Spazio satira
La storia siamo noi
17.01.2025 - 18:00
Il 13 gennaio del 1910, e quindi centoquindici anni fa, grazie al fattivo impegno di Luigi Bosisio (che all’epoca ricopriva la carica di presidente della Federazione Italia Giuoco Calcio), “nacque” la Nazionale Italiana. Il giornale “Foot-ball” rese pubblica la notizia in questo modo: «Quest’anno anche l’Italia avrà la sua squadra nazionale composta da soli giuocatori italiani. La Figc ha a questo d’uopo incaricata la Commissione Tecnica Arbitrale... di mettere assieme una squadra che degnamente sappia rappresentare i colori d’Italia, colla speranza che la vittoria arrida agli undici valorosi atleti». Quella sognante speranza, a dire il vero, si tramutò subito in certezza. Il debutto della compagine italiana avvenne infatti il successivo 15 maggio all’Arena Civica di Milano, contro la Francia. L’allenatore era Umberto Meazza.
Lo scrittore e storico siciliano Alfio Caruso, nella sua dettagliatissima monografia dedicata alla storia della Nazionale, così descrive le immagini, e l’atmosfera, di quel giorno memorabile: «Il colore delle maglie è bianco, su cui è cucito lo scudetto tricolore. Secondo l’usanza del rugby, ciascun giocatore porta i calzettoni e i pantaloncini del club di appartenenza... tra accenni di pancetta e rotolini dispettosi sui fianchi, si respira un’aria gozzaniana, di piccole cose non sempre di pessimo gusto, di bicchierini di rosolio, di vellutati divani, di sospirosi desideri. Questi undici, e la loro sfera di cuoio, provengono dal passato, ma anticipano il futuro». Per la cronaca, davanti a soli quattromila spettatori, l’Italia si impose sugli avversari transalpini con il perentorio (e beneaugurante) punteggio di 6 a 2. Il primo gol della storia fu siglato da tale Pietro Lana, attaccante che militava nel Milan (il quale peraltro, quel giorno, siglò addirittura una tripletta). Undici giorni dopo, tuttavia, a Budapest, le cose per noi andarono in modo molto diverso... Perdemmo infatti per 6 a 1 contro la ben più quotata nazionale magiara.
Non tutti sanno che la “maglia azzurra” – divisa che oramai caratterizza praticamente tutte le squadre nazionali dello sport italiano – venne adottata soltanto a partire dalla terza partita; la quale si disputò, sempre a Milano, il 6 gennaio del 1911 (quel giorno patimmo ancora una sconfitta, sempre contro l’Ungheria, ma stavolta soltanto per 0 a 1). Il colore pastello della maglietta – contraddistinto da una saturazione cromatica che è compresa tra il blu pavone ed il pervinca – venne scelto per omaggiare, unitamente allo scudo sabaudo del Regno d’Italia, la casa nobiliare dei Savoia. Rammenta a tal proposito sempre Caruso: «Il battesimo della nuova tenuta, completata dai calzoni neri fino al ginocchio, avviene nel gelido venerdì milanese. Scrive il “Corriere”: L’Arena civica aveva un aspetto delizioso di ghiaccia, foderata di neve. Ma sulla neve dagli spalti, verso il centro, una fascia nera di cinquemila spettatori s’era distesa. Sul prato sbarazzato dalla neve, e ancora umido, ventidue uomini si sono disputati la vittoria con accanimento: undici ungheresi in maglia bianca con lo stemma magiaro sul petto, e undici italiani nella nuova maglia bianca azzurro crociata».
Da quel lontano giorno di gennaio la maglia azzurra ha regalato, ai tifosi di tutte le regioni e di tutte le età, gioie e dolori. E se è davvero difficile riuscire a dimenticare le diverse pagine “nere” della nostra Nazionale maggiore (basti pensare alla sconfitta con la Corea del Nord patita in occasione del Mondiale di Inghilterra del 1966, a quella – francamente immeritata – con la Corea del Sud nel 2002, ed alle recenti esclusioni dalle fase finali dei campionati del Mondo del 2018 e del 2022), è tuttavia assai piacevole ricordare invece le esaltanti pagine di sport che ci sono state regalate dalle vittorie iridate avvenute nel 1934 e nel 1938 (con Vittorio Pozzo come allenatore), nel 1982 (grazie ad Enzo Bearzot), e nel 2006 (con Marcello Lippi quale Commissario Tecnico); ma anche quelle europee del 1968 (alla guida c’era Ferruccio Valcareggi) e del 2021 (con Roberto Mancini sulla nostra panchina). E a ben vedere, il prestigioso palmares della nostra squadra nazionale, è davvero unico. Avendo infatti ottenuto come ulteriori prestigiosi piazzamenti nei Campionati del Mondo, ben due secondi posti (in Messico nel 1970 e negli Stati Uniti nel 1994), e un terzo posto (in Italia nel 1990), ma anche un secondo posto nella Coppa Internazionale (1931 - 1932), due secondi posti all’europeo (Belgio-Paesi Bassi nel 2000, e Polonia-Ucraina nel 2012), ed inoltre una medaglia di bronzo al torneo olimpico di Amsterdam 1928, un terzo posto alla Fifa Confederations Cup (2013), due terzi posti alla Uefa Nations League (2020-2021 e 2022-2023) ed una partecipazione alla Coppa dei Campioni Conmebol-Uefa (2022), l’Italia, a ben vedere, è l’unica al mondo che è riuscita a vincere delle medaglie in tutte le competizioni ufficiali organizzate da Fifa e Uefa per le nazionali maggiori.
Per non parlare della soddisfazione di essere stati i vittoriosi protagonisti della mitica semifinale Italia-Germania del mondiale del 1970 in Messico (finita 4 a 3 per noi), e che è stata unanimemente eletta come la “partita del secolo». La Nazionale Italiana è oramai entrata a far parte della storia del nostro Paese. Coinvolge, appassiona, quasi sempre unisce, talvolta divide. Tuttavia, quel che è certo, è che chiunque di noi – tramite la Nazionale – conserva un ricordo preciso della propria esistenza. Un giorno, un luogo, un momento (spesso gioioso), che risulta impresso in maniera incancellabile nella nostra memoria; da un’azione, da un tiro, da un gol, da un uomo. In sintesi, da una grande, fanciullesca, inimitabile passione.
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