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La ricorrenza

Chi trova un amico...

Dal 2011 ogni 30 luglio si festeggia in tutto il mondo la giornata dell’amicizia. I grandi filosofi del passato, gli scrittori, le canzoni più belle e le citazioni da conoscere

Chi trova un amico...

Il 30 luglio di ogni anno si celebra in tutto il mondo la “Giornata internazionale dell’amicizia”, istituita nel 2011 dall’Assemblea delle Nazioni Unite, che, con l’obiettivo di agevolare il più possibile la costruzione di “ponti emotivi” tra persone, popoli e civiltà, si proponeva di cercare di alimentare la diffusione di un «sentimento nobile e prezioso nella vita degli esseri umani». L’uomo, del resto, come “animale sociale”, tende per sua natura a stringere rapporti di amicizia. Tuttavia, questo particolare sentimento – che quando è sinceramente provato è di per sé purissimo – purtroppo non sempre trova adeguata reciprocità, tanto è vero che spesso risulta la fonte di profonde delusioni personali. Quando l’amicizia non è contaminata da interessi e malcelate utilità costituisce uno straordinario strumento di emotiva gratificazione, e la sua presenza aiuta a superare i difficili e delicati momenti che qualsiasi esistenza terrena inevitabilmente propone.

Proprio per questo motivo, Francis Bacon, nei suoi “Saggi”, scrisse che «l’amicizia raddoppia le gioie, e divide le angosce a metà». A dire il vero il grande filosofo e scrittore britannico non fu il primo a parlare, e scrivere, di amicizia. L’argomento è stato oggetto di acute riflessioni di molti grandi pensatori del lontano passato. Tra di essi, in primo luogo, è giusto ricordare il filosofo greco Aristotele, il quale dedicò, al concetto di amicizia ben due libri della sua “Etica Nicomachea”. L’opera venne scritta con l’intento di provare a spiegare qual è il fine della vita dell’uomo (che è poi il raggiungimento del “bene”), e soprattutto i mezzi attraverso i quali si deve cercare di ottenerlo. Aristotele riteneva che chiunque può provare a raggiungerlo, (anche) attraverso l’amicizia. E questo perché una persona che vive senza amici è destinata ad un’esistenza triste.

Secondo il grande filosofo ellenico esistono tre tipi di amicizia: quella basata sull’utile, quella basata sul piacere, ed infine quella basata sul bene. Proprio per questo motivo l’amicizia in realtà comprende e racchiude ogni forma di affetto, tra cui quello verso i propri genitori, quello rivolto verso i figli e quello, più tradizionale, per l’appunto, provato nei confronti degli amici.
Secondo Aristotele, ad ogni buon conto, l’amicizia favorisce comunque la crescita personale dell’individuo e la realizzazione di scopi comuni. Tuttavia, essendo un sentimento piuttosto complesso, e per nulla automatico, per divenire virtuosa abbisogna di costanza e soprattutto di un notevole impegno (anche emotivo); e questo perché gli amici devono essere sempre disposti a sacrificare i propri interessi personali per il bene e la felicità dell’altro. Tale simbiosi emotiva, come noto, tende ad essere esaltata (o purtroppo svilita…) dalle asperità della vita, che hanno sempre creato, rinsaldato, o seppellito, tante amicizie.
Su tale argomento hanno ritenuto di dover dire la loro diversi poeti e drammaturghi dell’antica Roma. Ed infatti Orazio ebbe a scrivere, in una delle sue “Odi”, che l’amico è «metà dell’anima mia», mentre Publilio Siro che «se tu abbia un amico, o solo uno che tale si definisce, te lo chiarirà la sventura». Ennio (citato da Cicerone) invece disse che «l’amico si riconosce nell’incerta fortuna», concetto poi richiamato da Dante, «l’amico mio, se non della ventura» (Beatrice a Virgilio).

Tali condivisibili considerazioni, a ben vedere, fanno il paio con altri motti popolari o proverbi: si pensi al celebre “chi trova un amico trova un tesoro”, o alla laconica frase: “dove sono gli amici, là sono le ricchezze” (attribuita a Plauto e Quintilliano). Molto interessante, su tale specifico punto, è un’acuta considerazione del grande scrittore Alberto Moravia. Il quale, infatti, in uno dei suoi racconti, così scrisse: «Dicono che gli amici si vedono nelle difficoltà, quando ci hai bisogno e l’amicizia si giudica sul metro della borsa. Dicono che un amico che è un amico lo vedi in un frangente, quando l’amico ha tutto da rimetterci e niente da guadagnarci a restarti amico. Sarà. Ma io penso che l’amico ci trova il tornaconto ad aiutare l’amico nel bisogno; non foss’altro per il sentimento di essere dappiù di lui. Io dico invece che gli amici li vedi nella fortuna, quando le cose ti vanno bene, e l’amico rimane indietro e tu vai avanti e ogni passo avanti che fai è per l’amico come un rimprovero o addirittura un insulto. Allora lo vedi, l’amico. Se ti è veramente amico, lui si rallegra della tua fortuna, senza riserve, come tua madre, come tua moglie. Ma se non ti è veramente amico, il tarlo dell’invidia gli entra nel cuore e glielo rode in modo che presto o tardi non resiste più e te lo lascia vedere». Ed in effetti il vero amico è quello che sa stare sempre al posto giusto, sia nella ventura che nella sventura.
Tante sono le canzoni che hanno parlato dell’amicizia, e dei nobili comportamenti che la caratterizzano. Basterebbe pensare alla famosa (e bellissima) “Un nuovo amico”, di Cocciante/Mogol («…Non farci caso tutto passa, hanno tradito anche me, almeno adesso tu sai bene chi è, piccolo grande aiuto, discreto amico muto… non posso certo diventare imbroglione ma passerei qualche notte in prigione… per un amico in più, per un amico in più, perché mi tiene ancor più caldo di un pullover di lana, a volte meglio di una bella sottana, un caro amico in più, un caro amico in più. E se ti sei innamorato di lei, Io rinuncio anche subito, sai, forse guadagno qualcosa di più, un nuovo amico, tu, perché un amico se lo svegli di notte, è capitato già, esce in pigiama e prende anche le botte e poi te le ridà…»); oppure alla molto meno conosciuta (ma non meno bella) “Il mio amico”, scritta da Giuseppe Fulcheri e mirabilmente interpretata da Alessandro Haber («Il mio amico parla poco perché ascolta intorno a sé, e se brucio in mezzo al fuoco, lui fa piovere per me, non mi cerca nel bisogno, chiede solo quel che ha, e ogni volta che io sogno, allontana la realtà. Il mio amico non mi dice, cosa è giusto e cosa no, perché sa che son felice, quando sbaglio e non lo so, ma sull’orlo del burrone, come un albero sta là, a impedire che un mio errore, si trasformi poi chissà. Chissà che cosa non farei, se non ti avessi accanto, discreto proprio come sei, come sei tu, soltanto»).

Immagini poetiche che riescono a descrivere perfettamente il senso dell’amicizia, e soprattutto sublimano quello della meravigliosa frase di Ralph Waldo Emerson: «L’unico modo per avere un amico, è essere un amico».

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