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Omicidio di Thomas Bricca. Parla lo zio Lorenzo: «Non possiamo cedere ora»

La lettera alla vigilia della celebrazione del processo d’appello. In primo grado Roberto e Mattia Toson sono stati condannati rispettivamente all’ergastolo e a 24 anni

thomas bricca

La vittima Thomas Bricca

Una lettera-appello scritta con la forza scaturita da un dolore inenarrabile, dalla voglia di giustizia e dal desiderio di vedere un’intera comunità che si riappropria della sua identità, della sua anima, rifuggendo la violenza. È la lettera aperta che Lorenzo Sabellico, zio di Thomas Bricca, ha indirizzato alla città, agli alatrensi, a poche ore dalla celebrazione del processo d’appello che vede, al banco degli imputati, Roberto e Mattia Toson, condannati in primo grado all’ergastolo e a 24 anni di reclusione per l’omicidio del 19enne.

«Vi scrivo da zio. Zio di un ragazzo che questa città ha visto crescere, sorridere, camminare tra le sue strade. Un ragazzo che poi ha visto morire, riverso sull’asfalto, con una violenza che non appartiene né alla nostra cultura né alla nostra storia — ma che è esplosa, feroce, proprio qui. Da quella sera del 31 gennaio 2023, Alatri non è più la stessa. E neppure noi. Perché l’omicidio di Thomas Bricca non è stato solo un fatto di cronaca: è stato un punto di rottura. Una linea di demarcazione tra ciò che questa comunità ha sopportato per troppo tempo e ciò che non accetterà mai più», è l’incipit di Lorenzo Sabellico, il quale ricorda poi come siano stati «I cittadini, le famiglie, i giovani, i commercianti e le associazioni a trasformare un dolore privato in una forza pubblica. Siete stati voi a scuotere un territorio intero, a rompere la coltre di indifferenza che per anni aveva avvolto questo paese come una coperta stantia. Avete riempito piazze, strade, tribunali. Avete marciato sotto il sole e sotto la pioggia, e lo faremo ancora se necessario. Avete reso impossibile ignorare Thomas. Avete dimostrato che una comunità può essere più forte dei suoi predatori».

E qui arriva il sentito appello: «Oggi, ancora una volta, siamo chiamati a scegliere da che parte stare. Domani si terrà l’udienza di appello per i due condannati, Roberto e Mattia Toson. I loro avvocati chiederanno l’assoluzione. L’azzeramento di tutto. L’annullamento morale di una sentenza, di un’indagine, di un dolore e soprattutto della verità che abbiamo visto con i nostri occhi. È un passaggio delicato. Pericoloso. E decisivo. Perché un processo non è mai solo un processo: è il modo in cui una comunità difende ciò che è giusto. È la misura della fiducia che abbiamo nelle istituzioni e della pressione che siamo disposti a esercitare quando la verità è minacciata. Alatri, questa volta non possiamo permetterci cedimenti. Non possiamo permettere all’inerzia, alla paura o alla stanchezza di scavare il vuoto dove prima c’era la nostra voce. Non possiamo lasciare che un’aula di tribunale diventi il luogo in cui la memoria di Thomas viene diluita, manipolata o riscritta. Thomas non era un simbolo. Era un ragazzo. Ed è diventato simbolo per colpa della violenza, non per scelta. Sta a noi decidere cosa farne adesso».

Lorenzo Sabellico chiede quindi ancora più energia, la stessa da cui è nata l’associazione “L’Albero di Thomas odv”, un progetto che «Parla di futuro proprio perché quel futuro è stato tolto a un ragazzo di 19 anni». Nella lettera si domanda di essere ancora una volta compatti, presenti, incrollabili, «Di far sentire ancora una volta al Paese intero che Alatri non si inginocchia davanti all’ingiustizia. Che non arretra. Che non si abitua alla violenza e non si arrende alla paura. Non esiste pace vera senza verità. Non esiste comunità senza coraggio. Non esiste amore senza responsabilità. E finché Thomas non avrà giustizia, nessuno di noi potrà dirsi davvero libero. Restiamo uniti».

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