnia fatale familiare aveva peculiarità non molto dissimili da quelle che caratterizzano l'encefalopatia spongiforme bovina (la malattia di Creutzfeldt Jakob), meglio conosciuta come sindrome della mucca pazza. Tra le diverse storie cliniche raccontate da Plazzi nel suo libro, ce ne è tuttavia una che – per fortuna –non è drammatica. Egli descrive infatti un curioso caso di sexsomnia, che è una particolare tipologia di parasonnia, analoga al sonnambulismo. Protagonista è un uomo il quale è aduso ad avere rapporti sessuali con la moglie, mentre dorme. Quest'ultima, di nome Maria, per descrivere il bizzarro comportamento del marito, spiegò al medico: «Quando abbiamo questi rapporti Antonio dorme, ha quasi sempre gli occhi chiusi, a volte addirittura russa. Ma il suo corpo è bello sveglio, credetemi. È particolarmente vigoroso, mi stringe, mi accarezza, e credo proprio che mi riconosca, perché mi chiama per nome».
È inutile che provate a vedere se vi viene in mente, tra quelle che conoscete, una coppia che abbia questi nomi...Fatica inutile...perché i pazienti descritti da Plazzi sono spagnoli...
Comunque, per la cronaca, Maria confessò candidamente al neurologo italiano di essersi oramai abituata a questa insolita situazione. Anzi, ammise: «Spesso lo lascio fare, non mi dispiace per niente». Hai capito Antonio...
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