Spazio satira
L'intervista
26.09.2023 - 22:00
Una galleria in provincia di Frosinone, anzi, due, gestite nel segno della continuità familiare. Iolanda Attanasio, di Isola del Liri, espone a Ciociaria Oggi il suo pensiero sull'arte da un osservatorio privilegiato.
Come nasce l'amore per l'arte?
«Nasce con me, dal momento che ho sempre respirato aria di arte in casa, in quanto figlia di un collezionista poi divenuto gallerista. Frequentare gli artisti trattati nella nostra galleria, ma anche viaggiare per visitare musei e mostre, mi ha fatto sentire fortunata sin da quando ero piccola».
La prima galleria a Cassino…
«Complici la passione e l'interesse di alcuni suoi clienti, papà prende in affitto un locale a Cassino nel 1992 e battezza la neo galleria con il nome "La Fenice". Le prime mostre sono dedicate agli artisti della scuola di Pietro Annigoni, che avevano eseguito affreschi nell'abbazia di Montecassino. Nel giro di pochi anni "La Fenice" amplia la rosa di artisti trattati, nonché i generi pittorici, avvicinandosi sempre di più al moderno e al contemporaneo. Nel 2018 abbiamo deciso di aprire una piccola esposizione anche a Isola del Liri, inaugurando la nuova sede con "Acque e Pennelli", una mostra celebrativa del ritorno di opere storiche rappresentanti le famose cascate».
Quali sono i suoi artisti storicizzati preferiti?
«Sono molto legata a Emilio Notte, oggetto della mia tesi di laurea in Beni culturali, ma, ovviamente, sono tanti gli artisti che mi interessano. Mi limiterò a citare, tra gli italiani, Umberto Boccioni, Felice Casorati, Renato Guttuso, Alberto Burri, Lucio Fontana e, ovviamente, Pietro Annigoni. Tra gli internazionali ho una venerazione per Jackson Pollock, senza il quale non sarebbe esistita l'arte contemporanea, Roy Liechtenstein e Andy Warhol».
Qual è il genere preferito dal pubblico nelle sue gallerie?
«Ovviamente mi piacerebbe trattare gli artisti che ho appena citato ma, per una questione di mercato, e non solo, il gallerista deve avvicinarsi anche ai gusti del pubblico con cui si trova a più stretto contatto. Su questi ultimi influiscono tanti aspetti, come si può facilmente immaginare, e da noi è molto più facile vendere artisti figurativi. Sinceramente mi piace molto di più trattare gli artisti contemporanei astratti, mi diverto a immaginare insieme al cliente il significato di dipinti all'apparenza incomprensibili».
Quali sono le modalità di gestione delle opere in mostra?
«Siamo una galleria sui generis: non trattiamo opere in conto vendita, ma tutto quello che è esposto è di nostra proprietà. Proprio perché nasce come collezionista, mio padre ha sempre fatto totalmente sua la galleria e così ha deciso di portarla avanti con le sole proprie forze. Questo rende il tutto estremamente più difficile, perché si tratta di fare investimenti seri, economicamente parlando, ma il concetto guida è uno: se l'opera non piace a me non riesco a venderla né a proporla. Agisco da collezionista, in primis, non da venditore, e quindi seleziono le opere che ritengo davvero belle. Devo dire che questo atteggiamento negli anni ha sempre pagato, anche in termini di apprezzamento e riconoscimento da parte dei colleghi, cosa, questa, alquanto rara».
Il mercato dell'arte è in crisi?
«Secondo me una vera e propria crisi non c'è, penso che si tratti più che altro di oscillazioni fisiologiche dei mercati. L'arte è un bene rifugio e va trattata alla stregua di qualsiasi altro investimento. Sicuramente alcuni stili pittorici oggi non vanno più di moda, alcuni artisti che erano motivo di vanto in collezioni degli anni settanta o ottanta oggi si fatica a venderli. Proprio per questo una galleria deve essere aggiornata e stare al passo con i tempi, seguire l'andamento dei mercati ma anche "fiutare" i cambiamenti nei gusti, che riflettono, a loro volta, i cambiamenti della società».
Qual è il futuro dell'arte?
«Posso rispondere con una speranza: che si torni alla competenza. Si assiste spesso a tanta improvvisazione, a un artista va dato tempo di crescere, di evolvere, di tracciare un suo proprio percorso e avere una sua precisa identità. Invece viene visto come un prodotto commerciale, creando una bolla speculativa ad hoc per gonfiare le sue quotazioni, stressando la sua produzione fino alla saturazione del mercato e provocandone la conseguente uscita. Ciò comporta un danno non solo per l'artista, ma anche per il sistema e per la cultura. Per il futuro non si possono trascurare, poi, gli NFT (Non-Fungible Token, ndr), la nuova frontiera nel mondo dell'arte. La digitalizzazione sta aprendo le porte a nuovi artisti le cui opere virtuali, sedicenti "originali", possono essere oggetto di compravendita. Gli acquirenti diventano possessori unici e hanno l'accesso all'opera in alta risoluzione e la sicurezza, per la prima volta nella storia, che nessuno potrà sottrargliela o distruggerla».
Riusciranno mai gli NFT, titoli virtuali di opere virtuali, a prendere il posto nel cuore, nel portafoglio e sulle pareti di galleristi, collezionisti e appassionati, della Gioconda?
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