L'intervista
02.11.2025 - 18:00
Enrico Coppotelli, segretario generale Cisl Lazio
Un fermo dopo l’altro, un silenzio sempre più assordante e un territorio che lentamente si svuota, di lavoro e di speranza. Nel cuore della Ciociaria, la vertenza Stellantis di Cassino ha ormai superato la soglia dell’allarme rosso. Da anni si susseguono promesse, tavoli, annunci di rilanci che non arrivano mai. Oggi, invece, c’è solo l’ennesimo stop produttivo: dal 3 al 7 novembre le linee dello stabilimento di Piedimonte San Germano resteranno ferme ancora una volta. Montaggio, lastratura, verniciatura: tutto sospeso, salvo il minimo indispensabile per riavviare gli impianti. La maggior parte dei lavoratori sarà di nuovo a casa esattamente come dal 15 al 31 dicembre (con i residui di ferie e i par) per lastratura, verniciatura e montaggio.
Le cifre raccontano una crisi che non conosce tregua. Nei primi nove mesi del 2025 da Cassino sono usciti poco più di 14.000 veicoli – il 28,3% in meno rispetto al 2024 – e il rischio è che la produzione non arrivi neppure a 20.000 unità entro fine anno. Numeri che fotografano un declino industriale ormai strutturale, ben oltre l’emergenza. «Siamo abbondantemente oltre l’allarme rosso», scandisce con amarezza Enrico Coppotelli, segretario regionale della Cisl, che proprio nei mesi scorsi aveva lanciato un appello chiaro e netto: servono risposte, servono visioni.
Un fermo dopo l’altro con ricadute territoriali drammatiche, eppure nulla mai cambia
«A giugno, proprio a Ciociaria Oggi, dissi: ora risposte certe sul futuro dello stabilimento. Siamo oltre la soglia dell’allarme rosso. Stiamo ai fatti. Stellantis ha comunicato un nuovo stop produttivo per l’intera settimana tra il 3 e il 7 novembre. Un fermo che coinvolgerà i reparti di montaggio, lastratura e verniciatura. Nei due reparti di carrozzeria verrà impiegato solo il personale necessario al riavvio degli impianti, mentre la maggior parte degli addetti resterà in cassa integrazione. La produzione delle Alfa Romeo Giulia e Stelvio e della Maserati Grecale continua a viaggiare su volumi minimi, tali da poter essere concentrati su un solo turno. Secondo gli ultimi dati Fim-Cisl, a Cassino, Stellantis ha prodotto poco più di 14.000 vetture (-28,3% sul 2024) nei primi nove mesi dell’anno, con il rischio che lo stabilimento non arrivi neanche a 20.000 a fine 2025. Quindi, di cosa stiamo parlando? Non c’è alcun segnale che vada in una direzione positiva. Anzi, la fabbrica è in condizioni di abbandono e di degrado. Siamo abbondantemente oltre l’allarme rosso».
Nuovi modelli posticipati al 2028, reggerà il territorio?
«La risposta è no: il territorio non può reggere fino al 2028. Ribadisco, con maggiore preoccupazione, il mio pensiero dei mesi scorsi: il settore dell’automotive sta per esplodere e vanno prese decisioni drastiche, non c’è più tempo. Dobbiamo immaginare che i lavoratori dello stabilimento di Piedimonte non possano continuare a sopravvivere di cassa integrazione. Recentemente è stata approvata in Senato la legge sulla partecipazione e noi crediamo che da lì dobbiamo assolutamente ripartire, perché soprattutto il tema dell’intelligenza artificiale ci porterà a dover governare questi processi. Non si può continuare a vivere alla giornata, senza prospettive, con buste paga falcidiate. L’indotto è in un clima di costante e pericolosa incertezza. Come Cisl avevamo sostenuto il rifinanziamento della legge regionale 46, meglio conosciuta come legge sull’indotto Fiat. Ma una rondine non fa primavera. Ora la situazione è perfino peggiorata. La crisi dell’automotive è un’emergenza nazionale ed europea e in questo contesto la crisi dello stabilimento cassinate di Stellantis è ancora più grave. Ritengo che a stretto giro di posta (cioè nell’arco delle prossime due settimane) il Governo e la Regione Lazio debbano far sentire tutta la loro “pressione” nei confronti della società. È tempo che Stellantis dica cosa davvero immagina per lo stabilimento di Cassino. Serve una visione industriale vera, servono investimenti concreti, serve un rilancio reale. Siamo preoccupati perché Alfa Romeo e Maserati hanno detto che ci sarà un rinvio dei nuovi lanci al 2028. Il territorio non può sopportare altri due anni in questo modo. È in gioco una fetta determinante del sistema occupazionale, produttivo e perfino sociale della Ciociaria. Non si può continuare a vivere alla giornata, senza prospettive, con buste paga falcidiate. L’indotto è in un clima di costante e pericolosa incertezza. E ha già pagato un prezzo altissimo. Dietro ogni lavoratore ci sono famiglie, figli, spese. Dietro ogni lavoratore c’è un presente da fronteggiare e un futuro da programmare. Basta con questa incertezza sulla pelle dei lavoratori».
Riconversione? Se sì percorrendo quale strada?
«Poche settimane fa - continua Coppotelli - nel corso di un convegno feci presente che da qui a pochi anni le fabbriche di automotive saranno sempre più robotizzate e con sempre meno addetti. Aggiungendo che il rischio che abbiamo davanti è quello di ritrovarci con lo stabilimento di Cassino Plant trasformato in un reperto di archeologia industriale. Per scongiurare ciò, non è peregrina l’ipotesi di guardare a uno dei settori dove si sta investendo di più, come per esempio proprio la difesa e l’aerospazio, per ipotizzare un piano di riconversione dello stabilimento e dell’area del cassinate. Un progetto quindi di un futuro nuovo per l’industria dell’automotive che non sia soltanto difensivo ma propositivo, da realizzare sia con fondi europei che nazionali. Una tale ipotesi, affiancata dal progetto di istruzione di alto profilo rappresentato dalla realizzazione di un Its academy per l’aerospazio, rappresenterebbe un vero valore aggiunto non solo per il territorio della Ciociaria ma per tutta la regione. Ma tutto questo riguarda la necessaria programmazione del futuro. E certo un’ipotesi di riconversione sarebbe una risposta seria.
Alternative non ce ne sono. Ma ora dobbiamo concentrarci tutti per evitare un disastro economico, sociale, industriale e produttivo che travolgerebbe l’economia della nostra provincia. La situazione è grave». Ribadisce, dunque, la complessità e “pericolosità” della situazione, uno stato di attesa che sta logorando lavoratori e territorio, dove il fiato è corto e non si può certo attendere l’arrivo di nuovi modelli con tempi così prolungati.
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