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Serie B

Se il Frosinone vuole salvarsi in campo c'è bisogno di gente che ama la maglia

Dirigenza e “allenatori” hanno forti responsabilità per questa crisi che va avanti da inizio stagione. Ma quelli che vanno in campo sono i calciatori

Gabriele Bracaglia

Gabriele Bracaglia FOTO FEDERICO PROIETTI

Nel calcio, come chiaramente in tutti gli altri sport, la sconfitta fa parte del gioco. Ma ci sono modi e modi per subirla. Si può perdere per una giornata negativa, si può perdere per sfortuna, si può perdere soprattutto perché di fronte hai trovato un avversario più forte di te. L’importante, però, è che in quei novanta e passa minuti, se parliamo chiaramente di calcio, hai dato tutto quello che avevi dentro. E farlo è di una naturalezza estrema se sei un professionista serio. E diventa ancora più facile poi, se ami i colori di quella maglia che indossi. Ebbene, il problema di questo Frosinone, che da inizio stagione sta deludendo come nessuno si sarebbe mai aspettato, è soprattutto da ricercare nell’ultimo pensiero espresso: amare la maglia che si indossa. Perché l’impressione, e purtroppo riteniamo di non sbagliarci pur sperando invece di farlo, è che in questo Frosinone a buona parte dei calciatori interessano relativamente le sorti di questo campionato.

I canarini sono penultimi della classe e quindi in piena zona retrocessione, e la colpa va ricercata sicuramente nelle scelte di mercato di questa estate da parte della dirigenza, così come nell’aver ritenuto Vivarini un tecnico di spessore per la categoria. Ma alla fine in campo ci vanno i calciatori. E sono soprattutto questi ultimi, con le loro prestazioni, a determinare i risultati delle partite. Noi non crediamo che a livello di qualità l’attuale rosa del Frosinone sia più scarsa di quella di almeno altre sette o otto formazioni che in questa stagione abbiamo visto all’opera in più occasioni, ma la differenza tra queste squadre e quella ciociara, è stata fin qui nella voglia e determinazione messa in campo da ogni singolo calciatore. Emblema di tutto questo, la partita di sabato. Se il Sudtirol ha vinto lo scontro salvezza dello “Stirpe”, anzi stravinto, non è stato certo per la maggiore qualità della formazione di Castori rispetto a quello di Greco, ma soltanto per la maggiore cattiveria agonistica messa in campo da capitan Pietrangeli e compagni. Capaci di lottare su ogni pallone e gettare il cuore oltre l’ostacolo. Cuore che in questo Frosinone manca a troppa gente. Perché in campo si continuiamo a vedere calciatori che giocano con una superficialità da fare rabbia. Soprattutto a chi come noi vuole vincere sempre.

Anche una semplice partita in qualsiasi sport contro gli amici di una vita. Gente che se commette un’errore si ferma senza provare a rimediare a quel suo stesso errore. Che alza le braccia a un passaggio sbagliato di un compagno o che sbuffa se un altro perde un pallone. E così, cari signori, salvarsi diventa impossibile. Anche se ci sono a disposizione ancora la bellezza di 45 punti. E allora cosa bisogna fare? Semplice. Greco sa, visto che vive lo spogliatoio tutti i giorni da qualche mese a questa parte, chi sono quei calciatori che amano la maglia che indossano. E allora da qui alla fine deve puntare tutto su di loro. Chiaramente, e qui vengono fuori anche alcune delle colpe dell’attuale tecnico, facendoli giocare nel loro ruolo ideale. Perché non va mai dimenticato, che il bravo allenatore è quello che non si inventa nulla.

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