Spazio satira
Colpi di Testa
10.07.2020 - 20:00
Il 13 luglio del 1985, e dunque esattamente trentacinque anni fa, andò in scena l'evento musicale che poi si è rivelato il più grande collegamento via satellite di sempre, e la più seguita trasmissione televisiva di tutti i tempi: il leggendario "Live Aid". Quel giorno quasi due miliardi di telespettatori, sparsi in 150 paesi di tutto il mondo, assistettero infatti alla lunghissima diretta (circa sedici ore consecutive) di un concerto straordinario, che riuscì a raccogliere, sui palcoscenici di Londra (Wembley Stadium, dove erano presenti oltre 72.000 persone) e Filadelfia (John Fitzgerald Kennedy Stadium, stipato da circa 90.000 spettatori) e su alcuni palchi "minori" sparsi in ogni parte del globo, alcuni dei più grandi ed importanti musicisti dell'epoca.
Il "Live Aid" in qualche modo si ispirava ai non meno celebri festival tenutisi a Woodstock e nell'Isola di Wight tra la fine degli anni sessanta ed i primi anni settanta, i quali avevano radunato folle oceaniche ma non erano stati trasmessi in mondovisione; inoltre, a differenza di questi ultimi eventi, il "Live Aid" fu ideato (da Bob Geldof e Midge Ure), con intenti esclusivamente umanitari, ed in particolare con l'obiettivo di raccogliere fondi per alleviare la terribile carestia che, in quegli anni, stava colpendo l'Etiopia. La lista degli artisti e dei gruppi che accettarono di esibirsi in quella storica occasione è stupefacente, e fa venire la pelle d'oca.
Basterebbe infatti ricordare che su quei palchi si esibirono (in rigoroso ordine di apparizione, e senza alcuna pretesa di esaustività), tra i tantissimi altri, mostri sacri come Joan Baez, Elvis Costello, B.B.
King, Sade, Sting, Brandford Marsalis, Phil Collins, Brian Ferry, David Gilmour, Crosby, Stills and Nash, gli U2, i Beach Boys, i Dire Straits, i Queen, i Simple Minds, David Bowie, i Pretenders, gli Who, Santana, Pat Metheny, Elton John, gli Wham, Madonna, Paul Mc Cartney, Neil Young, Eric Clapton, i Led Zeppelin, Mick Jagger, Tina Turner, Bob Dylan, Lionel Ritchie ed Harry Belafonte (questi ultimi quattro come componenti degli "Usa for Africa").
Phil Collins, lo fece addirittura due volte. La prima, a Wembley, nel primo pomeriggio, e la seconda, a Filadelfia (dopo un viaggio sul Concorde…), intorno all'una di notte (ora di Londra). Lo spettacolo che si tenne nella capitale britannica visse uno dei suoi momenti più emozionanti quando salirono sul palco i Queen, guidati, come al solito, dal grandissimo Freddie Mercury. Il quale, come poi disse Elton John, "rubò a tutti la scena", eseguendo, assieme al suo gruppo, brani immortali quali "Bohemian Rhapsody","Radio Ga Ga", "Hammer to fall","Crazy little thing called love","We will rock you"e"We are the champions". Memorabili furono tuttavia anche le performances di David Bowie (che regalò al pubblico la splendida "Heroes"), dello stesso Elton John che fu protagonista di un incredibile duetto con George Michael, suonando e cantando "Don't let the sun go down on me", e di Paul Mc Cartney il quale offrì (pur scontando un imprevisto problema tecnico al microfono), una versione al pianoforte di uno dei maggiori successi dei Beatles: "Let it be".
A Filadelfia, invece, il culmine dello spettacolo fu raggiunto quando salì sul palco Bob Dylan, al quale, mentre eseguiva "Blowin'in the Wind", si ruppe una corda della chitarra. Ci pensò Ron Wood dei Rolling Stones a passargli al volo la sua, consentendo così all'esibizione del futuro Premio Nobel per la letteratura di proseguire senza ulteriori intoppi fino alla fine.
Il concerto si concluse, nella città americana, intorno alle 4 del mattino (ora di Londra), con l'esibizione del gruppo "Usa for Africa", i quali eseguirono (seppur non nella loro composizione originale che infatti prevedeva la presenza, tra gli altri, anche di Stevie Wonder, Bruce Springsteen, Ray Charles, Billy Joel, Diana Ross, Dionne Warwick, Cindy Lauper) il famoso brano "We are the world", che era stato composto (nel dicembre del 1984) da Lionel Ritchie e Michael Jackson.
L'evento mediatico mondiale consentì di raccogliere fondi per circa 150 milioni di sterline.
Tuttavia non tutto andò per il verso giusto. E non solo perché, molto tempo dopo il concerto si scoprì che, a quanto pare, una parte dei fondi erano stati distratti dal dittatore etiope Menghistu Hailé Mariàm. Mentre si stavano portando avanti i preparativi del concerto, infatti, qualcuno accusò Bob Geldof (che fu il vero "deus ex machina"del "Live Aid") di ipocrisia; altri avanzarono perplessità su come i soldi raccolti sarebbero poi stati effettivamente impiegati. Altri ancora sospetti sull'effettiva sincerità dell'intero progetto. Tanto è vero che l'assenza di alcuni grandi artisti su quei prestigiosi palchi venne da più parti interpretata come una scarsa fiducia di artisti e case discografiche verso l'organizzazione e la concreta gestione del denaro che sarebbe stato poi raccolto.
Ci fu anche una polemica (nemmeno troppo garbata) tra Bob Geldof e Bob Dylan, e questo perché il cantautore americano, nel corso della sua esibizione, aveva auspicato che una parte del ricavato fosse utilizzato per aiutare i contadini americani a saldare i loro debiti ipotecari con le banche, invece che per aiutare a risolvere la carestia in Etiopia. Comunque andarono le cose, e dovunque quei soldi effettivamente finirono, il "Live Aid" rappresentò un evento mediatico di portata mondiale. Che ebbe il pregio e la capacità di riuscire a catalizzare, almeno per qualche ora, l'attenzione del mondo intero verso il problema della fame in Africa. E regalò a tutti gli appassionati di musica un giorno di magica, straordinaria follia.
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