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L’omicidio di Arce

Serena Mollicone, si riaccende la speranza

Nuovo processo di appello a 24 anni dal delitto della diciottenne . Parla Gaia Fraioli, cugina della vittima: «Non ci siamo mai arresi»

Serena Mollicone, si riaccende la speranza

Serena Mollicone è stata assassinata. È il 3 giugno del 2001. Una domenica mattina movimentata perché tutti in paese sono alla ricerca della giovane studentessa di diciotto anni, scomparsa ormai da due giorni. Nei volti c’è ancora la speranza di trovarla viva. Fino a quando i soccorritori notano qualcosa di strano nel boschetto di Fonte Cupa, a otto chilometri da Arce. È il corpo di Serena. Mani e piedi legati, scotch sulle labbra e una busta nera sulla testa.  A ventiquattro anni da quel brutale delitto, pieno di misteri, testimonianze ritrattate troppe volte, arrestati e poi assolti, il suicidio di un carabiniere, oggi si è aperto un nuovo capitolo. Il 22 ottobre c’è stata la prima udienza del nuovo processo di secondo grado contro la famiglia Mottola e la prossima è in programma tra pochi giorni, mercoledì 19 novembre. Gli imputati sono Franco Mottola, allora comandante della stazione dei carabinieri di Arce (quando è avvenuto il delitto di Serena), suo figlio Marco e sua moglie Anna Maria. Secondo l’accusa, Serena sarebbe stata uccisa nella caserma di Arce. Ricordiamo che i Mottola, indagati ufficialmente nel 2011, sono stati assolti nei processi di primo e secondo grado. Ma la Cassazione ha stabilito che l’appello debba essere rifatto. Insomma, si riparte. La Procura generale di Roma ha chiesto di ascoltare oltre cinquanta testimoni, tra cui i consulenti, e una nuova perizia sul buco della porta della caserma dei carabinieri di Arce. A pochi giorni dalla seconda udienza del processo d’appello bis abbiamo intervistato Gaia Fraioli, cugina di Serena, che in tutti questi anni non ha mai smesso di cercare la verità, perché a oggi il delitto resta senza un colpevole.

Torniamo a quella domenica del 3 giugno del 2001. Gaia, cosa ricordi?

«Quello è stato il giorno più brutto della nostra vita. Avevo quattordici anni ed ero tornata da poco dalla piazza dove si svolgevano principalmente le ricerche».

E cosa è successo?

«Poco dopo sono tornata a casa, quasi subito, perché non mi sentivo molto bene. Ricordo solamente le urla strazianti di mia madre. Così mi sono alzata dal letto e l’ho vista che sbatteva letteralmente la testa sul pavimento per il dolore. E da lì ho capito che Serena era stata trovata morta. Per noi è un vuoto talmente grande che non riusciremo a colmare mai».

Nei giorni precedenti, invece, qual era l’aria che si respirava in paese?

«Abbiamo saputo della scomparsa di Serena solamente sabato 2 giugno perché mio zio Guglielmo pensava che fosse stata una dimenticanza di mia cugina. Serena era un po’ una “cavalletta”, mi piace ricordarla così. Era un po’ troppo ingenua quindi noi pensavamo, anzi speravamo, che si fosse dimenticata di avvertire a casa. Pensavamo e speravamo che si fosse fermata da qualche amichetta magari a dormire, a studiare, e che il telefono le si fosse spento».

Poi però il tempo passava e di Serena ancora non arrivava alcuna notizia...

«Quando si è fatto buio zio Gugliemo ha visto che Serena non tornava, solo allora ha iniziato a preoccuparsi. Ha chiamato anche il suo fidanzatino di quel tempo che però non l’aveva proprio sentita».

Da qui sono partite le ricerche?

«Sì, zio ha chiamato a casa per chiedere se avevamo una foto recente di Serena perché mio padre faceva il fotografo e avevamo tutte le foto delle cerimonie conservate negli album. Da lì abbiamo capito che qualcosa non stava andando nel verso giusto e abbiamo iniziato a pensare al peggio».

Quando hai visto Serena l’ultima volta?

«Pochi giorni prima c’era stata comunque la festa patronale. Ci eravamo incontrate proprio lì tra le bancarelle, le luci colorate, il profumo delle noccioline e le sue Dr. Martens».

Qual è il ricordo più bello che hai di lei?

«La domenica. Andavo sempre a pranzo da mia nonna e Serena mi aspettava dopo pranzo con una rosetta. Aspettava che io salivo sopra da lei per mangiare insieme questo panino e per farmi colorare. Era un po’ una mamma per me e per mio fratello».

Chi era Serena?

«Una ragazza di diciotto anni con tanti sogni, ambizioni, studiosa. Una ragazza perbene con gli occhi che le brillavano. Questi occhi verdi in mezzo a tante lentiggini. Era piena di vita, di amore per gli animali, per la musica, per la sua famiglia nonostante avesse vissuto già tanto dolore. A soli sei anni aveva perso la mamma. Ma nonostante questo non si era mai persa d’animo, anche se purtroppo i suoi sogni sono rimasti piegati in un cassetto».

In quei giorni qual è stata l’atmosfera? Avete avvertito anche un po’ di omertà?

«È molto strano che nessuno abbia né visto e né sentito Serena. Soprattutto visto, perché ci sono alcune testimonianze di persone che l’hanno notata a Isola del Liri o in paese. Sono ricordi importanti perché riguardano le ultime ore di vita di una ragazza di soli diciotto anni».

A cosa ti riferisci?

«Mi chiedo come mai queste persone tendono a dimenticare così in fretta. Durante questi anni le testimonianze sono cambiate e hanno fatto sì che niente fosse più chiaro come lo era all’inizio. Quindi sicuramente l’omertà non è stata vissuta tanto all’inizio, ma adesso. Perché noi ci ritroviamo ad aver vissuto un processo che è stato un “processo farsa” perché tante testimonianze non sono andate fino in fondo, tante persone, tanti testimoni hanno detto cose un po’ fuorvianti e quindi noi ci domandiamo, perché tutto questo? Perché negare, oppure omettere, delle cose che invece sono importanti?».

Il delitto oggi è ancora pieno di misteri. E soprattutto senza un colpevole. Cosa è stato sbagliato secondo te?

«Se tutto fosse andato come sarebbe dovuto andare ci ritroveremmo adesso con una persona in carcere. Mai nessuno ci riporterà Serena indietro, però sicuramente sapere che c’è qualcuno che sta pagando sarebbe anche per noi un sollievo. Sicuramente qualcosa che sarebbe dovuto andare diversamente c’è».

Il giorno del funerale di Serena è una giornata che è passata alla storia non solo per il delitto di una studentessa così giovane ma anche perché suo papà Guglielmo è stato prelevato da un carabiniere in borghese proprio durante la cerimonia. Cosa ricordi?

«Anche su questo episodio l’appello bis darà delle risposte».

C’era qualcuno che ha provato a far cadere la colpa su di lui?

«Spero di no. Sicuramente il fatto di aver preso mio zio, di averlo prelevato durante il funerale di mia cugina è stato un fatto anomalo che deve essere approfondito».

Ci sono state conseguenze?

«I primi giorni dopo la morte di Serena tante persone si sono improvvisate “detective” e in parecchi si sono fatti un’idea sbagliata. A casa arrivavano lettere anonime, alcune anche firmate, in cui mio zio veniva incolpato di aver ucciso sua figlia. Un duro colpo per tutti noi».

Dopo la morte di Guglielmo Mollicone molti dicono che sei stata un po’ tu quella che ha proseguito la sua battaglia. È così?

«Sto facendo tutto quello che Serena avrebbe fatto per me perché era una persona veramente buonissima e avrebbe fatto di tutto per battersi contro un’ingiustizia così grande. Insieme a me si stanno battendo anche Consuelo, la sorella di Serena, mia cugina Luana, zio Antonio e zio Armida, come si sta battendo tutta la mia famiglia. Chi magari in silenzio, chi dietro le quinte, chi con eventi o con manifestazioni».

Quanto è importante ricordare ancora oggi Serena?

«La memoria di Serena deve restare viva e soprattutto non deve spegnersi quell’ultima fiaccola che abbiamo ancora accesa, che è quella della speranza. Finché se ne parla, finché la ricordiamo siamo sicuri che qualcosa accadrà».

Cosa è successo la mattina della scomparsa?

«È la domanda che ci facciamo da più di ventiquattro anni. Non lo sappiamo davvero cos’è successo quella mattina. Sappiamo solamente che Serena ha subìto un’ingiustizia. Ricordiamo che è stata lasciata da sola al buio in una campagna in mezzo ai rifiuti con mani e piedi legati e un sacchetto sulla testa».

È questa la cosa che vi fa più male?

«Sì, pensare che Serena abbia sofferto. Serena è morta dopo più di otto ore di agonia. Poteva essere salvata, invece è stata lasciata morire. Vogliamo solamente la verità».

Dopo il ritrovamento del corpo di Serena avete sempre creduto che questo è stato un delitto di gruppo?

«Ci siamo sempre affidati a professionisti. I carabinieri del Ris hanno detto che non è possibile che una sola persona abbia potuto fare tutto questo. Perché Serena è stata trasportata da un luogo a un altro. Sicuramente non è morta dove è stata ritrovata».

Dalle prime indagini sembrava che il colpevole fosse stato trovato. Carmine Belli è finito in carcere con l’accusa di aver ucciso Serena. Una persona che voi conoscevate?

«Ad Arce ci conosciamo tutti e conosciamo anche Carmine Belli. In realtà non abbiamo mai creduto che fosse stato lui».

Belli ha trascorso comunque diciotto mesi in carcere...

«È stato solo l’ennesimo depistaggio. Forse è stato soltanto troppo ingenuo e una persona così non avrebbe mai potuto compiere un atto così atroce. Neanche le bestie riuscirebbero a fare una cosa del genere. Anzi, le bestie sono molto più umane di alcune persone».

La testimonianza del brigadiere Santino Tuzi, poi ritrattata, poi riconfermata. Insomma, anche questo un caso che lascia tanti dubbi...

«Nel 2015 abbiamo anche rischiato l’archiviazione per l’omicidio di Serena. E la testimonianza di Santino Tuzi ha fatto sì che qualcosa si riaccendesse perché altro non ha fatto che confermare quello che mio zio Guglielmo sosteneva da anni».

Che Serena è stata uccisa nella caserma dei carabinieri?

«Quella di Tuzi è stata una testimonianza importante. Finalmente qualcuno aveva avuto il coraggio di dire quello che aveva visto o sentito. In due, se non tre, adesso non ricordo benissimo, hanno riferito all’inizio di aver visto Serena litigare con una persona molto vicina alla caserma proprio nelle ore precedenti all’omicidio».

Poi però qualche giorno dopo è arrivato anche il suicidio di Santino Tuzi. Voi che idea vi siete fatti?

«Anche su questa vicenda ci sono tante cose da chiarire. Maria, che è la figlia di Santino Tuzi, si sta battendo con le unghie e con i denti per far sì che emerga la verità».

Come avete reagito alle due assoluzioni della famiglia Mottola?

«Noi speriamo solo che arrivi giustizia e verità per Serena. Vogliamo capire quello che è successo e soprattutto vogliamo che chi ha fatto quello che ha fatto finalmente paghi».

Cosa diresti a Serena se potesse sentirti?

«Che le vogliamo tanto bene, che sentiamo ancora la sua voce. A volte la ricordiamo durante le sue piccole “bravate”. Io le direi che non abbiamo mai smesso di pensare a lei, di volerle bene e di abbracciarla. Anche se purtroppo non è più qui con noi».

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