Spazio satira
Sport
17.07.2025 - 18:30
Un inizio coi fiocchi. Non intendetelo in senso letterale, perché la neve in luglio sarebbe troppo anche per il Festival dello Sport Raccontato, che martedì sera ha avuto il suo battesimo di fuoco (ecco, così è più congruo) nella consueta cornice di Santa Salome, in Veroli.
Per la serata d’esordio gli organizzatori di questo ormai tradizionale appuntamento estivo con lo sport, la cultura e le mille suggestioni che dallo sport scaturiscono hanno allestito un parterre de roi. Inizio in salsa ciociara, con una campionessa nata dalle nostre parti, precisamente a Vallecorsa, ma poi, al termine di una brillante carriera da atleta, andata a scoprire il mondo: altre culture, abitudini, vezzi, cibi e modi di fare. Eh sì, Ambra Migliori, primatista italiana dei 100 farfalla, semifinalista ai mondiali e alle Olimpiadi, oro ai Giochi del Mediterraneo, finalista Europea e Mondiale con la staffetta 4X100 mista e tanto altro ancora, ha deciso d’insegnar nuoto prima in Cina, poi a Singapore e ora a Dubai. Tornerà forse in Italia quando la voglia di conoscere culture e tradizioni diverse lascerà il posto a quella nostalgia del made in Italy che per ora non sembra sfiorarla. La bella e versatile Ambra ha raccontato alla bravissima giornalista Maria Laura Lauretti i suoi trascorsi agonistici e le sue esperienze da imprenditrice e da insegnante in luoghi così distanti dalla nostra Penisola.
La nutrita platea si è poi abbeverata al sapere natatorio del giornalista Carlo Verna, che ha avuto quale interlocutore un personaggio davvero straordinario, quel Max Rosolino che, primo tra i maschietti, raccontò al mondo come anche l’Italnuoto potesse salire su un podio olimpico. Eravamo fermi alla leggendaria Novella Calligaris, quando Rosolino e Fioravanti spostarono i confini del sogno: ori olimpici a Sidney, nei 200 misti “il cagnaccio” e nei 100 e 200 rana il bravo Domenico.
E Rosolino, che in bacheca ha medaglie mondiali ed europee in numero impressionante, ha raccontato ai presenti le vittorie, ma soprattutto le sconfitte, perché è da quelle che un grande campione prende la forza per ripartire e per ridisegnare la propria grandezza. Da una delusione, in particolare, Massimiliano, dopo una settimana di pensieri tristi, ripartì allungando la sua carriera e la sua gloria tra le corsie. «Anche quando non è possibile la cosa più bella è crederci» ha detto riguardo alle sue sfide con Phelps, probabilmente il più grande nuotatore della storia. Ne ha affrontate di leggende, Massi “Cagnaccio” Rosolino: oltre al “proiettile di Baltimora” anche gli australiani Thorpe e Hackett, l’olandese volante Van den Hoongenband ed altri campionissimi delle corsie in vasca da 50. Il napoletano d’Australia ha anche regalato alla platea un passo di danza con la moglie, Natalia Titova, a beneficio di quanti fossero poco informati sulle sue performance cronometriche ma più attenti alle successive apparizioni televisive da aspirante ballerino.
Usciti... dalla piscina, ecco il calcio, con tre ospiti di grande rilievo. I giornalisti Massimo Zampini e Emilio Targia e l’ex stopper, ora dirigente della Juventus, Sergio Brio, hanno infatti parlato della notte maledetta dell’Heysel.
Emilio Targia è l’autore del libro “Quella notte all’Heysel”. L’intento della sua pubblicazione e di tanti suoi interventi televisivi è quello di ricostruire la verità, di riportare finalmente una narrazione corretta e non distorta da tifo, esasperazioni, connivenze, equivoci.
Lui quella notte era lì. All’epoca era solo un giovanissimo tifoso bianconero e solo per caso aveva ottenuto un biglietto di un settore differente, perché originariamente si era procurato proprio un tagliando del famigerato settore Z, quello che fu vittima della furia omicida degli hooligans. Quanta approssimazione criminale e quanta superficialità in quella notte maledetta! Nessuna precauzione per evitare che accadesse quel dramma di proporzioni inimmaginabili. La gendarmeria depauperata, perché dopo le grandi attenzioni e il grande dispiegamento di forze per la visita di Wojtyla, gran parte del personale fu mandato in ferie, come se una finale di Coppa Campioni con una tifoseria notoriamente violenta e turbolenta fosse uno spettacolo teatrale di tutto riposo. E nel volgere di pochi minuti quella che doveva essere una festa si trasformò in una strage. Zampini ha posto domande a Targia e anche a Sergio Brio, che ha raccontato quella sera vista dalla parte dei calciatori, che per tutta la gara ignorarono la portata di quella carneficina e che furono costretti a giocare dall’Uefa, per evitare che si verificassero ulteriori disordini e si scatenasse una caccia all’inglese. Una pagina di dolore, una ferita aperta che sanguina ancor più quando altre tifoserie la trasformano in uno slogan antibianconero, perché all’imbecillità, come al dolore, davvero non c’è limite.
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