L'intervista
26.12.2025 - 11:00
In Italia si stimano circa 390.000 nuove diagnosi di tumore, un dato che mostra una sostanziale stabilità rispetto al 2024.
Dottor Venturi, parliamo di due tra i tumori più diffusi: il cancro del seno e quello del colon-retto...
«Si tratta di due tumori molto frequenti e, purtroppo, ancora responsabili di una quota importante di mortalità. E l’impegno forte nei confronti di questi tumori sta proprio nella possibilità di una diagnosi precoce, attraverso gli screening, ma anche attraverso una diagnosi rapida quando si presentano i primi sintomi, quindi non nella fase di screening».
Quali strumenti vengono utilizzati nella fase di screening?
«Per il tumore al seno utilizziamo la mammografia, che il servizio sanitario nazionale offre gratuitamente alle donne tra i 50 e i 69 anni in tutte le regioni italiane. In alcune realtà l’età di accesso si sta abbassando, ad esempio a 45 anni, perché osserviamo un aumento dei casi anche nelle donne più giovani. Quindi, se l’età di insorgenza si abbassa, è corretto abbassare anche l’età dello screening. Per il tumore del colon-retto, invece, lo strumento principale è la ricerca del sangue occulto nelle feci, ed è un esame al quale devono sottoporsi sia gli uomini sia le donne».
Al di fuori dei programmi di screening previsti dal servizio sanitario nazionale, in quali casi bisogna rivolgersi al medico?
«L’invito è sempre quello di aderire ai programmi di screening quando si riceve la lettera di convocazione. Al di fuori delle fasce previste, quindi sotto i 45-50 anni o sopra i 70, è fondamentale prestare attenzione ai segnali del proprio corpo. Per il seno, ad esempio, sono molto importanti l’autopalpazione e il ricorso al medico in caso di comparsa di noduli, secrezioni, e in questo caso richiedono particolare attenzione quelle di sangue o pus, retrazioni o avvallamenti cutanei. Sono tutti campanelli d’allarme che richiedono un approfondimento immediato».
Quali esami è consigliato eseguire per la prevenzione del tumore al seno in base all’età?
«Il seno della donna ha una sua evoluzione durante l’arco della vita. Nell’età fertile il seno è più denso; col passare degli anni la componente ghiandolare viene parzialmente sostituita da tessuto adiposo e anche gli esami che noi abbiamo a disposizione risentono di questa trasformazione. In età giovanile è particolarmente indicata un’ecografia che riesce a leggere attraverso la struttura ghiandolare eventuali anomalie, in età più avanzata è indicata la mammografia, come i programmi di screening ci suggeriscono, perché è prevalente la componente adiposa. Naturalmente ci sono molte situazioni intermedie in cui i due esami si completano a vicenda. Anzi, talvolta, oltre questi bisogna ricorrere anche a ulteriori esami, come la risonanza magnetica o eventuali biopsie. La diagnosi, quindi, deve seguire un percorso rigido e corretto per poter arrivare ad una diagnosi tempestiva».
Quali sono i fattori di rischio specifici per questi due tipi di tumore?
«Per il tumore al seno possiamo citare il menarca precoce, la menopausa tardiva, l’obesità e la familiarità. La genetica, poi, è un fattore molto importante e su questo va aperto un capitolo a sé perché ormai con la decodificazione del Dna siamo riusciti ad evidenziare anche una certa quota di tumori geneticamente determinati».
Cosa vuol dire?
«Sono quelli che si tramandano nell’ambito delle famiglie. Un esempio noto è quello di Angelina Jolie, portatrice dei geni BRCA1 e BRCA2 mutati, che aumentano il rischio di tumore al seno fino al 60-70%. In questi casi, una volta individuata la presenza di questi fattori bisogna agire o chirurgicamente o con un controllo serrato».
Quali sono oggi le percentuali di guarigione?
«Per il tumore al seno i dati sono molto incoraggianti. Grazie agli screening e al miglioramento degli strumenti diagnostici, i tumori vengono intercettati sempre più spesso in fase iniziale. Tumori più piccoli sono generalmente meno aggressivi e più facilmente curabili. Se diagnosticato e trattato precocemente, il tumore al seno raggiunge oggi percentuali di guarigione dell’88-90%».
In caso di insorgenza della malattia, quindi, la diagnosi precoce resta la prima arma?
«Certo. Esistono ancora, purtroppo, situazioni di diagnosi tardiva, spesso legate a disagio sociale o a difficoltà di accesso alle cure. Ma quando la malattia viene individuata in fase iniziale, le possibilità di successo sono molto elevate».
Dopo la guarigione bisogna continuare a sottoporsi a controlli? Quali sono gli screening da effettuare e con quale frequenza?
«Ormai dobbiamo fare i conti con quella che viene chiamata prevenzione terziaria. Nel nostro Paese abbiamo una popolazione di oltre quattro milioni di persone guarite da un tumore. Tra questi, circa 800.000 donne stanno combattendo un tumore al seno o hanno superato la malattia. Queste persone hanno bisogno anch’esse di prevenzione».
In cosa consiste la prevenzione terziaria?
«La prevenzione terziaria consiste nell’adottare strategie volte a ridurre il rischio di recidiva nei pazienti che hanno già avuto una malattia oncologica. È fondamentale seguire un’alimentazione corretta, evitando a tutti i costi obesità, che è stato dimostrato essere un fattore di rischio molto importante per la ripresa della malattia. Quindi dieta sana e varia, privilegiando frutta e verdura. Anche dopo la guarigione, infatti, la prevenzione resta un’arma essenziale».
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