Cerca

La presentazione

Dacia Maraini e la «sua» Africa

Ospite di “Sinestesia” a Ceccano, la scrittrice fiorentina ha presentato il libro che completa una trilogia. L’autrice ha voluto ripercorrere storie e sensazioni durante i suoi numerosi viaggi nel Continente nero

Dacia Maraini e la «sua» Africa

Le immense distese. È questo che balena alla mente di Dacia Maraini pensando all’Africa, ancor prima dei volti segnati dal lavoro, dei rumori confusionari, degli odori intensi, dei sapori decisi. Sono quelle distese prive di macchie all’orizzonte; non ci sono uomini né donne, non ci sono case, non ci sono artifizi umani.
Lei, che l’Africa l’ha girata a lungo in compagnia di Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, ripercorre le trame della memoria in un libro, l’ultimo della trilogia dedicata ai suoi viaggi intorno al mondo.
Nasce così “Sguardo all’Africa”, uno scritto senza filtri, dove le storie si intrecciano alle sensazioni, nude e crude. Sì, perché Dacia Maraini e i suoi illustri colleghi (ma ancor prima amici) non si muovevano da turisti: erano viaggi privi di ogni comodità i loro, finalizzati al conoscere quanto più possibile, senza barriere, senza intermediazioni. «Andavamo in giro con una Land Rover in zone prive di qualsiasi comodità, dormivamo in baracche e mangiavamo scatolette di cibo confezionato. Eravamo alla ricerca di questa purezza» racconta Dacia, ospite di “Sinestesia”, il caffè letterario di Ceccano. Ospitata dalla padrona di casa Gemma Gemmiti, la scrittrice fiorentina, ma figlia del mondo, racconta il suo libro.

«L’Africa che io ho conosciuto è molto cambiata» spiega Dacia, che poi rivela: «La mia passione è nata da Pasolini, che cercava la purezza e pensava che solo in Africa potesse trovarla. Voleva un luogo libero dalla borghesia e dall’industrializzazione. All’inizio pensava di averlo trovato con i contadini di Casarsa, in Friuli. Deluso, ha sposato questo sogno nel sottoproletariato romano, imparando anche il dialetto. Infine, lo ha cercato in Africa. Siamo partiti insieme numerose volte».

Immagini, istantanee, ricordi di una vita passata che tornano ciclicamente alla mente, come se non fosse passato neppure un istante. Per Dacia Maraini, i suoi viaggi in Africa sono ancora ben impressi nei rullini della memoria: «A me dell’Africa ha colpito prima di tutto lo spazio, immenso. Da noi il territorio è umanizzato: è difficile trovare uno spazio immenso non coltivato. Lì è diverso. Poi la povertà, c’era la miseria. C’era una vera e grande povertà» ricorda. Nel libro si parla di storie, e spesso di famiglie. «La famiglia africana non è molto unita: le donne fanno i lavori pesanti, perché gli uomini non si abbassano a quel livello. Anche la povertà porta un certo candore, manca l’artificio che porta la borghesia che per Pasolini era il massimo del male. Io non condividevo molto questo concetto. Ma incontrare un mondo fuori dalla cultura industriale, era sorprendente» racconta Maraini.

Ricordi d’infanzia

Per Dacia Maraini, nata a Firenze ma trasferitasi con la famiglia in Giappone da bambina, non mancano neppure i ricordi della sua infanzia nell’incontro ceccanese. «Vivevamo all’estremo nord del Giappone, non da turisti, ma integrati. Poi nel 1943 cambiò tutto. Il Giappone fece un patto di alleanza con la Germania nazista e l’Italia fascista. Così, l’Italia chiese agli italiani che vivevano in Giappone di aderire alla Repubblica di Salò. I miei genitori, che odiavano il fascismo, decisero di non firmare. Ci portarono così in un campo di concentramento. Abbiamo cominciato a contrarre una serie di malattie. Avevamo fame. Ci davano il giusto per sopravvivere. Mia madre, che venne accusata di aver messo in pericolo la nostra vita, disse: “Quando le mie figlie saranno grandi, ci giudicheranno”. Io oggi posso dire che hanno fatto bene».

Sguardo all’Africa

Cosa resta, oggi, di quei viaggi nel “Continente nero”? Dacia Maraini, che l’Africa la conosce bene, non può fare a meno di affrontare anche lo spinoso tema delle migrazioni, che affonda le sue radici nelle dinamiche socio-politiche del Continente.
La chiosa è semplice, nonché sintetica. Per Dacia Maraini, «bisognerebbe agire lì, dando loro la possibilità di vivere lì. Loro non vogliono andar via dai loro Paesi. Ma non hanno da mangiare, da bere: rischiano la vita per lasciare l’Africa».

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione