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L'intervista

Martufello si racconta: «Il segreto? Crederci»

«Non mi sono arreso dinanzi alle difficoltà e ho saputo attendere. Pingitore e il Bagaglino sono stati essenziali per la mia carriera»

Martufello si racconta: «Il segreto? Crederci»

Cinquant’anni di carriera festeggiati di recente a Sezze. Personaggio popolare, attore, comico e cabarettista di fama, per tutti è Martufello, nome d’arte di Fabrizio Maturani. L’artista setino ha celebrato questo traguardo davvero significativo proprio nello stadio della sua città natale ed è davvero il caso di dire che per la circostanza si sia registrato un autentico bagno di folla. A colorare ed impreziosire l’evento tanti colleghi, primi fra tutti quelli del “Bagaglino”.

Quali le sensazioni dominanti di quella giornata?

«Indubbiamente vedere gente accorsa a Sezze da ogni angolo d’Italia mi ha inorgoglito. Quanto ai colleghi, devo dire che con alcuni ho condiviso quarantasei anni di teatro e venticinque di tv. Un percorso lungo e senza litigi, grazie alla regia di Pingitore, che ha la straordinaria capacità di accontentare tutti con i suoi copioni».


Con Pingitore c’erano anche Pippo Franco, Maurizio Mattioli, Manuela Villa, tanti big davvero…

«Anche Carlo Freni, Mario Zamma, Gabriele Marconi ed altri colleghi ed amici che avevano festeggiato con me i quarant’anni della mia carriera. Quando celebrerò i cento non so quanti di loro vorranno intervenire, la sola certezza è che io ci sarò».

Un ottimismo che, al di là della battuta, è un manifesto della tua esistenza e che ti è servito anche per partire. Ci racconti come?

«Io mi sento un uomo molto fortunato, perché ho coronato il sogno della mia vita. Fin da adolescente la mia aspirazione era quella di farmi conoscere nel mondo dello spettacolo e ci sono riuscito anche e soprattutto perché ci ho creduto. Devo dire che, in tutta sincerità, inizialmente immaginavo di diventare un attore di diverso tipo, un bel tenebroso; poi però confrontandomi con lo specchio ho detto a me stesso che sarebbe stato opportuno ripiegare su qualche altro ruolo. E così è stato».

Il percorso per la celebrità non è stato agevole. Cos’hai fatto in concreto per raggiungerla?
«Io mi sono trovato presto di fronte ad un bivio: utilizzare le mie capacità nell’ambito locale, e restare così confinato nella mia terra d’origine, o provare ad esportare il mio talento in tutta Italia. Conquistare Roma non è stato facile, perché inizialmente ho bussato a tante porte e tutti mi dicevano di ripassare il giorno dopo. Io però non mi sono mai scoraggiato. Benché non avessi soldi e sia stato addirittura costretto a dormire alla stazione Termini, perché allora ancora si poteva e ora non più, ho insistito fin quando non ho trovato la strada».


Grande coraggio, quindi, alla fine premiato…

«Io quando sono andato a Roma l’ho fatto con il preciso obiettivo del Bagaglino, perché lì c’erano dei comici che erano un po’ i miei modelli. I miei amici mi parlavano di Montesano e degli altri grandi interpreti ed io sognavo di emularli. Quando questa aspirazione si è realizzata ho toccato il cielo con un dito. Inizialmente Castellacci e Pingitore mi hanno ritagliato un ruolo sicuramente marginale, però mi bastava guardarli per comprendere che sarebbe arrivato il mio momento. E allora, anche se quel mio esordio fu tutt’altro che eclatante, fin da quei momenti compresi che il mio sogno stava per realizzarsi. Ho accettato questa partenza in sordina con la certezza che sarebbe stato il primo passo di un percorso importante. E così è stato».

Cosa rappresenta per te “Il Bagaglino”?

«Tutto. Il Bagaglino mi ha dato la possibilità di avere una casa e di formarmi una famiglia, quindi è stato più che una palestra per me. Ho lavorato quarantasei anni lì, trentuno dei quali li ho divisi con Oreste Lionello. Ho lavorato anche con Pippo Franco, Leo Gullotta e altri importanti artisti. Ma Oreste Lionello è quello che porto nel cuore».


Con Oreste Lionello nacque anche il “cabaret in piazza”?

«Esattamente. Quando facevamo “Biberon” ed avevamo una grande popolarità, capitava che ci invitassero nelle piazze a chiudere gli spettacoli, derogando alla regola fino ad allora vigente che voleva le piazze a esclusivo appannaggio dei cantanti. Invitavano Oreste, che era il big, ed io con lui ho saputo conquistarmi una fetta di pubblico e una popolarità sempre più importanti. Prima c’erano gli spettacoli di arte varia, ma fummo noi ad iniziare il percorso del cabaret in piazza, di cui ora tanti usufruiscono».

Tu hai sempre amato gli spettacoli di piazza. Perché?

«Io adoro gli spettacoli in piazza perché la piazza è un gigantesco teatro. In piazza ci sono tutti: il bambino, l’anziano, il professore, il medico e il contadino. Per me la piazza è la forma di spettacolo più grande che esista».

Tante serate, in ogni angolo d’Italia e molte anche in Ciociaria, una terra che ti ama: ricambiata?

«Certamente. Io adoro la Ciociaria perché dal popolo ciociaro ho avuto sempre affetto e riconoscimenti e ad esso sono grato. Peraltro non è un mistero che molti, non laziali, mi definiscano il comico ciociaro. Ovviamente amo anche la mia Latina, perché la ritengo una provincia meravigliosa».


Il “burino gentiluomo” ha raccolto un grandissimo successo. Te l’aspettavi?

«Con Pingitore abbiamo trovato una formula che evidentemente ha fatto centro. È uno show che ha trovato riscontri nel grande pubblico ed io sono molto legato a questo spettacolo».


Tra le tue molteplici attività artistiche c’è anche il cinema…

«Il cinema l’ho fatto, ma in misura minore. Posso dire che il cinema non mi ha mai amato particolarmente, e mai mi amerà, forse perché sono una maschera riconducibile al Bagaglino. Questo per me però non è certo un cruccio. Io ho amato molto il teatro e i miei spettacoli nelle piazze. A me piace anche ciò che c’è intorno a uno spettacolo di piazza. Io mi fermo lì a mangiare, con il mio pubblico, vivo la serata in tutti suoi aspetti».

Sei spesso ospite di Radio Radio. Ti piace come forma espressiva?

«Con Radio Radio siamo amici fraterni da sempre e poiché rappresenta anche la radio ufficiale del marchio che pubblicizzo ci siamo ritrovati per dei redazionali. Per me la radio non è un lavoro, ma un piacere».


Sei anche un appassionato di calcio e tifoso. Di quale squadra?

«Sono un tifoso della Roma, non è un mistero. Però devo dirvi, in tutta sincerità, che ho grande simpatia anche per il Frosinone. Non lo dico per piaggeria, sono pur sempre un ciociaro d’adozione e questa irruzione del Frosinone nel calcio che conta mi ha davvero fatto piacere».

Veniamo alla televisione. Venticinque anni di trasmissioni Rai dal Bagaglino e poi Bonolis con “Avanti un altro”...

«La televisione è quella che in termini di popolarità incide in misura importante. Dopo la lunga e bellissima esperienza degli spettacoli dal Bagaglino, con le grandi trasmissioni, negli anni 90 ho fatto per quattro anni “Beato fra le donne”, sempre con Pingitore. Poi Bonolis è rimasto lì, io ho proseguito con il Bagaglino, ma Paolo essendo mio fratello (così infatti ci chiamiamo) mi ha voluto con lui per due anni a “Avanti un altro”. Io nel mio vocabolario ritengo essenziale la parola riconoscenza e la riferisco volentieri a Paolo Bonolis».


Riconoscenza e solidarietà sono per te abituali, perché sei spesso impegnato in spettacoli di beneficenza…

«Mi fa piacere partecipare a spettacoli che abbiano intenti benefici. Io tutte le volte che posso vi prendo parte; molto di rado dico di no ed è sempre per impegni reali concomitanti. Nove volte su dieci vado».


Lavorare al Bagaglino ha significato anche condividere il palcoscenico con tante prime donne. Che ricordi hai?

«Ho un ricordo meraviglioso, perché le prime donne del Bagaglino le ho amate tutte. Pingitore ha questo grande dono di scegliere le più belle. Perfino le ballerine avrebbero avuto le potenzialità di essere prime donne. Io mi sono trovato bene con tutte, poi magari con Pamela Prati e Valeria Marini ho lavorato più tempo. Gabriella Labbate è una vera sorella per me. Milena Miconi, Matilde Brandi, Nathalie Caldonazzo, Aida Yespica e Angela Melillo sono tutte donne meravigliose. Io ho davvero stimato tutte, le prime donne le preferisco ai primi uomini…»

Martufello è anche l’autore di qualche libro...

«Non facciamo ridere, adesso, preferisco farlo sul palcoscenico. Sono soltanto raccolte di barzellette ed annotazioni di viaggio. Ho un piccolo rammarico però, perché avrei dovuto raccontare le feste di piazza. C’è un mondo dietro che si muove, e sarebbe bello raccontare cosa accade dietro le quinte. Piccolo o grande che sia il paese, c’è tanta gente che dalle feste di piazza trae un utile e che in quelle feste ripone speranze. C’è tanta gente che lavora e che a questo carrozzone è legata affettivamente e non solo. Queste feste di fatto durano un anno quanto a macchina organizzativa, anche se poi si bruciano in poche serate».

Cinquant’anni di spettacoli abbracciano tre generazioni, ma il gradimento per te è sempre su livelli elevati. Quanto ti gratifica l’apprezzamento del grande pubblico?

«L’apprezzamento del pubblico è la più importante delle gratificazioni. Ragazzi di 35-40 anni mi mi dicono “Siamo cresciuti con te”, ed il mio ego s’impenna. Sono però davvero felice quando, dopo una festa di piazza, dietro le bancarelle, i venditori mi fanno segno che tutto è andato ok, che sono contenti di come sia andata la serata. Magari taluni costumi cambiano, una volta si stava fino alle 4 del mattino a firmare autografi, si faceva l’alba con i fan. Adesso ci sono i selfie, si contentano di quell’attimo da immortalare. Ma per quanto il mondo possa cambiare, le feste di piazza restano un momento aggregativo unico ed insostituibile».

Un’altra estate è finita. Il bilancio è positivo?

«Mi sono divertito, anche se a volte faceva un po’ troppo caldo. Abbiamo portato a casa il risultato anche stavolta. Non sono più le estati da tantissime serate, perché un po’ di tempo è passato ed il fisico non può essere più lo stesso. Faccio il numero di serate che posso, ma è una cosa che ancora mi piace come quando ero giovane e l’entusiasmo è lo stesso. Ed è il segreto di questa professione, un segreto persino banale: divertirsi!».

Ci sarebbero ancora tanti aneddoti da raccontare, tante sensazioni da descrivere, tanti momenti magici di una carriera lunga e fortunata da porre in evidenza. In sintesi possiamo però porre l’accento su come questo artista abbia il pregio non comune di rispettare il prossimo e che ogni sketch, ogni momento umoristico, vuole essere in fondo un omaggio a quel pubblico che ne ha decretato la grandezza: ed è un pubblico eterogeneo, per cultura, professioni, attitudini, hobby.
È un ideale e gigantesco pubblico di piazza...

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