L'intervista
11.11.2025 - 13:00
Dietro il successo de “La femminanza” si cela un lavoro certosino durato circa trent’anni. Un lavoro fatto di ascolto, di dialogo, di appunti impressi sul quaderno della memoria. Storie di vita che Antonella Mollicone ha raccolto da quando era appena una bambina, ascoltando i racconti delle donne del suo paese, Rocca d’Arce. È proprio lì che “La femminanza” è nato, circa trent’anni fa, tra le strade di paese e le chiacchiere di signore anziane, che ricordavano la loro infanzia e adolescenza.
Antonella Mollicone, attraverso una scrittura diretta, priva di filtri e senza intermediazioni, restituisce il racconto di un mondo ancestrale e contadino, fortemente radicato al territorio e alle tradizioni. Le donne, anticonformiste e libere, guidano le nuove generazioni proprio nella “Cerchia”, formando nuove giovani che non abbiano paura di essere indipendenti e spregiudicate, in un’epoca in cui esserlo, per il genere femminile, non era sicuramente la normalità. Storie di donne, dunque, ma soprattutto storie vere di un territorio che ha tanto da dire e che Antonella ha voluto raccontare in maniera meticolosa e dettagliata.
Nessuna finzione, da parte dell’autrice, che ha tratto esempio dalla realtà, parlando nel suo romanzo di persone esistite davvero e di storie reali, mescolate tra loro. «Ho promesso che avrei mantenuto i loro segreti e dunque il loro anonimato», ha spiegato l’autrice, che ha occultato le confidenze delle sue compaesane tra le pagine, celandole dietro nomi inventati.
Antonella Mollicone ha raccontato a “Zapping” il successo del romanzo che nelle prime settimane dopo la pubblicazione ha raggiunto la top 10 a livello nazionale, rivelandosi un grandissimo successo letterario non solamente in Ciociaria.
Antonella, come è cominciata la tua avventura nel mondo dei libri?
«È iniziata quando ero piccolissima. Avevo 9-10 anni e ho cominciato appuntando dei pezzi di storia della mia famiglia e del mio paese. Negli anni le mie indagini si sono ampliate a tutto il Lazio meridionale. L’episodio che mi ha portato a scrivere “La femminanza” risale a quando avevo circa 9 anni. C’era una cerchia di donne che si era unita: mi ha incuriosito talmente tanto che ho deciso di indagare, capire e fan capire cosa succede nel mio territorio».
Prima di scrivere questo romanzo hai fatto anche tante altre cose, dedicandoti a studi di vario genere…
«Io ho una formazione classica. Mi sono laureata in lettere classiche, poi presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana ho conseguito la licenza e mi sono occupata soprattutto di epigrafi latine e greche. L’amore per la ricerca mi ha portato a ricoprire diversi ruoli in questo ambito: ho lavorato come ricercatrice letteraria e mi sono occupata anche dei musei di Vincenzo Bianchi, aprendo anche Bibliotè a Sora, un caffè letterario che ho portato avanti per quindici anni. Sono dunque stata una libraria e da ex libraia conosco l’importanza di questo mestiere, e per questo ringrazio chi sta facendo un ottimo lavoro con il mio libro».
Il tuo romanzo sta ottenendo infatti ottimi risultati in termini di vendite già dalle prime settimane dopo l’uscita. Lo immaginavi?
«Me lo auguravo, ma non ci credevo. Che il romanzo entrasse fin da subito in classifica e che in poche settimane fosse uno dei più letti, non me lo aspettavo. È un risultato ottimo che sicuramente è stato in qualche modo creato dalla Casa Editrice Nord. Mi sta molto vicino e io lo sento e li ringrazio. Così come ringrazio i lettori».
Un successo importante in Ciociaria e non soltanto…
«Mi arrivano foto da tutta Italia, da Vicenza e Bolzano, passando per Milano e Genova ma anche al Sud, come in Sicilia. Per me è un grande onore il fatto che “La femminanza” si stia diffondendo così tanto».
E con il dialetto, come se la stanno cavando i non ciociari?
«Molti si appassionano proprio alla ricerca di questo linguaggio, che doveva essere per forza radicato nel contesto di cui parlo. Io ho cercato comunque di renderlo comprensibile attraverso una sorta di spiegazione tra le righe. Quando ci sono termini più incomprensibili, ho reso comunque intuibile il senso».
“La femminanza” parla di donne, donne che fanno parte di una cerchia, un gruppo che stimola l’indipendenza, la libertà, il pensiero proprio. Una cosa non comune agli inizi del Novecento…
«È vero, non comune, ma esistente. Tutto il romanzo è ispirato a storie vere. Io ho trovato davvero quella cerchia che ho chiamato così perché era una cerchia di segreti. Donne che parlavano di cose di vita vera, anche di sesso. Una cerchia di donne che ha cercato anche di avviare una piccola attività imprenditoriale attraverso la filatura della lana. Sono donne all’avanguardia, ma non così rare in quel periodo. Sono donne che non si sottomettono e questo protegge la loro anima, ma non sono delle eroine fuori dal loro contesto. Sono donne che vivono nel contesto in cui la vita le ha poste. È un gruppo di donne schietto, la cui forza è proprio la pazienza, la lentezza del quotidiano nel quale vivono. E in loro c’è una sorta di buon senso comune e senso dell’anima. Sono donne concrete e inserite in quel periodo, nutrono loro stesse e gli altri, e gettano dei semi che hanno dato frutti nel nostro territorio».
Una delle figure presenti nel libro è quella di Camilla, che si affida a Peppina per diventare levatrice e per imparare tante delle cose che sa. Questa figura è ispirata a una persona in particolare?
«Quelle di cui parlo nel libro sono tutte donne vere. Sono donne che io ho incontrato, che ho conosciuto anche nei racconti da parte di altre donne. Sono talmente vere che spesso ho dovuto intrecciare le storie di questo romanzo perché ho promesso che non avrei mai rivelato la loro identità. Un po’ di menzogna c’è, ci deve essere, ma è davvero poca, perché è tutto ispirato a donne vere. In Camilla, Peppina, Vincenzona, non c’è una sola donna, ma tante. Ci sono tanti destini e io ho cercato di intrecciarli, ma mi sono ispirata a storie vere. L’ho fatto perché ho promesso che avrei mantenuto la loro identità e i loro segreti, senza svelare i nomi».
Scriveresti mai un romanzo che non sia ambientato nel tuo territorio?
«È probabile. Il materiale che ho raccolto in trent’anni di indagine è talmente tanto che è probabile che ci sia anche per un altro libro. Ma non escludo nulla».
Nel leggere questo libro viene in mente “I Leoni di Sicilia”, una saga familiare come la tua. A chi ti sei ispirata per scrivere questo romanzo?
«Le saghe familiari hanno tutte questo filo conduttore. In particolare quelle della Casa Editrice Nord, hanno un filo diretto. Sono contesti diversi ma sempre con la stessa anima, la volontà di raccontare queste donne. Ci sono tanti libri e tanti autori che mi hanno ispirato, come ad esempio Michela Murgia e Andrea Camilleri. Mi hanno ispirato anche nel linguaggio, che credo debba essere crudo, sfrontato, diretto, senza ingentilire le cose».
Questo romanzo è fortemente ancorato al territorio. Ti auguri che possa incentivare la diffusione della cultura in questa regione e soprattutto l’amore per la lettura?
«Assolutamente sì. Questo romanzo è di tutti noi. Mi fa davvero piacere che “La femminanza” abbia questo successo ma quello che mi fa ancora più piacere è che questo territorio esca fuori in tutta la sua ricchezza, la sua spiritualità e il suo passato. È vero, forse c’è una difficoltà in questo senso, ma ci sono tanti semi che sono stati gettati negli anni e che sono certa porteranno dei risultati importanti nell’avvenire».
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione