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I dati

Quanto ci costa non essere Regione

Numeri e potenzialità delle province di Frosinone e Latina. Il tema centrale è quello della rappresentanza politica

regione lazio

La sede della Regione Lazio

Quando si parla di Basso Lazio si dimenticano spesso i numeri, le potenzialità e soprattutto le eccellenze che le province di Frosinone e Latina esprimono. Potrebbero benissimo essere una Regione “a parte”, considerando alcune cifre che esamineremo. Intendiamoci: Roma rappresenta una straordinaria opportunità per il Lazio. Un valore aggiunto che non ha paragoni. In termini economici, di produzione, di storia, di cultura. Però indubbiamente nell’ambito della Regione la Capitale gioca un campionato a parte. Il consiglio dei ministri ha dato il via libera ad un disegno di legge costituzionale per Roma Capitale. Con l’obiettivo di modificare l’articolo 114 della Costituzione e di dare alla Città eterna un profilo e una dimensione di rango diverso. Sarebbe importante che contestualmente si pensasse ad una rivisitazione del ruolo della Regione, mettendo l’accento sulle altre quattro province del Lazio. Da settimane le Marche sono al centro del dibattito politico per via delle elezioni regionali. Sono diventate il centro di gravità permanente. Non solo: le Marche sono state inserite nella Zes unica, con vantaggi enormi sul piano economico per le imprese. La domanda è: le province di Latina e Frosinone quali orizzonti potrebbero avere se fossero una Regione? Qualche raffronto è interessante.

Numeri e “peso”
Dicevamo delle Marche, che hanno una popolazione di 1.480.639 abitanti e 225 Comuni. E il Basso Lazio? Insieme conta 1.028.374 abitanti: 566.920 della provincia di Latina, 461.454 della Ciociaria. I Comuni sono 124: 91 della provincia di Frosinone e 33 di quella di Latina. Certamente le Marche hanno cifre più alte, ma non di tantissimo. Con una serie di “benefici” largamente superiori. Esprimono 31 consiglieri regionali (compreso il presidente) e dunque sono artefici del proprio destino legislativo, governativo e politico. Oggi le Regioni sono determinanti nelle dinamiche territoriali. Inoltre le Marche, tra Camera e Senato, hanno una rappresentanza di 18 parlamentari (15 eletti nel territorio e 3 fuori regione). Il Basso Lazio ha 8 consiglieri regionali (su 51): 5 della provincia di Latina, 3 di Frosinone. E i parlamentari in totale sono 9 (2 dei quali eletti fuori dalle province). Fra i parametri da tenere in considerazione c’è il reddito annuo pro capite. Quello delle Marche è di 22.413 euro. Nel Basso Lazio la media è d 16.785 euro (15.538 in Ciociaria, 18.033 nella provincia pontina). Territori diversi certamente, con contesti politici, economici e industriali profondamente eterogenei. Pur tuttavia le cifre e il peso della rappresentanza territoriale fanno tutta la differenza del mondo.

Umbria, Molise, Basilicata
Se le Marche sono alla ribalta delle cronache per le elezioni che si sono concluse ieri, i numeri di altri territori sono perfino più indicativi. Ma intanto va sottolineato come un conto è avere 31 consiglieri regionali, altro discorso è contarne in totale 8 in un’aula (quella della Pisana) di 51, 34 dei quali fanno riferimento all’area romana. Inutile aggiungere che il discorso delle province di Frosinone e Latina vale altresì per Viterbo e Rieti. Rimaniamo però nell’ottica del Basso Lazio. Facendo altri confronti. Per esempio con l’Umbria, che ha 851.954 abitanti ed elegge 21 consiglieri regionali (sempre compreso il presidente). Oppure il Molise: una popolazione di 289.224 residenti e 21 consiglieri regionali. La Basilicata di abitanti ne ha 533.233 e i consiglieri regionali sono pure in tal caso 21. Riavvolgiamo il nastro sulle province di Frosinone e Latina: 1.028.374 abitanti. Quasi il doppio della Basilicata, quasi il quadruplo del Molise e di più dell’Umbria. Però mentre queste tre Regioni portano nelle rispettive aule 21 consiglieri, Latina e Frosinone si fermano a 8. Non solo: gli 8 devono fare i conti con un’assemblea di 51 eletti, la stragrande maggioranza dei quali di Roma e provincia. Non è una questione di demagogia o di populismo. Certamente gli assetti costituzionali, istituzionali e legislativi del nostro Paese sono noti a tutti. E non è che si possono cambiare con la bacchetta magica. Però una riflessione seria (e dal respiro perfino normativo) nel Lazio andrebbe fatta.

L’esempio della Zes
Marche e Umbria sono state recentemente inserite nella Zona Economica Speciale. Molise e Basilicata ne fanno parte dall’inizio. Insieme ad Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. L’estensione ad Umbria e Marche è stata approvata con un disegno di legge che individua le due realtà come “regioni in transizione”. Far parte della Zes vuol dire che le imprese che insistono in quelle aree possono beneficiare di agevolazioni con lo scopo di poter attrarre investimenti. Ma ci sono pure le semplificazioni procedurali, gli accessi al credito d’imposta per quanto riguarda macchinari e attrezzature. Insomma, condizioni normative più favorevoli allo sviluppo, incentivando la crescita economica e il rilancio industriale. Vale la pena ricordare alcuni benefici importanti che ci sono per le imprese che fanno parte della Zes: autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive per le imprese, sia per quelle già operative che per quelle che vorranno insediarsi. Inoltre, è previsto un contributo emesso sotto forma di credito di imposta, nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027. E per la concessione dell’agevolazione vengono riconosciute valide le spese effettuate di macchinari, impianti e attrezzature a servizio di strutture produttive, anche in questo caso sia già esistenti che di nuovo impianto. Il credito di imposta viene commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquistati o, nel caso di investimenti immobiliari, di 100 milioni di euro. Va specificato, comunque, che non sono agevolabili i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro.

Le province di Latina, Frosinone e Rieti confinano con territori strategici dell’Abruzzo, del Molise e della Campania. Ma pure dell’Umbria e delle Marche. Dunque c’è una oggettiva penalizzazione delle imprese del Basso Lazio. E meno male che nei giorni scorsi la presidenza del consiglio dei ministri ha stanziato 100 milioni di euro per il Consorzio industriale. Risorse che andranno alle imprese. Però a nessuno sfugge che far parte della Zes avrebbe potuto invertire la narrazione. Non sfugge a nessuno che le Zone Economiche Speciali vengono definite con una dimensione regionale. E nel Lazio i valori e i parametri di Roma ribaltano ogni tipo di assetto che riguarda le altre province. Frosinone, Latina e Rieti, per esempio, sono Aree di Crisi complessa. Ma quello della Zes è soltanto uno dei tanti esempi che si possono fare per capire la portata di quello che potrebbe significare per il Basso Lazio... viaggiare per conto proprio. Essendo quindi padrone del proprio destino. Fra l’altro non sfugge a nessuno che un territorio di queste dimensioni avrebbe sia lo sbocco al mare sia una serie di collegamenti importanti: dall’autostrada alla superstrada Ferentino-Frosinone-Sora.

E sulla locuzione Basso Lazio si insiste molto. Perfino quando, nel corso di un convegno della Cisl nei mesi scorsi, si è parlato esplicitamente dell’ipotesi di una Stazione Tav del Basso Lazio. Enrico Coppotelli, segretario generale della Cisl Lazio, rilevò: «La stazione Tav posizionata strategicamente a Ferentino significherebbe agganciare con una modalità moderna e veloce il Corridoio di Trasporto europeo Scandinavo, quindi connettere in linea diretta Frosinone e Latina con tutto il nord Europa. Con l’evidente possibilità di far crescere le esportazioni nei paesi già al primo posto, Belgio e Paesi Bassi, ma soprattutto negli altri attraversati dalla linea Tav, a partire dalla Germania per arrivare ai paesi Scandinavi. Potenziando così sia i flussi demografici, che turistici e commerciali. Una stazione Tav pienamente operativa si traduce, nell’immediato, in una crescita demografica valutabile in almeno 10.000 residenti in più che significa più urbanizzazione, più servizi e più economia». Indipendentemente dalle difficoltà oggettive di convincere Ferrovie dello Stato e Rfi a prevedere la Stazione Tav, l’idea evidenzia bene le potenzialità delle province di Frosinone e di Latina. Va ribadito che Roma ha diritto ad avere un regime normativo come quello delle altre grandi Capitali (pensiamo a Parigi, a Londra, a Berlino, a Madrid). Ma questo non è in contrasto con un rafforzamento dei poteri e del ruolo delle altre province del Lazio. Con una Regione che potrebbe assumere un ruolo strategico sul versante del coordinamento e perfino del bilanciamento dei ruoli. Per evitare sul nascere ogni tipo di marginalizzazione. Perfino sul versante demografico. Sono facce della stessa medaglia. Che possono e devono stare insieme.

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