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La stanza della domenica

Quelli che raddoppiano. E la Stazione dei desideri

Francesco Rocca ha sottolineato ancora una volta l’importanza che avrebbe per la provincia di Frosinone la realizzazione di una stazione Tav

panoramica frosinone

Ha voluto mettere le cose in chiaro con tre anni di anticipo. Francesco Rocca lo ha detto così: «Il mio obiettivo è sicuramente quello di essere rieletto per un secondo mandato. L’unica cosa che me lo potrà impedire è la salute. Motivo in più per fare bene nella sanità». Determinazione ed ironia. Ha parlato soprattutto alla “sua” maggioranza e al centrodestra. Non che avesse dubbi, ma era meglio sottolineare ogni dettaglio. E Rocca lo ha fatto. Inoltre, nella conferenza stampa per i due anni di governo, ha puntato sulla sanità.

Argomentando: «Siamo partiti con una proiezione negativa di disavanzo di oltre 700 milioni prevista per il 2023 e, invece, con un lavoro che ha fatto pulizia nel bilancio abbiamo ottenuto una riduzione di dotazioni negative per circa mezzo miliardo di euro, stanziando 475 milioni di euro alle Aziende sanitarie. Abbiamo chiuso il 2023 con 32 milioni di utile e il 2024 con 40 milioni di utile». Francesco Rocca ha mantenuto ad interim la sanità non soltanto perché proviene da un’esperienza come quella alla guida della Croce Rossa. Si tratta di una scelta che affonda le radici nella consapevolezza che parliamo della delega più importante per ogni Regione, che fa la differenza (sostanziale e percepita) nella vita quotidiana delle persone. L’abbattimento dei tempi delle liste di attesa e la governance delle Aziende Sanitarie del Lazio sono elementi che viaggiano di pari passo. Tematiche sulle quali Rocca non delega e non deroga. Poi è evidente che l’annuncio (sin da adesso) si una sua ricandidatura alla presidenza è altresì una “comunicazione di servizio” ad un centrosinistra rimasto fermo alla sconfitta (politicamente ingestibile) di due anni fa. Con un Campo Largo andato in frantumi senza che nessuno si preoccupasse nemmeno di raccogliere i cocci.

Quella Ciociaria incapace di invertire il trend
Ancora una volta Francesco Rocca ha sottolineato l’importanza che avrebbe per la provincia di Frosinone la realizzazione di una stazione Tav. Come aveva fatto nei mesi scorsi, definendo l’opera non negoziabile. Come aveva fatto, in maniera globale, in occasione della riunione degli Stati generali della Ciociaria a novembre 2023. Dicendo in maniera cruda che da quel momento in poi si aspettava delle proposte e degli input precisi dal territorio. Non è arrivato nulla, poco da girarci intorno. Perché è vero che in sede di commissione regionale Ferrovie dello Stato si è presentata senza alcun tipo di progetto fattibile, sostenibile e finanziabile a proposito di una Stazione dell’Alta Velocità in questa provincia. Ma è vero pure che la classe dirigente locale non va oltre dei convegni caratterizzati esclusivamente da buone intenzioni in progressione geometrica e dosi di campanilismo in quantità industriale. Cioè un “mix” perfetto per consentire ai livelli romani (tutti, nessuno escluso) di procedere con uno schema collaudato da secoli: “divide et impera”.

Francesco Rocca ha dichiarato: «La Stazione Tav deve esserci. Realizzarla a Frosinone città probabilmente richiederebbe costi eccessivi e, dunque, bisognerebbe optare per un modello Reggio Emilia, con la fermata leggermente fuori. In questo senso ci sono un paio di ipotesi più sostenibili, come quella di Ferentino-Supino. Quindi questa è l’opzione che sto percorrendo e su cui ho il sostegno di tutto il sistema delle imprese». L’ultima frase è da rimarcare. Perché sicuramente a livello locale servirebbe uno scatto della politica e di enti come la Provincia e i Comuni. Ma occorrerebbe soprattutto un cambio di passo delle associazioni di categoria e degli enti economici. A loro Francesco Rocca si è rivolto durante la riunione degli Stati Generali sedici mesi fa. Sarebbe necessario scrollarsi di dosso quel senso di rassegnazione e di inerzia che purtroppo pervade la nostra provincia. Guardando agli esempi positivi che ci sono. Per esempio il Consorzio industriale regionale, alla guida del quale c’è il commissario Raffaele Trequattrini. Capace di sfatare tabù e luoghi comuni, capace di invertire la narrazione ad ogni livello, capace di dimostrare che “si può fare”.

Nulla in Italia è più definitivo del provvisorio
Sempre straordinariamente attuale la frase di Giuseppe Prezzolini: «In Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo». Soprattutto in politica. In settimana il Parlamento ha approvato il Milleproroghe. Tra le innumerevoli misure convertite in legge ce n’è una relativa al sistema elettorale che regola le Province. In sostanza per candidarsi alla presidenza non c’è più il limite per un sindaco di avere oltre diciotto mesi di mandato davanti. L’effetto pratico è che Luca Di Stefano potrà cercare il bis. Ma c’è un altro aspetto da considerare, non legato al Milleproroghe. Ogni tanto si torna alla carica per reintrodurre l’elezione diretta degli organi delle Province. Però la legge Delrio, entrata in vigore nel 2014, resterà almeno fino al 2026. Perché pochi mesi fa il ministro dell’Interno Matteo Piantendosi, in occasione dell’assemblea dell’Upi, ha spiegato “urbi et orbi” che di una eventuale “controriforma” se ne potrà parlare seriamente (con riferimento cioè alle risorse finanziarie) con la Manovra 2026. Ma in fondo chi davvero vuole cancellare la Delrio, considerando che attribuisce a sindaci e consiglieri comunali il potere di eleggere il presidente e i consiglieri provinciali? Cariche alle quali possono concorrere soltanto gli amministratori locali? Cosa c’è di meglio, anche per i partiti, di cantarsela e suonarsela a proprio piacimento? E il popolo sovrano? Per dirla con le parole del Manzoni: chi era costui?

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