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Fede e tradizione

Il presepe, una magia lunga ottocento anni

Nel 1223 Francesco d'Assisi, di ritorno da Roma, si ferma a Greccio. E lì allestisce il primo presepe vivente. Nel suo nuovo libro Chiara Frugoni ricostruisce la storia

presepe

Il 29 novembre del 1223 Papa Onorio III concesse a Francesco d'Assisi, mediante la bolla "Solet annuere", la formale approvazione della sua celebre "Regola" monastica. Il futuro santo patrono d'Italia, di ritorno da Roma, decise di fare tappa a Greccio (un paese non lontano dalla città di Rieti, che era a lui molto caro in quanto, secondo una testimonianza documentale che è giunta sino a noi, «in quel luogo i frati si erano mantenuti virtuosi e poveri: gli abitanti erano ugualmente poveri, semplici, devoti e moltissimi di loro si erano fatti frati»).

Nei dintorni del piccolo paese laziale vi erano diverse grotte, le quali, a Francesco, ricordavano moltissimo quelle che lui aveva avuto modo di vedere quando era stato a Betlemme. Essendo oramai prossimo il Natale, e volendo lui celebrare in maniera adeguata la nascita di Gesù Cristo, gli venne l'idea di ricostruire, attraverso personaggi viventi, l'emozionante scena della Natività. Fu proprio così che – secondo la tradizione – esattamente ottocento anni fa venne allestito il primo presepe vivente della storia. La prima traccia documentale di questa storica rappresentazione sacra la dobbiamo a tale Tommaso da Celano (un frate che, secondo alcune fonti, discendeva da una nobile famiglia di Anagni); il quale, tra il 1228 ed il 1229, e su commissione di Papa Gregorio IX, scrisse e pubblicò la prima biografia ufficiale del "santo poverello", che era morto nel 1226.

In essa, infatti, a proposito degli avvenimenti che si verificarono alla fine di dicembre del 1223, si legge: «C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, che Francesco amava di grandissimo affetto... lo fece chiamare e gli disse... voglio evocare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia quando fu messo tra il bue e l'asino... il fedele e pio amico corse via a preparare tutto quello che il santo aveva domandato... venne alla fine Francesco, e trovando che tutto era stato preparato, fu raggiante di gioia... Greccio è come una nuova Betlemme... accorre la gente, e davanti al rinnovarsi del rito si allieta di una nuova gioia... i frati cantano sciogliendo le debite lodi al Signore... terminata la solenne veglia, ciascuno tornò a casa sua pieno di gioia...».

Tommaso poi aggiunse: «Oggi il luogo della mangiatoia è stato consacrato come tempio di Dio, sopra la greppia è stato costruito un altare in onore di San Francesco e dedicata la chiesa là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possono mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi».

Sull'evocativo evento del primo presepe vivente della storia è stato da poco pubblicato, dalla famosa storica toscana Chiara Frugoni, per Mauvais Livres, un'interessante monografia intitolata "Un presepio con molte sorprese – San Francesco e il Natale di Greccio" (160 pagine). Dalla lettura della stessa si evince che le motivazioni che indussero "il poverello di Assisi" a ricreare la magica atmosfera del giorno della nascita di Gesù sono probabilmente da rinvenire soprattutto nel fatto che, in un periodo nel quale la cristianità era da tempo impegnata nel tentativo di strappare la Terra Santa ai musulmani attraverso il cruento strumento delle Crociate, intendeva, in ossequio alla propria famosa indole pacifista, far comprendere a tutti che era invece possibile onorare e celebrare la Natività senza necessariamente dover riconquistare Gerusalemme con la forza.

Osserva infatti a tal proposito argutamente la Frugoni, richiamando peraltro anche utili contributi esegetici del passato, «a Greccio, Francesco aveva attuato la sconfessione della crociata e riproposto, attraverso il presepe eucaristico, il bue e l'asino, il suo ecumenico progetto di pace. Betlemme, secondo il santo, era ovunque, purché la si avesse nel cuore: non occorreva uccidere per raggiungerla. Si comprende allora perché il traguardo da raggiungere rapidamente fosse la costruzione di una nuova memoria di quella notte di Natale... Francesco aveva fatto di Greccio una nuova Betlemme, affidando la sconfessione della crociata al messaggio di Cristo, chiedendo ai fedeli di farlo rivivere nei loro cuori... il presepio concorre a rappresentare in figura quello che il rito eucaristico attua, invisibile, nella transustansazione».

La più antica immagine del "Natale di Greccio" è quella che è pervenuta sino a noi attraverso la cosiddetta "Tavola Bardi", attribuita a Coppo di Marcovaldo, ed attualmente collocata nella omonima cappella in Santa Croce a Firenze. Quell'opera, composta da una serie di immagini, costituisce una sorta di "biografia figurata" della vita di Francesco; e, tra i tanti eventi che caratterizzarono la sua straordinaria esistenza, e che sono raffigurati, vi è ovviamente anche quello del primo presepe vivente della storia. Va tuttavia precisato che non tutti gli storici e gli studiosi sono concordi nel ritenere che fu effettivamente il Santo di Assisi ad avere quella rivoluzionaria e "scenografica" idea. La cosa, a dire il vero, poco importa; perché quello che conta è che qualcuno, nella notte di Natale di ottocento anni fa, decise di dare vita alla prima rappresentazione "vivente" dell'evento che aveva cambiato per sempre la storia dell'umanità, ed i destini del mondo.

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