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La stanza della domenica

Sabbie mobili e paradossi del “politicamente corretto”

Al Comune di Frosinone da quasi due anni lo scontro si registra nella maggioranza di centrodestra. Mentre la stagione congressuale dei Democrat si sta giocando sull’esame dei ricorsi presentati sul tesseramento invece che sulla sfida tra le mozioni

panoramica frosinone

La netta presa di posizione del consigliere provinciale di Fratelli d’Italia Andrea Velardo ha rappresentato un lampo nel buio nell’infinito letargo della politica in Ciociaria. Velardo ha attaccato il Partito Democratico, che a suo giudizio ha perso il contatto con le problematiche vere del territorio. Inoltre ha pure acceso i riflettori su un ruolo, quello di consigliere provinciale, che meriterebbe ben altre ribalte e considerazioni. Ma procediamo con ordine. Sembra che in questa provincia il dibattito politico sia una sorta di tabù. Guai a polemizzare, guai a rompere quel clima “politicamente corretto” che ha affondato il territorio. Perché magari sarebbe stato preferibile salire sulle barricate, urlare le proprie ragioni anziché sussurrarle tra pochi intimi. Forse ci sarebbe stato bisogno di ribaltare i tavoli (soprattutto a Roma), invece che rimanere seduti e accontentarsi delle briciole.

Il nodo della rappresentanza del territorio è stato ignorato: i continui cambiamenti della legge elettorale rendono più complicato esprimere deputati e senatori del posto. Alle europee neppure si pensa di poter puntare su un candidato ciociaro. Alla Regione Lazio abbiamo tre consiglieri. In passato si arrivava tranquillamente a quattro-cinque. L’effetto di questa situazione si ripercuote poi alle amministrative: i ruoli di sindaco e di consigliere comunale sono rimasti gli unici alla portata. E dunque a volte si determina una “fila” nella quale si fa a gomitate, mentre in altre occasioni la dimensione trasversale prende il sopravvento. Con le liste civiche protagoniste nella fase elettorale e con i partiti che poi, quando iniziano le inevitabili crisi, fanno fatica a ricomporre il quadro. Per non parlare dell’assenza completa delle coalizioni. Sia di centrodestra che di centrosinistra.

La dialettica aspra tra avversari non è un tabù
Ecco perché l’intervento di Velardo è un’occasione che non andrebbe persa. Diciamo la verità. Ormai le polemiche sono tutte... all’interno. Al Comune di Frosinone da quasi due anni lo scontro si registra nella maggioranza di centrodestra. Si contano ben 8 “dissidenti”. Pure le fibrillazioni che ci sono state ad Alatri e Ferentino (solo per limitarsi a due esempi) hanno avuto il carattere del “derby”. Nel centrodestra nel primo caso, nel Pd nel secondo. E che dire della stagione congressuale dei Democrat, che si sta giocando sull’esame dei ricorsi presentati sul tesseramento invece che sulla sfida tra le mozioni al cospetto degli iscritti? La scorsa estate le dinamiche di Forza Italia si sono sviluppate all’interno, seppure limitatamente al contesto del Comune di Frosinone. La Lega appare in una situazione di stallo da tempo. Anche e soprattutto in considerazione del fatto che le posizioni e le strategie di Nicola Ottaviani e di Pasquale Ciacciarelli non sono perfettamente coincidenti. Per usare un eufemismo. L’unica eccezione è rappresentata da Fratelli d’Italia, per un motivo soprattutto: il presidente provinciale Massimo Ruspandini mantiene un filo diretto e quotidiano con gli anmministratori, con i dirigenti, con i militanti, con il territorio. L’elezione all’unanimità a coordinatore provinciale ha rappresentato un punto di arrivo ma pure di partenza. Certamente ci sono sensibilità differenti anche in FdI, ma la gestione del partito è all’insegna della politica. Del confronto. C’è un altro aspetto che emerge dalle considerazioni di Andrea Velardo. Vale a dire che davvero la Provincia avrebbe bisogno del ritorno all’elezione diretta del presidente e dei consiglieri. Per ritrovare una centralità politica che inevitabilmente è stata fortemente appannata dalla riforma Delrio, che l’ha relegata ad ente di secondo livello. Da allora sono passati quasi undici anni. E si sa, in Italia nulla è più definitivo del provvisorio. All’attenzione del Parlamento ci sono diversi disegni di legge per ripristinare la situazione antecedente al 2014. Non è facile però trovare una quadra sulla volontà politica a livello nazionale, considerando i delicati equilibri tra alleati nelle diverse coalizioni. Ad ogni livello la dialettica tra avversari (che si rispettano) non può che far bene alla politica e perfino all’amministrazione.

Lo strano caso del Comune
di FrosinoneAl Comune di Frosinone (il capoluogo) sembra di filosofeggiare sul paradosso di “Achille e la tartaruga” di Zenone. Il sindaco Riccardo Mastrangeli non ha una maggioranza vera e propria sulla carta. Può contare sul voto di 16 consiglieri su 17. Ma neppure c’è una maggioranza consiliare che lo possa (e lo voglia) mandare a casa. Le opposizioni, da sole, non hanno i numeri. I “dissidenti”, da soli, neppure. Prospettive di convergenza non ci sono. In realtà non c’è neppure bisogno che i gruppi di minoranza esplicitino il sostegno. La strategia di Mastrangeli è riuscire a superare in qualche modo lo scoglio del bilancio. Per poi avere un altro anno davanti. Nel frattempo la coalizione di centrodestra (che ha vinto tre elezioni consecutive e governa da tredici anni) non esiste più: Forza Italia non ne fa parte da mesi ormai. C’è un elemento che va considerato: l’adesione di Cinzia Fabrizi alla Lista Ottaviani. Significa che l’ex sindaco e attuale parlamentare della Lega intende puntellare il perimetro del centrodestra. Quanto al centrosinistra (che ha perso tre elezioni consecutive ed è all’opposizione da tredici anni) non ci pensa proprio a ritrovare uno straccio di unità d’azione. La verità è che mancano leadership riconosciute a livello non soltanto di consiglio comunale, ma di contesto cittadino. A dimostrazione di come il “divide et impera” non ha funzionato.

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