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L'intervista

Una generazione alla deriva. Parla lo psicologo Alessio Silo

Bullismo, perdita di valori e mancanza di punti di riferimento: i giovani sembrano smarriti. Lo psicologo analizza le radici di un malessere sempre più diffuso tra gli adolescenti

Alessio silo

Alessio Silo, psicologo clinico con una lunga esperienza nelle scuole

Crescono senza regole, ignorano l’autorità, oscillano tra aggressività, apatia e maleducazione. Le cronache lo raccontano ogni giorno: gran parte dei giovani sembra alla deriva, prigioniera di un vuoto educativo e affettivo che la società fatica a colmare.

Vive in un mondo che sembra aver perso la bussola morale e razionale di un tempo, tra bullismo, dipendenza digitale e una gigantesca fatica nel riconoscere il valore del rispetto. Ma come si è arrivati a questo punto? Lo abbiamo chiesto ad Alessio Silo,
psicologo clinico con una lunga esperienza nelle scuole, che ci ha aiutato a leggere il disagio dietro la superficie del comportamento.

Nei giorni scorsi ha fatto molto scalpore il “blitz” all’istituto Angeloni di Frosinone da parte di alcuni ragazzi incappucciati...
«Non è normale. Leggendo la notizia sui giornali mi sono preoccupato per gli effetti che questo episodio potrebbe avere sul personale e sugli studenti della scuola, perché va a destabilizzare quel senso di fiducia che è fondamentale per una comunicazione chiara ed efficiente e per stabilire la calma all’interno di una scuola. Un episodio che può generare paura, insicurezza e ansia in tutto l’ambiente scolastico».

L’ambiente scolastico, appunto, può avere delle responsabilità sul comportamento di questi ragazzi?
«Nell’ultimo periodo la scuola non sta vivendo un momento facile, soprattutto nel rapporto tra studenti e docenti. C’è un senso di sfiducia e di mancata comunicazione dovuto dal cambiamento dei tempi e dal fatto che non si è più in grado di stare al loro passo».

Bullismo: qual è la sua idea in merito? Il caso di Paolo Mendico è una ferita ancora aperta…
«La scuola ha un ruolo fondamentale. L’unica cosa che può fare è mettere in atto interventi mirati: una comunicazione chiara e rassicurante da parte della dirigenza nei confronti degli alunni. Ma è importante anche un supporto psicologico, non solo per i ragazzi, anche per il personale. Ogni scuola poi dovrebbe avere un piano di prevenzione, rafforzare la sicurezza e la formazione sulla gestione di emergenze come quella del bullismo. Occorre promuovere una cultura di comunità all’interno degli istituti».

E l’ambiente familiare?
«Quello è un altro ambito che può rappresentare un problema. La famiglia può avere parte della colpa, non è solo l’ambiente scolastico che deve assumersi le sue responsabilità».

La generazione di oggi sembra essere alla deriva. Cos’è che l’ha resa così diversa e malsana rispetto alle precedenti?
«Il modo di educare è cambiato tanto. Viviamo in una società fluida, tutto avviene in modo veloce: genitori e docenti non riescono a stare al passo con i giovani di oggi. Ed è per questo che si fa fatica a controllare determinate dinamiche».

I social network possono aver influito?
«Certo, hanno influito negativamente. Io dico che non se ne fa un buon uso, ma un disuso. Possono avere anche un’utilità, ma da quello che vedo su TikTok, per citarne uno, non c’è affatto un buon uso. Si tende molto a lasciar andare questi valori che i giovani dovrebbero invece custodire con cura».

Come vede il futuro prossimo? Si aspetta che le cose possano cambiare?
«Potranno migliorare se verrà messa in atto una cultura di prevenzione, di sicurezza e di comunità. Dev’esserci una maggiore educazione empatica non solo nelle scuole, ma anche all’interno del nucleo familiare. Occorre più collaborazione tra istituti e genitori».

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