Cassino
05.06.2025 - 10:00
Sandro Di Carlo
«Di Carlo aveva come dei cortocircuiti, evidenziati anche dal diario del carcere. Delle “assenze epilettiche”, a seguito delle quali uno si dimentica tutto quello che ha fatto prima e che durano per pochissimo tempo. Non si tratta di psicosi: avrebbe dimenticato. Sono momenti brevi». Un’analisi tecnica puntuale, quella portata ieri in aula dal professor Vincenzo Mastronardi, psichiatra e criminologo, consulente della difesa di Sandro Di Carlo, l’operaio di Cassino arrestato per la morte della dominicana Yirel Peña Santana, uccisa brutalmente a 34 anni. Il professor Mastronardi - già chiamato a relazionare sia in sede di incidente probatorio che in aula - è stato ascoltato ieri sulla relazione della dottoressa Cristina Scarpazza (un altro consulente della difesa rappresentata dagli avvocati Sandro Salera, sostituito in aula dal figlio Vittorio, e Alfredo Germani) in merito alla risonanza magnetica funzionale a cui il giovane è stato sottoposto. Una risonanza che per la professoressa avrebbe fatto rilevare delle anomalie. Dopo l’escussione del professor Mastronardi, il pm Mattei ha chiesto che alla luce dei nuovi esami fosse riascoltato il perito del tribunale, il professor Nicolucci. A tenere banco, dunque, ancora una “guerra” tra perizie e consulenze. Nicolucci verrà escusso il prossimo 16 giugno ma al momento non è previsto un confronto. Nella stessa sede è attesa la requisitoria del pm, poi il 2 luglio la discussione delle difese e il 21 - salvo contrattempi - la sentenza.
L’udienza
Un’udienza complessa, quella di ieri. A cui hanno preso parte sia Di Carlo che la madre di Yirelis (assistita dall’avvocato Marco Rossini), insieme ad alcuni familiari della giovane vittima colpita con diverse coltellate dopo essere stata picchiata in un appartamento del centro di Cassino, in via Pascoli. Delitto del quale è stato accusato Di Carlo per un’impronta insanguinata rilevata nella camera da letto e per altri dettagli investigativi. Ma che si è sempre detto estraneo alle accuse. «Attraverso la risonanza funzionale è stato possibile analizzare ogni “fettina” del cervello, evidenziando delle anomalie in alcune zone. Soprattutto in quella deputata a valutare ricompense e punizioni - ha affermato Mastronardi - Alterazioni che potrebbero portare a far ipotizzare una sorta di invecchiamento precoce, un dettaglio che non poteva essere visto altrimenti. Una patologia che può determinare un discontrollo degli impulsi. C’è stata una delega tra i servizi deputati: da parecchio tempo si era resa necessaria una collocazione in una comunità terapeutica». «Questo caso clinico è particolare. Ritengo si possa parlare di una personalità borderline con un libero arbitrio condizionato da crisi epilettiche e anche da alcune anomalie» aggiunge. Ovviamente, spiega il professore, a rendere tutto più critico sarebbe stata l’assunzione di alcol e anche la mancanza di farmaci, come si suppone sia accaduto nei giorni precedenti al delitto di cui il giovane viene accusato, ma che ha sempre negato. «Con l’alcol viene a slatentizzarsi una istintualità che va a compromettere alcune patologie e la capacità di intendere e volere». Valutazioni già portate in aula dal professore e ieri ratificate. «Ove Di Carlo abbia commesso questo reato, ci deve essere stata una “miccia”?» ha chiesto la Corte. «Tutto lascia pensare questo, che ci sia stato qualcosa che ha abbia rappresentato una Santabarbara. Ipotizzo che senza la causa scatenante non avremmo avuto reazioni» prosegue Mastronardi. I gesti successivi al delitto appaiono nella ricostruzione bizzarri. L’orologio rotto sottratto alla vittima e custodito nel cassetto, i panni sporchi non gettati via, le scarpe con il sangue ancora ai piedi. «Forse una reazione infantile, un modo per proteggere se stesso. Non escludo neppure che possa essere un problema di personalità» ha aggiunto Mastronardi.
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