Spazio satira
La storia
27.02.2025 - 20:33
Salò ha fatto i conti con il suo passato
L’ora delle decisioni irrevocabili è scoccata. Il Consiglio comunale di Salò, cittadina sulle rive del Lago di Garda, ha preso una decisione destinata a segnare un punto di svolta nella sua storia: con 12 voti favorevoli, 3 contrari e un astenuto, è stata revocata la cittadinanza onoraria conferita a Benito Mussolini il 23 maggio 1924. Un gesto simbolico, ma dal peso straordinario, in una città che per decenni è stata associata al fascismo, essendo stata il cuore pulsante della Repubblica Sociale Italiana (Rsi) tra il 1943 e il 1945.
La mozione, presentata dal capogruppo della maggioranza di centrosinistra Tiberio Evoli e sostenuta dal sindaco Francesco Cagnini, chiude un capitolo lungo oltre un secolo. Conferita da un commissario prefettizio, Salvatore Punzo, e non da un consiglio eletto, quella cittadinanza era un retaggio di un’epoca in cui il fascismo si impose come forza dominante in Italia. Oggi, a distanza di 101 anni, Salò sceglie di prendere le distanze da quel passato, riaffermando i valori democratici e antifascisti su cui si fonda la Costituzione italiana.
Salò non è un comune qualunque. Durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, fu il centro nevralgico della Rsi, il regime fantoccio voluto da Mussolini sotto il controllo della Germania nazista. Qui si stabilirono ministeri, comandi militari e lo stesso Duce, che risiedette nella vicina Gargnano. Il nome “Repubblica di Salò” è entrato nell’immaginario collettivo come sinonimo di quell’ultimo, drammatico atto del fascismo italiano. Un’eredità che la città ha portato con sé, spesso suo malgrado, e che ha alimentato dibattiti e divisioni.
Non è la prima volta che Salò tenta di affrontare questo legame. Nel 2019 e nel 2020, mozioni simili erano state presentate, ma respinte da una maggioranza di centrodestra che le aveva giudicate "strumentali” e “anacronistiche”. La svolta è arrivata con l’elezione, nel giugno 2024, di Francesco Cagnini, primo sindaco di centrosinistra dopo vent’anni di governi di segno opposto. Con una maggioranza solida alle spalle, il giovane sindaco, appena 29 anni, ha deciso di portare a compimento un percorso che molti cittadini e associazioni locali invocavano da tempo.
«Non stiamo cancellando la storia, ma affrontandola per quello che merita» ha dichiarato Cagnini in un’intervista. «La revoca della cittadinanza a Mussolini è un atto simbolico che riafferma i nostri valori costituzionali. Non è una questione di odio verso una figura del passato, già giudicata dalla Storia, ma di coerenza con il presente e il futuro che vogliamo per Salò». Il sindaco ha sottolineato come la città non intenda negare il proprio passato: il centro studi sulla RSI e il museo che ne racconta gli anni bui resteranno attivi, a testimoniare una memoria che non va rimossa, ma compresa.
La decisione non è stata priva di polemiche. Durante la seduta, un piccolo gruppo di nostalgici, una quindicina di persone, secondo le cronache, ha protestato fuori dal palazzo comunale, tra fischi e slogan, mentre all’interno i consiglieri di minoranza, legati a liste civiche vicine al centrodestra, hanno espresso dissenso. «Un gesto inutile e ideologico» ha commentato il gruppo di destra Difendi Brescia, sostenendo che Salò dovrebbe concentrarsi su problemi concreti come il turismo e le infrastrutture, anziché «riscrivere la storia». Ma la maggioranza ha tirato dritto, forte dei suoi numeri e di un consenso diffuso tra molti cittadini.
La revoca della cittadinanza a Mussolini non è un unicum in Italia. Negli ultimi anni, numerosi Comuni hanno compiuto passi analoghi, da Bergamo a Livorno, spesso tra dibattiti accesi. Eppure, il caso di Salò assume una valenza particolare per il suo ruolo storico. Potrebbe rappresentare un precedente per altre località, come Brescia, dove una mozione simile giace in attesa dal 2024, o per quei centri che, durante il Ventennio, concessero lo stesso riconoscimento al Duce.
A Salò, la votazione è stata accolta con applausi nell’aula consiliare, ma anche con qualche fischio isolato. È il segno di una comunità che, pur divisa su alcune sensibilità, cerca di guardare avanti. «Questa non è una vittoria di parte» ha concluso Cagnini. «È un momento di unione sotto i principi di libertà e democrazia che appartengono a tutti». Dopo un secolo, Salò non è più solo la “capitale” di un regime sconfitto: è una città che vuole riscrivere la propria identità, senza dimenticare, ma scegliendo da che parte stare.
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione