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Frosinone

La lettera di un docente: «La vicenda ha la tristezza di un gesto grave»

Il post pubblicato sulla pagina Facebook dell’istituto “Angeloni”

La lettera di un docente: «La vicenda ha la tristezza di un gesto grave»

Sulla pagina social dell’istituto “Angeloni” di Frosinone è comparso, ieri pomeriggio, un post di presentazione di una lettera aperta di un docente «che crede fermamente nella scuola quale luogo di cultura, crescita, speranza, libertà - si legge sul profilo Facebook - nel rispetto dei diritti delle persone e nella osservanza dei doveri». Una lettera che il docente vuole condividere con chi come lui ha fatto della scuola e dell’insegnamento la propria vita.

«Né dolcetto né scherzetto. Il fatto accaduto ieri (venerdì, ndr) nella nostra scuola e in altro istituto della città non ha niente del dolcetto o dello scherzetto che da lì a poche ore i nostri ragazzi avrebbero festeggiato con aria spensierata». Inizia con queste considerazioni la lettera. «La vicenda ha il sapore amaro e la tristezza di un gesto grave, che ancora una volta ha fatto riemergere la questione educativa e il problema giovanile. Questo gesto mi interroga come docente e come insegnante, ho volutamente usato questi due termini perché più che la parola professore mi costringono a riconsiderare la nostra missione. Si proprio una missione, quella di entrare in classe ed essere per i nostri alunni, per i colleghi e per tutto il personale scolastico, testimoni di una bellezza, di una speranza per la vita. Docente colui che mostra, insegnante colui che in segna che mette nei ragazzi un seme che non sapremo mai se e quando fiorirà, ecco quello a cui siamo chiamati. Le analisi che ho sentito, la frustrazione di molti colleghi e amici che hanno letto la notizia sui social non può essere una scusa per non impegnarci. La disillusione non può fare parte della vita di un docente».

Il professore sottolinea nella lettera aperta che «i ragazzi ci guardano, soprattutto a questa età, magari non lo danno a vedere, ma se incontrano uno certo, vivo, innamorato del proprio lavoro, si attaccano come un koala alla canna di bambù. Non possiamo derubricare il tutto a “ragazzata” o “fatto goliardico” solo per non affrontare il problema, no questo non serve, anzi forse peggiora ancora di più la situazione. Abbiamo bisogno di giudicare, di discernere ciò che è bene e ciò che è male, senza recriminazioni o minimizzare la questione, anche questo fa parte del nostro lavoro. I nostri ragazzi sono fatti per un di più, sono fatti per cose grandi, meritano un di più. Ecco un di più, questo deve essere il nostro ritorno a scuola lunedì, un di più nel guardarli per quel grande desiderio che hanno e che abbiamo avuto noi alla loro età ma che sembra abbiamo perso noi adulti».

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