Colpi di Testa
10.05.2019 - 14:00
Il canto del Muezzin risuonava nella penombra della stanza, portando via con sé gli ultimi brandelli di un sogno confuso.
È la stessa autrice che spiega la genesi della sua opera: «Il segreto di Vicolo delle Belle era già dentro di me, dovevo solo dare voce ai personaggi e al mio amore viscerale per una città che amo da quando sono bambina: questo romanzo è stato per me un ponte tra la nostalgia di un passato felice e spensierato, vissuto tra i vicoli antichi di Terracina, e la bellezza che ha folgorato i miei occhi di donna, quando ho posato per la prima volta il mio sguardo sulla colorata terra marocchina».
Protagoniste assolute del romanzo sono certamente le donne. Con la loro grande forza d'animo, ma anche con le loro fragilità fisiche ed emotive. E in particolare la giovane Sarah e la nonna Sofia; le quali, attraverso un complesso intreccio di eventi che traggono origine da un lontano e torbido passato, daranno corpo ad «una storia carica di tensione e colpi di scena, passioni clandestine, lussuriosi sospiri, amori impossibili, radici negate e prigioni invisibili».
La Campeti, al fine di mantenere sempre alta la tensione narrativa, riesce a mescolare abilmente dialoghi serrati a dettagliate descrizioni di luoghi, fatti e personaggi, utilizzando spesso l'espediente narrativo del flashback. Ne viene fuori un romanzo che coinvolge il lettore, conducendolo lentamente verso un epilogo sorprendente, che permetterà ai (numerosi) tasselli che compongono l'intricatissima storia, di trovare finalmente la loro giusta collocazione. Il libro, come detto, si svolge prevalentemente sul litorale pontino; ma sono frequenti le descrizioni di splendidi paesaggi magrebini («Il Muezzin iniziò a cantare. Sarah amava quella voce cantilenante ed ipnotica che sovrastava la città a orari cadenzati.
Tutto si fermava. Le donne che urlavano al mercato iniziavano a sussurrare, i venditori chinavano la testa per toccare il Tasbih della preghiera, e la voce del Muezzin sovrastava tutto e tutti facendo muovere il mondo a rallentatore come in una bolla del tempo»).
Tra i tanti temi trattati nel libro v'è anche quello della difficile "convivenza culturale" tra Europa ed Africa («Nessuno a Tangeri aveva fretta e nessuno era mai in ritardo. Questa era la cosa che Sarah adorava dei marocchini; non si arrabbiavano mai, non si preoccupavano mai, tutto per loro era nelle mani di un destino soprannaturale che non potevano dominare, e al quale si erano placidamente arresi. Inshallah dicevano sempre, Se Dio vuole… Si trovava della terrazza proibita, e provò il forte desiderio di appartenere a quella cultura così diversa dalla sua… Sarah vorrei picchiarti per quanto mi hai fatto star male oggi. Ma il desiderio di baciarti è così forte che forse ti ucciderò così non mi tormenterai più… restarono ad ascoltare i loro respiri mentre Hossam le accarezzava la spalla in un tenero abbraccio: "Sarah, promettimi che ovunque sarai nel mondo, la diversità tra le nostre culture non ci dividerà"…»), ma soprattutto tra la religione cristiana e quella musulmana; oggi, peraltro, così incredibilmente attuale («Nessun marocchino si siede vicino a una donna e le offre da bere per cortesia, a meno che non sia sua madre, sua sorella o sua nonna. Ricordatelo la prossima volta…»).
Altro tema trattato nel libro è sicuramente quello della guerra, ed in particolare il bombardamento subito da Terracina il 4 settembre del 1943 da parte delle Forze Aeree Alleate; evento drammatico che determinò la morte di numerose persone, e la distruzione di gran parte del centro storico della cittadina pontina. L'autrice riesce a descrivere quell'accadimento con delicato realismo («E così ci siamo incamminati come due fantasmi nella città coperta dalla cenere.
Come se fosse stata la mano del Signore a voler lavare le strade e le facce grigie e attonite dei sopravvissuti, iniziò a piovere. Una pioggia fitta e senza vento che lavò via il sangue dalle strade e pulì l'aria dall'orribile odore di bruciato. Quando arrivammo in Piazza del Municipio lo scenario era apocalittico.
Una camionetta stava caricando i cadaveri e nel frattempo con le corriere erano arrivati i parenti dai paesi vicini. I vivi e i morti si mescolavano e in mezzo alle macerie di una città che non riconoscevo più e le lacrime iniziarono a scorrere per la prima volta sul mio volto da bambino. Non sapevo neanche se la mia famiglia fosse sopravvissuta, volevo correre a casa»).
Tuttavia la Campeti dimostra anche di saper rappresentare efficacemente le sensazioni ed i sentimenti dei numerosi personaggi del suo romanzo («L'amore non si può giudicare… Hossam era sangue, passione e virilità; Gianni era aria e acqua… il disegno si deve completare, e io posseggo solo la matita...Non vergognarti di piangere. Non sai quante volte capita anche a me. Piangere serve, come respirare. I tuoi occhi dopo vedranno l'arcobaleno»).
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