Spazio satira
Il saggio-inchiesta
31.05.2024 - 20:00
Alle 3.30 del mattino del 19 maggio del 1974, all’altezza di via IV Novembre a Brescia, un giovane estremista di destra di nome Silvio Ferrari venne dilaniato dall’ordigno ad alto potenziale che stava trasportando sulla sua Vespa e che – secondo le successive ricostruzioni investigative – aveva intenzione di posizionare davanti alla locale sede della Cisl. A seguito di tale drammatico evento, al fine di protestare «contro l’aggressività criminale del neofascismo», il sindacato cittadino decise non solo di proclamare quattro ore di sciopero, ma, d’intesa con il Comitato Permanente Antifascista, organizzò anche, per il successivo 28 maggio, una manifestazione da far svolgere nel cuore della città lombarda, e precisamente a piazza della Loggia.
Nonostante nei giorni precedenti fosse stato recapitato al “Giornale di Brescia” un messaggio firmato dal sedicente “Partito Nazionale Fascista” in cui venivano annunciati, di lì a breve, gravi attentati, la seria minaccia terroristica venne purtroppo sottovalutata, tanto è vero che, alle 10.12 di quel maledetto giorno, mentre il sindacalista Franco Castrezzati stava invocando a gran voce lo scioglimento del Movimento Sociale Italiano, la piazza venne squassata da un violento boato. Un potentissimo ordigno (composto da una miscela di gelignite e dinamite), collocato in uno dei cestini dei rifiuti, esplose causando ben 8 morti 102 feriti. Su questa, e su altre sanguinose pagine che hanno lacerato profondamente la storia della nostra Repubblica, hanno provato a far luce Gianfranco Bettin e Maurizio Dianese, attraverso il loro saggio-inchiesta intitolato “La tigre e i gelidi mostri: una verità d’insieme sulle stragi politiche in Italia” (309 pagine), appena pubblicato da Feltrinelli.
La lettura del libro, a distanza di cinquant’anni esatti da quel terribile giorno di maggio, appare particolarmente utile e proficua, soprattutto se si pensa che, come evidenziato dagli autori, «per alcuni decenni, nella seconda metà del Novecento, la giovane democrazia italiana subì un sanguinoso assalto volto a condizionarne lo sviluppo e a depotenziarne, con l’intimidazione e la violenza, l’ispirazione più progressista e riformatrice, alla base della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza e dalla Liberazione».
Tale sintetica ricostruzione del clima di quei tremendi “anni di piombo” – avvelenato dagli effetti di una sorta di assurda “guerra civile” – fa comprendere il perché le innumerevoli azioni terroristiche che insanguinarono per circa un ventennio il nostro Paese, vengono poi usualmente definite come “stragi politiche”. Tuttavia, vista l’accertata connivenza di frange deviate dei Servizi Segreti, l’ingerenza di influenze straniere, l’oscura presenza di alte sfere militari e massoniche ed una scellerata miopia istituzionale, da più di qualcuno vengono qualificate come vere e proprie “stragi di Stato”. Bettin e Dianese, a tal proposito, osservano che «le stragi del 1974, quelle fallite e quelle riuscite di Brescia e dell’Italicus, sono stragi di attacco, di risposta allo scioglimento per via giudiziaria e politica di Ordine nuovo, e a quello imminente di Avanguardia nazionale, agli arresti e alle denunce che hanno ormai cominciato a fioccare (anche se spesso non si concretizzano, gli imputati fuggono o la palude dei processi li vede spesso assolti, prescritti, ridimensionati nelle accuse).
Ma sono anche stragi contro questa nuova Italia che si fa strada elettoralmente, ma che può farlo, nelle urne, proprio perché, dopo che la strategia della tensione ha dapprima ottenuto risultati inquietanti, è emersa una nuova composizione sociale, culturale e politica del Paese, con una nuova coscienza ed energia politica… La matrice è chiara, a volte firmata. Sono stragi fasciste, ma di quei fascisti di cui si sa che giocano sporco insieme a settori importanti degli apparati di Stato… per anni, e forse per decenni, in Italia hanno agito, con il supporto di settori cruciali dello Stato, militanti e organizzazioni neofasciste che non solo praticavano azioni criminali e violente, ma concepivano la strage indiscriminata come forma di lotta politica e di condizionamento emotivo del Paese.
La democrazia italiana è stata posta sotto attacco e sotto ricatto da parte dei settori più reazionari dell’atlantismo, dell’establishment, dei servizi e degli apparati militari. Un’offensiva di cui il neofascismo divenne lo strumento operativo che ne ispirava il retroterra culturale. Negli anni 60 e 70 ciò avveniva non solo nell’ambito della confrontation tra i blocchi, tra Nato e Patto di Varsavia, nel quadro della Guerra fredda: non solo, dunque, con l’obiettivo di tenere il partito comunista e le sinistre lontane del governo; ma anche per contrapporsi a un cambiamento più vasto e profondo che nel Paese, dopo gli anni della ricostruzione postbellica, aveva preso avvio». Dalla strage di piazza della Loggia scaturirà poi una lunghissima e controversa storia processuale che, di fatto, dopo cinquant’anni, non si è ancora conclusa. Gli autori del saggio evidenziano infatti che solo all’esito del quinto procedimento penale che venne aperto per cercare di fare luce sull’attentato (e cioè il 22 luglio 2015) è stato accertato che fu «Ordine nuovo del Triveneto l’organizzazione terroristica responsabile politica e materiale della strage», e, per l’effetto, sono stati condannati «all’ergastolo sia Carlo Maria Maggi» – che ne era il leader – sia «il collaboratore dei Servizi Segreti Maurizio Tramonte… condanne poi rese definitive dalla Corte di Cassazione il 21 giugno 2017…
Secondo i giudici è Ordine nuovo del Triveneto l’organizzazione terroristica responsabile politica e materiale della strage, con la partecipazione di Tramonte, mentre Maggi ne è l’ideatore e il responsabile anche operativo… La storia, tuttavia, non è finita», e ciò perché «il 23 marzo 2023 si è aperta a Brescia l’udienza preliminare su un nuovo filone d’indagine. La procura ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per Roberto Zorzi e per Marco Toffaloni… I due sono accusati di essere gli esecutori materiali della strage. Il nuovo filone ha preso il via da alcune ammissioni di responsabilità diretta che Toffaloni avrebbe fatto al vecchio amico e camerata Giampaolo Stimamiglio». Qualunque sarà l’esito di quest’ultimo procedimento penale, ci auguriamo che si possa finalmente riuscire a far luce al più presto su una delle pagine più oscure e drammatiche della storia repubblicana. Almeno questa…
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