Colpi di Testa
02.02.2020 - 20:00
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Il filosofo austriaco Thomas Macho ha da poco pubblicato, per la Collana di Storia Naturale edita da Marsilio, un interessante libro intitolato "Il maiale" (173 pagine); monografica "indagine culturale" dedicata ad uno degli animali "da cortile" più simpatici e famosi. Il porco non solo è tra i principali "protagonisti" dei piatti della cucina occidentale, ma è anche uno dei simboli più controversi della storia dell'umanità. Scrive l'autore: «I maiali suscitano in noi meraviglia e attenzione.
Ci attirano e repellono al tempo stesso… sono intelligenti come delfini e fedeli con le persone care, ma abbastanza furbi da non dare confidenza al primo venuto.
Sono animali giocosi ed edonisti, impertinenti e leali, grandi corridori e nuotatori eccellenti… non ci vedono granché bene, ma in compenso il loro olfatto e il loro udito sono finissimi… popolano una regione immensa del nostro immaginario, fatta di miti, fiabe, leggende, poesie, romanzi, immagini, film, progetti artistici e spettacoli teatrali, giù giù fino ai manifesti pubblicitari, alle stoviglie, ai giocattoli e a ogni sorta di oggetti di gusto più o meno pacchiano… intorno alla sua figura abbondano tabù e pregiudizi: onnivoro per eccellenza, simbolo di impurità religiosa e desiderio sessuale, estrema austerità e stupidità senza fine».
Tale ambiguità di giudizio affonda le sue radici in tempi molto lontani. Del resto, l'addomesticamento dei suini, risale addirittura al VII millennio avanti Cristo. Gli antichi egiziani li ritenevano degli esseri immondi. Così infatti ricorda Erodoto nelle sue "Storie": «Se uno di loro, passando accanto a un maiale lo sfiora, corre subito a gettarsi nel In realtà sono animali molto intelligenti e fedeli con le persone c are infatti che «il Cristianesimo si mostra ambivalente verso il maiale, elevato a simbolo della lussuria, ad animale famiglio delle streghe, ma al contempo protetto da Sant'Antonio Abate». Macho a sua volta evidenzia che, in Estremo Oriente, il maiale è considerato «una bestia di tutto rispetto». E che anzi, «nascere nell'anno del maiale significa venire al mondo armati di tolleranza, fiducia, moralità e nobiltà d'animo». Ad ogni buon conto la carne suina rappresenta un'importante fonte di sostentamento nel mondo occidentale. L'autore rammenta infatti che essa «è tra tutte la più apprezzata.
Ogni anno, nel mondo, ne vengono prodotti oltre 116 milioni di tonnellate. Nel corso di una vita media un cittadino tedesco consuma l'equivalente di quattro capi bovini e quattro capi ovini, a fronte di ben quarantasei maiali…». Le ragioni di tale successo non sono solo ed esclusivamente legate al gusto, ma sono anche di tipo fiume completamente vestito; in secondo luogo, i guardiani di porci, anche se sono egiziani di nascita, sono i soli fra tutti che non possono entrare in un tempio, fra quanti ve ne sono in Egitto. Nessuno suole dar loro la propria figlia in moglie, né sposarne le figlie». Questa idiosincrasia la si rinviene anche, come è noto, in due delle maggiori religioni monoteiste. È del resto risaputo che nel Corano viene espressamente vietato ai musulmani il consumo di carne di porco. Simile prescrizione alimentare è prevista anche per gli ebrei (nel Levitico si prescrive infatti che il fedele debba astenersi dal mangiare gli animali che hanno "l'unghia bipartita", come il cammello, la lepre e, per l'appunto, il maiale).
Macho scrive poi nel suo saggio che il giornalista britannico Christopher Hitchens ipotizzò che il consumo della carne suina sarebbe stato vietato da alcune antiche culture e religioni, perché essa, «a quanto si dice, ha un gusto molto simile a quella umana. L'ipotesi è che la messa al bando della carne di maiale sia stata un modo per combattere e sanzionare la pratica dei sacrifici umani…», e che «…la simultanea attrazione e repulsione derivava da una radice antropomorfica: l'aspetto del maiale, il gusto del maiale, le strida di agonia del maiale, e l'evidente intelligenza del maiale, ricordavano sgradevolmente l'essere umano. La suinofobia – come la suinofilia – risale dunque, probabilmente, alla notte dei tempi del sacrificio umano, e anche del cannibalismo, pratiche cui, nei "sacri" testi, si fa più di un accenno». Tale radicata repulsione, tuttavia, non si è rivelata "universale". Marco Belpoliti, che ha curato la prefazione del libro, ricorda che già Aristotele così scriveva: «…è quello fra gli animali che meglio si adatta a ogni sorta di cibo. In proporzione alle sue dimensioni, il maiale, è anche l'animale che si impingua più rapidamente. Lo si ingrassa infatti in sessanta giorni».
Dopo l'ingrasso, le simpatiche bestiole vengono avviate verso l'inevitabile sacrificio. Macho, ad un certo punto del suo libricino, così ricorda: «Da bambino ho fatto in tempo a vedere dei maiali allevati nei porcili. Una volta ho assistito a una macellazione, e ho avuto gli incubi per giorni. A terrificarmi non sono stati il coltello affilato o i torrenti di sangue, ma piuttosto gli strilli. Quando li si scanna, i maiali urlano come degli esseri umani». Posso confermarlo, essendo stato anche io testimone, durante la mia infanzia, dell'uccisione di una grossa scrofa nell'aia di un casolare. Roba di altri tempi, verrebbe da dire. Perché oramai tutto avviene in allevamenti intensivi, lontano dai centri abitati. Il nostro "contatto diretto" con la specie suina non è esclusivamente culinario.
Il notevole aumento della presenza dei cinghiali nelle aree urbane è infatti un dato incontrovertibile, che peraltro non riguarda soltanto le periferie. Lo stesso Macho così scrive: «Abito a Berlino da oltre vent'anni, eppure non mi sono mai imbattuto in uno degli oltre seimila cinghiali che vivono in città, e che hanno regalato alla metropoli tedesca il dubbio primato di "capitale del cinghiale'». Sembra incredibile. Eppure non lo è. Perché sappiamo benissimo anche noi che non è necessario andare fino al centro della capitale tedesca per riuscire ad incontrarne qualcuno…
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