Dal beta-esaclorocicloesano alle mucche morte sul rio Mola Santa Maria per arrivare alla puzza di Ceccano. L'inquinamento del fiume Sacco prosegue, come dimostrano le inchieste giudiziarie (l'ultimo sequestro ai danni di un'azienda è di pochi giorni fa), le analisi epidemiologiche sulla popolazione e i risultati sulla qualità delle acque. Se a portare alla ribalta il caso valle del Sacco è stata la morìa di vacche sul rio Mola Santa Maria, a distanza di 13 anni da quel 19 luglio 2005, la situazione è ancora all'anno zero o quasi. Della bonifica non ci sono ancora tracce tangibili, mentre i processi o sono fermi o vanno avanti lentamente o si sono conclusi con un'assoluzione.

Era il 19 luglio di 13 anni fa. Era pomeriggio quando un agricoltore trovò le prime mucche morte, a ridosso del ruscello. Alla fine se ne conteranno 25. Si mobilitarono tutti, dalle forze dell'ordine (carabinieri, forestale e polizia provinciale intervennero sul posto) alla politica. Si parlò di «una tragedia anomala» e di «un episodio di avvelenamento». Ci furono gli abbattimenti con conseguente danno a un'economia, storicamente agricola. Del resto solo alcuni mesi prima, un po' più a Nord, era scoppiato il caso del beta-esaclorocicloesano trovato nel latte di un'azienda agricola di Gavignano dopo un controllo a campione.
Ma quella sostanza il b-Hch saltò fuori nel latte di altre 36 aziende tra Segni, Gavignano, Colleferro,Anagni e Sgurgola. Segno che l'inquinamento non era episodico, come avrebbero dimostrato, anni dopo, le indagini epidemiologiche sulla gente che vive nella zona a ridosso del Sacco. La battaglia per la bonifica è passata dall'inclusione del fiume Sacco nel Sin, il sito di interesse nazionale. Ma questo, a un certo punto, venne declassato nel 2012. Ne seguì una battaglia giudiziaria, grazie anche agli sforzi delle associazioni ambientaliste, che ha consentito di reinserire, due anni dopo, il fiume tra i siti nazionali.

In un periodo più recente, è stata la volta della riperimetrazione che è servita a indicare le aree a rischio e quelle sulle quali occorre valutare se e quali interventi di bonifica effettuare. Nel frattempo, tante aree erano state interdette alla coltivazione, mentre erano fioccate le ordinanze di divieto d'uso dei pozzi e delle acque ritenute contaminate.
Sotto accusa pure le tante discariche sorte più o meno indiscretamente e che con gli anni hanno prodotto la contaminazione delle falde acquifere, come è il caso della discarica di via Le Lame a Frosinone.

Il cuore del problema è a Colleferro, lì dove sorgevano le industrie militari e chimiche, ma l'inquinamento ormai riguarda tutto il corso, fino a Ceprano e oltre. Di pari passo all'allarme sociale, è scattato quello per la salute umane. Diversi studi, infatti, hanno evidenziato la correlazione tra inquinamento del suolo e malattie. Le sostanze velenose sono entrate nella catena alimentare. E a farne le spese è stato chi mangiava prodotti della zona.