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L'intervista

L’arte della provocazione. A tu per tu con l'artista Jacopo Sanna

Le origini ciociare e il legame con Fumone, la formazione da autodidatta e i messaggi delle sue opere. «Voglio che la mia creatività sia curativa, che faccia stare bene sia l’anima sia la mente»

Jacopo Sanna

L’artista Jacopo Sanna

Sarebbe facile inquadrare il suo stile nella “pop art” ma potrebbe risultare un esercizio riduttivo per la portata della sua personalità, tutta da scoprire. Per questo abbiamo rivolto qualche domanda a Jacopo Sanna, artista originario di Fumone.

Qual è il suo rapporto con la nostra terra?
«Sono nato a Roma, ma sono di origine ciociara da parte di nonna materna, più precisamente di Fumone. Per me e la mia famiglia questo piccolo borgo è il rifugio dalla frenesia cittadina capitolina e amiamo trascorrere là del tempo ogni qualvolta gli impegni lavorativi e scolastici ce lo permettono».

Quando nasce il suo interesse per l’arte?
«La mia passione, perché di passione si tratta, nasce grazie mio padre fin da quando ero bambino. Sono cresciuto in una casa nella quale era difficile individuare le pareti, ricoperte fino all’ultimo centimetro quadrato da quadri di artisti contemporanei come Mario Schifano, Luigi Montanarini, Novella Parigini, Giampistone… La loro presenza mi ha sempre incuriosito e affascinato e con il crescere ho capito che il mio giudizio non avrebbe dovuto soffermarsi solo sulla parte estetica dell’opera, ma sarebbe dovuto andare in profondità, interessandosi al pensiero dell’artista».

La sua arte è frutto di studi particolari?
«No, sono un autodidatta, ho sempre amato sperimentare tecniche diverse alla ricerca di quella che meglio di tutte potesse rappresentare il mio pensiero. Il messaggio che desidero trasmettere con le mie opere non tiene conto del realismo figurativo, esercizio tecnico che trovo anche sterile e limitativo per lo spirito di un artista del nostro tempo. Le mie pennellate devono trasmettere la mia esperienza di vita che non è quella settorialmente artistica, ma quella del mio essere persona nella sua integrità. Del resto, dopo il diploma ho cominciato subito a lavorare e proprio questa attività è stata la miglior scuola per arrivare alla realizzazione delle mie opere ricche di attualità».

Che cosa è l’arte?
«È quel sentimento puro che viene dall’inconscio, in base al quale riusciamo a esprimere liberamente noi stessi. Sotto un altro punto di vista è la realizzazione della propria personalità scevra da convenzioni sociali».

Ha una sua tecnica preferita?
«Non mi piace la monotonia, sono una persona eclettica e poliedrica e le mie opere rispecchiano esattamente la mia natura. Amo usare diverse tecniche per arrivare al miglior risultato immaginato che è, oltre alla mia soddisfazione, la curiosità suscitata nel pubblico».

Le sue opere contengono un messaggio?
«Sì, la mia arte è volutamente provocatoria, con riguardo all’attualità. Le faccio un esempio lampante: nell’opera “Manifesto Politico”, un collage di lettere stampate e una corda a forma di cappio appesa su tela, denuncio l’incapacità dei nostri governanti a fare gli interessi del Paese anziché i propri. Ovviamente come tutte le opere possono suscitare diverse interpretazioni ed emozioni nel pubblico ma, anche, negli addetti ai lavori».

A proposito… l’arte è in crisi?
«No, ma come tutte le attività ha bisogno di rinnovarsi ogni tanto. Piuttosto la parola “crisi”, in altra accezione, suscita in me un’altra riflessione: data la difficoltà di criticare oggettivamente un artista, e qui il discorso sarebbe troppo lungo da affrontare, preferisco definirmi un creativo…».

Affrontiamolo, invece… Come dovrebbe essere il bravo artista, a suo parere?
«Secondo me l’essere artista dovrebbe comprendere anche le abilità dell’imprenditore. Il solo artista non può esistere, l’artista deve sapersi vendere, deve promuovere prima di tutto la sua persona e poi il suo prodotto. Per quanto bella possa essere la sua tela, la sua scultura, se dietro non c’è un’idea di marketing è un prodotto come un altro. Mi corre un parallelismo con un’attività esercitata nel passato. Per un periodo della mia vita mi sono occupato della gestione del portafoglio clienti di un’importante azienda italiana che produce integratori nutraceutici (prodotti il cui scopo principale è quello di favorire i processi fisiologici dell’organismo, ndr), ottenuti da materie prime di altissima qualità e a filiera controllata. Ebbene, i nostri articoli erano validi e il loro prezzo era anche concorrenziale ma… non avevano un marketing che garantisse loro una pubblicità diffusa e capillare in Italia, che rendesse noto il brand, che generasse fiducia nei consumatori. In poche parole il progetto si è fermato in seguito a questo ostacolo. Nell’arte funziona più o meno allo stesso modo, purtroppo, sono più importanti l’immagine e la visibilità dell’artista, beni commerciali acquistabili sul mercato, piuttosto che la cultura e la bravura dell’artista».

Ha un suo progetto onirico?
«Sussurrare ai potenti. La mia creatività voglio che sia curativa, che faccia stare bene sia l’anima che la mente. Oltre che una provocazione deve essere una profezia». Corre un dubbio: è l’arte che provoca o… è la provocazione che crea?

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