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Verso il referendum

Alle urne l’8 e 9 giugno per cinque referendum. Giuseppe Massafra: «Ridiamo dignità ai lavoratori votando Sì»

Il segretario della Cgil Latina-Frosinone parla dei quesiti referendari per superare il Jobs Act

Alle urne l’8 e 9 giugno per cinque referendum. Giuseppe Massafra: «Ridiamo dignità ai lavoratori votando Sì»

Il segretario della Cgil Latina-Frosinone Giuseppe Massafra FOTO ROBERTO SILVINO

Giuseppe Massafra, segretario della Cgil Latina-Frosinone, è impegnato nella campagna referendaria. Sta girando in lungo e in largo le due province per sensibilizzare i cittadini al voto. I prossimi 8 e 9 giugno, infatti, si vota per cinque quesiti referendari, quattro dei quali promossi dalla Cgil e ruotano tutti sull’abolizione delle norme introdotte dal cosiddetto jobs act: 1 “Contratto di lavoro a tutele crescenti - Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione”; 2 “Piccole imprese - Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale”. 3 “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi”. 4 “Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione”. Poi c’è il quinto sulla cittadinanza agli stranieri.

La Cgil si sta impegnando al massimo nella campagna referendaria. Quasi solo voi.
«Per noi sono importanti tutti e cinque è chiaro che i primi quattro sono stati proposti dalla CGIL che poi ha raccolto come dire un vasto consenso anche tra le forze associative forze politiche. Siamo impegnati su questa campagna referendaria praticamente da quando abbiamo cominciato a raccogliere le 500.000 firme che erano utili per presentare poi alla Corte costituzionale. Ora siamo impegnati a fare innanzitutto la cosa principale cioè informare che c'è un referendum l’8 e 9 giugno prossimi. L’obiettivo prioritario è raggiungere il quorum del 50% più uno dei votanti».

C’è un problema di comunicazione a riguardo?
«Informare i cittadini che si vota è una delle missioni principali perché purtroppo l’informazione sul referendum non sta passando, soprattutto nel servizio pubblico. Poi la cosa è diventata preoccupante dopo che autorevoli esponenti della maggioranza hanno invitato al non voto».

Perché avete scelto la forma del referendum?
«Di certo è uno strumento non solito per un sindacato ma i quesiti che proponiamo sul tema del lavoro hanno anche l’obiettivo di riaffermare un principio di partecipazione popolare e democratica, quindi di riconsegnare nelle mani dei cittadini la possibilità di decidere ma soprattutto di esercitare il principale diritto che in qualche modo rende questo un Paese democratico che è il voto».

I quattro quesiti di cui parla sono quelli per superare la legge sul Jobs Act. Perché?
«Attraverso il cambiamento della norma la Cgil vuole riaffermare alcuni pilastri che sono propri della battaglia sindacale: contrasto alla precarietà e sicurezza del posto di lavoro. Chiediamo un riequilibrio del potere giuridico che c'è fra lavoratore e datore di lavoro, che non è un potere equilibrato se non grazie alla norma del mercato del lavoro».

Quindi questi quattro quesiti?
« C’è una affermazione estremamente sintetica ma molto significativa, fatta dal professor Zagrebelsky: non possiamo considerare i lavoratori un elemento della competizione del mercato perché sono persone con diritti che vanno tutelati. Quindi il tema è come rimettere al centro le persone anche nella loro principale condizione di vita che è data dal lavoro. I quattro quesiti vogliono rimettere al centro del dibattito i diritti e la libertà che il lavoro offre all’individuo. Il primo ristabilendo un principio di giustizia rispetto al ristoro in caso di licenziamento illegittimo, quindi il diritto al reintegro. Il secondo è quello che toglie la disparità incomprensibile che esiste fra le piccole aziende e le grandi imprese. Il terzo, che purtroppo negli ultimi anni acquisisce una grande importanza sul piano della tenuta della sicurezza e dei diritti dei lavoratori, è quello che definisce un sistema di responsabilità, cosa che prima esisteva in capo all’azienda committente nella filiera degli appalti. E poi abbiamo la causale obbligatoria sui contratti di lavoro».

Non è stato proposto da voi ma sostenete anche il quinto quesito, quello sulla cittadinanza.
«Crediamo sia il riconoscimento etico indispensabile nei confronti dei cittadini che vivono nel nostro Paese, lavorano nel nostro Paese, pagano le tasse nel nostro Paese, studiano nel nostro Paese. Ed è legato a stretto giro al mondo del lavoro perché il mancato riconoscimento della cittadinanza così come più in generale il mancato riconoscimento dei permessi di soggiorno a lavoratori stranieri, incidono fortemente su sicurezza e legalità. Una persona che non ha un permesso di soggiorno, che non ha una cittadinanza, una persona più ricattabile».

Nelle province che lei segue, Frosinone e Latina, la situazione a livello industriale in che condizioni è? I numeri sono contrastanti.
« Si tratta di territori dalle sconfinate opportunità perché hanno un tessuto produttivo tra i migliori della regione. Non è casuale che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia deciso di celebrare la festa dei lavoratori proprio in un'azienda di Latina. La Bsp è tra le eccellenze del nostro Paese. Il problema è che molto spesso la capacità delle imprese non agisce all’interno di un sistema produttivo virtuoso. Non esiste un sistema che affianchi le aziende. Nei nostri territori riscontiamoaltissimi livelli di sfruttamento lavorativo, in alcuni settori in particolare. E questo si ripercuote sul tema della sicurezza».

La media degli stipendi è sempre più bassa, il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto, come ha ricordato anche il presidente Mattarella. Come se ne esce?
«C’è un tema generale che purtroppo tiene stagnanti i salari e le condizioni di reddito nel nostro Paese con stipendi più bassi rispetto alla media europea. Noi rimarchiamo il problema dello sfruttamento perché attiva logiche al ribasso, che impoveriscono i salari soprattutto in settori come quelli dell’agricoltura o della logistica».

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