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Il dopo Bergoglio è un rebus. Conclave di svolta per la Chiesa

Ieri nell’omelia durante i funerali, il cardinale Giovanni Battista Re ha esortato «a costruire ponti e non muri». Il prossimo conclave sarà uno dei più complessi e difficili

Il dopo Bergoglio è un rebus. Conclave di svolta per la Chiesa

Piazza San Pietro gremita di fedeli per i funerali di Papa Francesco FOTO ANTONIO FRAIOLI

La sintesi di Ezio Mauro è stata indubbiamente potente: «Se Wojtyla fu l’anima e Ratzinger la mente, la Chiesa di Bergoglio è stata quella dell’umanità. Figlia di una visione che ai principi non negoziabili oppone “misericordia e abbraccio”. Lui è stato il cuore». E ieri nell’omelia durante i funerali, il cardinale Giovanni Battista Re ha esortato «a costruire ponti e non muri». Il prossimo conclave sarà uno dei più complessi e difficili. Perché viviamo in un mondo dove è tornata prepotentemente di attualità il tema della guerra: in Ucraina, a Gaza. E in tantissime altre parti. La Chiesa si è sempre adattata ai tempi ma stavolta non si tratterà di andare o meno “controcorrente”. Stavolta si tratterà innanzitutto di tornare alla normalità. Le dimissioni di Benedetto XVI hanno rappresentato un’eccezione che però ha scosso le fondamenta della Chiesa. La coabitazione tra Ratzinger e Bergoglio ha segnato un’epoca, finendo inevitabilmente con il dividere la Curia romana, il Collegio cardinalizio e l’intero apparato del Vaticano. Papa Francesco ha scelto di alloggiare a Santa Marta, non negli Appartamenti che avvolgono il cortile di Sisto V su due lati del terzo piano del Palazzo Apostolico nella Città del Vaticano. E ha voluto che le sue spoglie mortali riposassero in eterno nella chiesa di Santa Maria Maggiore, non nelle Grotte Vaticane. Il messaggio che ha costantemente mandato è uno solo: via gli orpelli e i simboli. Per marcare la distanza dai potenti e avvicinarsi ai più poveri. Ma il punto è che la Chiesa è anche un’istituzione e di quei simboli vive. Il problema è l’uso che se ne fa. Sarà uno degli argomenti da affrontare nei giorni del conclave.

Il cattolicesimo perde fedeli. Il tema vero è questo
Da troppi anni la Chiesa deve fare i conti con un’emorragia di fedeli, soprattutto di fedeli praticanti. I motivi sono tanti e profondi. Ma uno è sicuramente prevalente. Vale a dire l’idea che possa esistere un credo e si possa essere cristiani, anche “senza la chiesa”. Per questo motivo è importante tenere tutto insieme: l’attenzione agli ultimi ma pure il rispetto delle liturgie e dei simboli. Non è affatto detto che dal conclave uscirà un Papa “bergogliano”. Francesco sapeva perfettamente di essere divisivo, di usare un linguaggio fuori dalle convenzioni, di avere degli avversari. Perfino dei nemici. Così come sapeva bene di non essere riuscito a portare a termine tutte le riforme che aveva messo in cantiere. Ha nominato la stragrande maggioranza dei cardinali che voteranno al conclave. Ma questo non significa che i porporati sono uniti nel suo nome. Non è così, non è mai così. Ha scritto Massimo Franco: «Nella vulgata, Benedetto XVI è stato l’ortodosso per antonomasia, Francesco il riformatore quasi rivoluzionario. Eppure il gesto più rivoluzionario e dirompente, addirittura traumatico, è stata la rinuncia di Ratzinger nel 2013, senza informare il Collegio dei cardinali ma solo qualche stretto collaboratore. Bergoglio ha disarticolato diverse istituzioni della Chiesa, a cominciare dalla Segreteria di Stato, cuore del governo vaticano per decenni. Ma bisognerà capire che cosa resterà del suo papato in termini dottrinali. E comunque ha preferito resistere, governare per quanto ha potuto con la sua malattia, e morire dopo un ultimo giro in piazza San Pietro sulla sua macchinetta elettrica bianca, la cosiddetta Papamobile: una sorta di giro di commiato davanti al “suo” popolo. Ma dietro, si è avvertito il gesto commovente di chi sapeva che due Papi dimissionari, uno dopo l’altro, sarebbero stati troppo per la Chiesa cattolica». L’eredità del prossimo Pontefice sarà complicata e sfidante al tempo stesso. La priorità però è fare proselitismo, riportare i fedeli a messa. Giovanni Paolo I (al secolo Albino Luciani) disse: «La figura del Papa è troppo lodata. Si rischia di cadere nel culto della personalità, che io non voglio assolutamente. Il centro di tutto è, e deve essere il Cristo». Magari il conclave potrebbe ripartire da questo.


Sanità locale. Il manager Cavaliere traccia la rotta
Il neo direttore generale della Asl Arturo Cavaliere ha affermato che «la sanità pubblica della provincia di Frosinone ha subìto negli ultimi 15 anni una forte contrazione di risorse con la conseguente chiusura o riconversione di numerosi ospedali di prossimità o con la riduzione di posti letto per acuti». Per invertire la tendenza, ha aggiunto il manager, c’è bisogno di concretezza. Ha affermato: «È necessaria una piena convergenza di tutte le anime, politiche e amministrative, perché queste priorità siano condivise e considerate una vittoria di tutti, non solo della Asl, dei dipendenti o del direttore generale». Il segnale è chiaro: confronto con il territorio. Secondo Cavaliere «l’apertura delle Case di Comunità e degli ospedali di Comunità è la vera sfida epocale». Insomma, Cavaliere non si è nascosto, tracciando i confini della sfida. Accettando la sfida.

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