Spazio satira
L'editoriale
15.08.2018 - 13:12
Crollano ponti, crolleranno ospedali, scuole, edifici pubblici. Collasseranno strade. Voragini inghiottiranno cose e persone. La tragedia del ponte Morandi di Genova, un evento non certo ascrivibile a una catastrofe naturale, è il naturale epilogo della logica perversa dei nostri tempi. Degli stati che si arrendono alla dittatura dello spread. E ciò che per il "pubblico" era normale fino ad oggi, cioè garantire prima di tutto la sicurezza dei cittadini, ora passa in secondo piano. Prima bisogna chiedere alla Bce. Alla Merkel. A Macron. Bisogna chiedere a questi signori il permesso di spendere per garantire solidità alle scuole dei nostri figli, per assicurarsi che l'ospedale dove andiamo a curarci sia stabile, per far sì che il manto stradale delle nostre città possa farci viaggiare sicuri.
La tragedia di Genova impone ai governanti di ieri e a quelli di oggi riflessioni serie sulla grammatica dei loro programmi. Sul patto generazionale (vero, serio e non di facciata) da stringere per risollevare le sorti di un Paese stanco, vecchio e malandato. Sulle risorse da assegnare agli enti locali per le opere pubbliche, sui centri di spesa da rivedere o ripristinare, su quel tetto del 3% sul rapporto tra Pil e debito pubblico che, non ci stancheremo mai di ripetere, non può e non deve comprendere le opere essenziali per la sicurezza e la salute dei cittadini.
Se un Comune non ha i soldi per mettere in ordine le proprie scuole deve chiudere. Se un ospedale, come spesso accade, non ha i soldi per pagare i medici o comprare le siringhe, deve smettere di operare. I sindaci, spesso eroi e troppo facilmente nell'occhio del ciclone, dovrebbero cominciare a riconsegnare le chiavi ai prefetti quando non riescono a fare il minimo indispensabile per i cittadini.
Troppi "ponti Morandi" ci sono in giro per l'Italia. Troppe "trappole" sono disseminate anche per il nostro territorio. Basti pensare agli alberi che ieri hanno colpito, per fortuna senza conseguenze, automobilisti a Frosinone, Ferentino, Veroli e Cassino. Trappole figlie dell'incuria e dell'impotenza degli enti pubblici, che incombono sulle nostre vite e sul nostro destino. Il governo del cambiamento, se davvero vuole cambiare il corso delle cose, faccia di questa immane tragedia un punto di partenza per un cambio di prospettiva. Basta con slogan, programmi inapplicabili, promesse di redditi impossibili, dibattiti irritanti e anacronistici sull'utilità dei vaccini. Basta con le urla e i selfie da campagna elettorale.
Si lavori per trovare un modello di crescita che parta da una sorta di piano Marshall di grandi opere di pubblica utilità e si battano i pugni a Bruxelles per ottenerlo. Rimettere in sicurezza il Paese sarebbe il primo passo per cercare di consegnare alle generazioni che verranno almeno l'orgoglio di viverci. Sarebbe il modo migliore per onorare le vittime di ieri e di tutte le tragedie quotidiane.
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione