Spazio satira
La stanza della domenica
15.09.2024 - 12:00
Sussidi economici e benefici fiscali hanno un senso se ci sono delle politiche territoriali. La provincia di Frosinone conobbe il periodo di massimo sviluppo grazie all’inserimento nella Cassa del Mezzogiorno (1950-1992). Erano gli anni della realizzazione dell’autostrada del Sole, dello stabilimento Fiat del cassinate, del polo chimico nell’area di Anagni. In Ciociaria esisteva una visione di sistema che partiva dal presente e si proiettava nel futuro. Oggi in tanti stanno chiedendo a gran voce la previsione di aree cuscinetto per via della mancata inclusione della nostra provincia nella Zona Economica Speciale. Il motivo è semplice: a pochi chilometri di distanza (in Campania, in Abruzzo e in Molise) ci sono i benefici della Zes. E dunque un’impresa potrebbe decidere di trasferirsi per usufruire di vantaggi che qui non ha. Rientrare nella Zes è impossibile, inutile coltivare delle illusioni. Sulle aree cuscinetto occorre lavorare seriamente, con tempi contingentati. Ma quali sono (se ci sono) le politiche territoriali che si possono mettere davvero in campo? Attenzione: un compito del genere non spetta esclusivamente alla classe politica in senso stretto. Ci sono istituzioni, enti intermedi, associazioni di categoria, sindacati. Tutti dovrebbero porsi il problema e riflettere pure su un dato di fatto: se questa provincia ha perso attrattività è anche per le innumerevoli occasioni gettate al vento e che invece hanno fatto la fortuna di altre aree. Perfino l’ipotesi dell’insediamento di un hub di Amazon dalle nostre parti ha generato polemiche e tensioni. E alla fine l’opportunità è stata persa. Come accaduto per Enti Fiera e Parchi Giochi. Per non parlare di uno scalo aeroportuale civile e di una Stazione Tav. Ecco perché le politiche territoriali contano più dei sussidi economici.
L’allarme rosso e il rischio di ululare alla luna
Mentre la Consulta dei sindaci del cassinate si stava riunendo per dibattere sulle strategie di Stellantis, la multinazionale ufficializzava la notizia dell’investimento di 406 milioni di dollari in Michigan per il processo di elettrificazione. L’automotive è uno dei perni del sistema economico della provincia di Frosinone. Un progressivo e sistematico disimpegno mette a rischio la tenuta occupazionale del territorio, considerando anche l’indotto. E infatti l’allarme rosso risuona da anni. I sindaci hanno fatto bene ad accendere i riflettori, ben sapendo che le strategie industriali di una multinazionale prescindono perfino dalle dinamiche dei Governi. Ma la “battaglia” va combattuta fino in fondo, anche se il rischio di ululare alla luna è altissimo. Al recente Meeting di Rimini il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha detto: «Stellantis deve dirci come vuole realizzare la crescita del sistema dei veicoli nel nostro paese per raggiungere l’obiettivo del milione di veicoli, con cui Tavares disse di essere d’accordo. Devono rispondere in quali stabilimenti, se davvero faranno la quinta auto a Melfi, se davvero investono su Pomigliano, se davvero intendono realizzare a Cassino, se intendono fare la 500 ibrida a Mirafiori. Stellantis deve dirci anche con quali investimenti, perché non può presentarci contratti di sviluppo, come è successo, in cui richiede risorse allo Stato per ridurre l’occupazione. È Stellantis che deve capire che i contratti di sviluppo si fanno con chi crea occupazione, non con chi la riduce». È il momento delle risposte, anche e soprattutto sullo stabilimento del cassinate. Accanto ai sindaci però dovrebbero esserci l’intero Sistema Ciociaria.
Le infrastrutture unico antidoto alla desertificazione
Quello che sorprende davvero è “l’insostenibile leggerezza” di chi sembra non rendersi conto che soltanto i collegamenti infrastrutturali possono rappresentare una speranza per la Ciociaria. Quello che sorprende davvero è “l’insostenibile leggerezza” con la quale è stata affrontata la vicenda della Stazione dell’Alta Velocità da realizzare a 800 metri dal casello autostradale di Ferentino e dall’imbocco della superstrada. Su un’area già individuata. Ma quando è finito il tempo dei festeggiamenti e dell’esibizione delle coccarde, nessuno ha pensato che l’infrastruttura andava inserita nel Piano delle opere di Ferrovie dello Stato. E che il pressing doveva essere quotidiano. Un copione che la Ciociaria conosce bene. Il discorso può essere riaperto? Ovviamente tutti si guardano bene dal rispondere e dall’assumere iniziative concrete. Ma soltanto la Stazione Tav toglierebbe queste territorio dalle sabbie mobili della desertificazione. Un’opera del genere rappresenterebbe un catalizzatore di livello nazionale sia sul versante del trasporto dei passeggeri che delle merci. La Stazione Tav avrebbe la stessa strategicità che in passato ha avuto l’autostrada. Davvero si fatica a capire per quale motivo la realizzazione di questa infrastruttura non diventi il “cavallo di battaglia” dell’intera classe dirigente del territorio. Poi c’è il tema dello scalo aeroportuale civile. Pensiamo all’interconnesione con una stazione Tav. La frase che più abbiamo sentito ripetere ogni volta che si palesa un’opportunità per questa provincia è «non si può fare». Un modo sbrigativo per evitare perfino di provarci. Uno scarico di responsabilità preventivo. Francesco De Gregori canta: «Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera». Questa provincia ha invece bisogno di gente che non abbia paura di uscire di casa, di metterci la faccia, di centrare risultati. In una parola, di politiche territoriali.
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