Spazio satira
Quel che resta della settimana
02.02.2025 - 14:00
La sede della Asl di Frosinone
Al vertice della Asl di Frosinone in ventiquattro anni si sono alternati in 18 tra direttori generali, manager facenti funzione e commissari. Un dato indicativo, che va interpretato su diversi fronti. Intanto è evidente che l’Azienda di via Fabi avrebbe bisogno di continuità amministrativa. In secondo luogo va detto che per molti professionisti (non tutti) l’esperienza è servita come trampolino di lancio per altri scenari. Inoltre è indubbio che si tratta di una postazione complessa, complicata e delicata. Anche per le caratteristiche di un territorio che si snoda su 91 Comuni distribuiti in aree geografiche (e perfino morfologiche) assai diverse tra loro. È addirittura banale sottolineare come la conoscenza del territorio rappresenterebbe un valore aggiunto imprescindibile. Anche sul versante delle relazioni con tutti gli “attori” protagonisti. A cominciare dal personale interno, dai medici, dagli infermieri. Senza dimenticare gli amministratori locali e i sindacati. Detto tutto questo, la scelta dei direttori generali spetta al presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, che inoltre ha mantenuto ad interim la gestione della sanità. Una materia che conosce nei minimi dettagli. Non per caso in due anni sono stati centrati risultati importanti, anche e soprattutto sul piano dei conti e dell’organizzazione. La politica ha un ruolo: due anni fa il centrodestra ha vinto alla Regione Lazio. Nei dieci anni precedenti aveva governato il centrosinistra. Sta nelle cose che vengano messe in campo politiche diverse, pure sul piano sanitario. I manager vengono individuati in una short list nella quale si entra per competenze specifiche, professionalità e titoli. Esiste dunque un “combinato disposto” che alla fine viene declinato e valutato sulla base di un elemento: i risultati.
Il rifiuto della realtà degli alleati di Fratelli d’Italia
In provincia di Frosinone accade quasi tutto all’interno del centrodestra. Salvo qualche eccezione a livello di Comuni. C’è un punto di partenza da sottolineare: Fratelli d’Italia è il primo partito ad ogni livello. Nazionale, regionale, provinciale, perfino comunale nella stragrande maggioranza dei casi. Una posizione che deriva dai voti e dalle percentuali ottenute. Quando in passato all’interno della coalizione questo tipo di ruolo è stato appannaggio (per decenni) di Forza Italia, gli alleati lo riconoscevano senza problemi. E ciò consentiva di procedere in un contesto unitario dappertutto. Oggi invece in Ciociaria la Lega e una parte (largamente minoritaria) di Forza Italia sembrano voler negare la realtà, scegliendo sistematicamente altre strade rispetto a quella di una condivisione di strategie e risultati. Peraltro in totale controtendenza regionale. Perché proprio nelle dinamiche della maggioranza che sostiene Francesco Rocca si è visto chiaramente che, perfino in presenza di fibrillazioni e verifiche, nessuno ha messo in discussione gli assetti o si è smarcato. Elemento sul quale bisognerebbe riflettere. C’è una situazione emblematica: perché il centrodestra, da quando c’è la Delrio, non è mai riuscito neppure a competere per la presidenza della Provincia pur avendo la maggioranza degli amministratori locali? La risposta sta nei fatti: si è preferito lavorare per il... re di Prussia. Un’ultima riflessione: da quanto tempo i leader provinciali dei partiti del centrodestra non si riuniscono unitariamente e seriamente? La risposta è: dall’autunno 2022. Peraltro senza alcuna convinzione di trovare un “punto di caduta” su una candidatura unitaria alla presidenza della Provincia. L’obiezione potrebbe essere questa: la coalizione vince comunque. Certo, ma il motivo sta nell’estrema debolezza di un centrosinistra mai in grado di rappresentare un’alternativa agli occhi degli elettori. Peraltro, un conto è il successo elettorale, altro discorso l’azione di governo a livello di coalizione.
Il Pd grande assente nella politica locale. E Pizzutelli se ne va
Il Partito Democratico non riesce a far decollare neppure la stagione congressuale. Ricorsi, controdeduzioni e interpretazioni giuridiche hanno ulteriormente ingessato i Dem in Ciociaria. Non è un problema di “correnti”, che ci sono sempre state. Oggi Francesco De Angelis e Sara Battisti si ritrovano su versanti contrapposti, ma situazioni del genere ci sono state pure in passato. Ricordate la stagione dei due Francesco, De Angelis e Scalia? Ricordate il derby sul modello River Plate-Boca tra Antonio Pompeo ed Enrico Pittiglio per la presidenza della Provincia? Allora però il Pd rappresentava il fulcro della coalizione di centrosinistra, riusciva comunque a gestire le divisioni e soprattutto vinceva. Perché c’era il pieno riconoscimento (politico) dell’avversario interno. Oggi non è più così. Si cercano le “conte” dal sapore di resa dei conti. Si rifiuta sul nascere ogni ipotesi di trovare perlomeno dei confini condivisi a livello di tempi e procedure. Le conseguenze sono molteplici: sconfitte a raffica a Frosinone e Ceccano, difficoltà a presentare il simbolo sulla scheda, divisioni sostanziali a Ferentino e Anagni, ridimensionamento nella governance di tutti gli enti intermedi. Intanto ieri Angelo Pizzutelli si è dimesso da capogruppo del partito al Comune di Frosinone. Il fuoco covava sotto la cenere da almeno due anni. Perché Pizzutelli ha chiesto (inutilmente) una maggiore attenzione del partito per il gruppo del capoluogo. Inoltre è stanco del fatto che nonostante le 700-800 preferenze ottenute nelle ultime tre elezioni (stando all’opposizione), mai venga tenuto in considerazione sul piano politico. Ha sbattuto la porta. Rumorosamente e clamorosamente. Un segnale enorme che testimonia quanto influisca negativamente il vuoto politico del partito.
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