Spazio satira
Frosinone
14.04.2024 - 12:09
La sede dell’Amministrazione Provinciale di Frosinone
«Ma una notizia un po’ originale - cantava Fabrizio De André - non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca». Ed è bastato che nei corridoi di Palazzo Madama si parlasse di un’accelerazione per “la riforma della riforma” delle Province che si alzassero tutte le antenne della politica. Nazionale, regionale e locale. Perché indubbiamente il ritorno all’elezione diretta del presidente e dei consiglieri cambierebbe aspettative, scenari e profili ad ogni latitudine. Facendo venir meno certezze e alleanze trasversali e bipartisan. Non in assoluto comunque.
La situazione
A dieci anni esatti dall’entrata in vigore della legge Delrio, dunque, si potrebbe tornare a prima del 2014. Per la verità se ne è parlato spesso, ma poi a dama non si è mai andati. Qualche mese fa l’ennesimo aggiornamento: se ne riparlerà dopo le europee, in programma a giugno (8 e 9). In questo momento in commissione affari costituzionali la priorità è quella della riforma che prevede l’elezione diretta del presidente del consiglio. Ma nella medesima commissione il dibattito sulla “controriforma” delle Province è ben avviato.
Secondo alcuni “boatos” al presidente della commissione Bilancio del Senato (Nicola Calandrini, di Fratelli d’Italia) sarebbe stato detto di trovare le coperture economiche affinché si torni all’elezione diretta. Calandrini si limita a far notare che da tempo si parla del 2025 come anno del ritorno all’elezione diretta. Una riforma che sul piano politico potrebbe rappresentare un punto di incontro forte tra Fratelli d’Italia e Lega. Il testo in discussione in commissione affari costituzionali del Senato prevede che il presidente della Provincia sarebbe eletto direttamente dai cittadini, a suffragio universale. Con il potere di nominare la giunta.
Il numero degli assessori, in una Provincia fino a 500.000 abitanti (come Frosinone) sarebbe di 4. Ad uno degli assessori verrebbe assegnata la delega di vicepresidente. Nella composizione dell’esecutivo nessuno dei due sessi potrebbe essere rappresentato in misura inferiore al 40%. Per quanto riguarda invece i consiglieri, sempre in una Provincia fino a 500.000 abitanti, ne sarebbero eletti 20. La durata del mandato, sia per il presidente che per i consiglieri, sarebbe di 5 anni. Tra i ruoli di assessore e consigliere è prevista l’incompatibilità, ma ci sarebbe un meccanismo di “sospensione” dal ruolo di consigliere nel caso di incarico in giunta.
Previsto un premio di maggioranza del 60% per il presidente eletto. Sul versante dell’elezione diretta del consiglio provinciale, si tornerebbe ai collegi elettorali plurinominali, nei quali potrebbero competere da 3 a 8 esponenti. Possibili due preferenze, con il meccanismo di un uomo e una donna. Ipotizzata altresì una soglia di sbarramento del 3%. Ricordiamo che la legge Delrio ha trasformato le Province in enti di secondo livello. Non vota il “popolo sovrano”, alle urne si recano sindaci e consiglieri comunali. Non ci sono assessori. Il ritorno all’elezione diretta cambierebbe completamente le prospettive e il peso politico.
I possibili candidati
La legittimazione del voto dei cittadini rimetterebbe al centro della scena politica le Province e le relative dinamiche politiche. E quindi la candidatura alla presidenza diventerebbe molto ambita. Al punto che i nomi che già circolano sono di prima fascia. Insomma, leader e big non resterebbero a guardare. L’attuale presidente della Provincia è Luca Di Stefano, sindaco di Sora. Eletto con la Delrio, sulla base di un accordo di ferro con la corrente del Pd di Francesco De Angelis. Poi però ha scelto un’impostazione bipartisan.
Nel caso di ritorno all’elezione diretta dovrebbe scegliere se e con chi schierarsi. Finora Di Stefano ha mantenuto un profilo civico. Poi sarebbe complicato. Una delle opzioni che circola maggiormente è quella di Massimo Ruspandini, al suo secondo mandato da parlamentare e leader provinciale di Fratelli d’Italia. Il partito di maggioranza del centrodestra, che in un’elezione di questo tipo dovrebbe presentarsi unito. Anche se Ruspandini potrebbe concorrere perfino se la coalizione fosse divisa. Gli spazi per alleanze diverse ci sarebbero in ogni caso. Va sottolineato comunque che Massimo Ruspandini è deputato di FdI e quindi dovrebbe fare le sue valutazioni su una possibilità del genere.
Restando nel centrodestra, bisognerebbe verificare le scelte degli altri partiti. Nella Lega il deputato e coordinatore provinciale Nicola Ottaviani potrebbe decidere di giocarsi le sue carte. In Forza Italia uno come Gianluca Quadrini proverebbe a dire la sua. Nel Pd i nomi principali sono due. Il primo è quello di Francesco De Angelis, presidente regionale del partito. Alle europee non sarà in lista, le politiche sono lontane (2027) e non mancano le incertezze. Guidare la Provincia, con il sistema dell’elezione diretta, rappresenterebbe sicuramente una prospettiva “attrattiva”.
Più complicato il discorso della coalizione, considerando le difficoltà del centrosinistra da qualche anno a questa parte. Inoltre il Campo Largo con il Movimento Cinque Stelle mai come in questa fase politica appare decisamente... arido. In ogni caso De Angelis ha dimostrato in più di un’occasione di saper giocare (bene) le partite trasversali. Il secondo nome nei Democrat è quello di Antonio Pompeo, due volte presidente della Provincia con la Delrio.
Uno scenario che sarebbe preso in considerazione esclusivamente nell’ipotesi di una ricucitura dei rapporti all’interno del partito. Niente affatto scontata. In ogni caso anche Pompeo potrebbe diventare un “punto di caduta” trasversale.
Negli ultimi diciotto mesi, specialmente negli enti intermedi, a dare le carte sono stati Massimo Ruspandini (FdI) e Francesco De Angelis (Pd). In alcuni casi (per esempio l’assetto della Saf) i due hanno trovato delle sintesi. Una sfida diretta per la presidenza della Provincia sarebbe un inedito. Non fantapolitica però.
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