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Cassino

Omicidio di Yirelis, la sentenza si avvicina. Ieri la discussione delle difese di Sandro Di Carlo

Le perizie, il percorso fatto, gli indizi non valorizzati. Chiesta la non punibilità del ventottenne

Omicidio di Yirelis, la sentenza si avvicina.  Ieri la discussione delle difese di Sandro Di Carlo

Un momento dei sopralluoghi della Scientifica

Delitto di via Pascoli, la sentenza si avvicina. Dopo le discussioni delle difese di Sandro Di Carlo, l’operaio di Cassino arrestato per la morte della dominicana Yirel Peña Santana, uccisa brutalmente a 34 anni in un appartamento di via Pascoli nel maggio del 2023, adesso si torna in aula per la sentenza di primo grado. Attesa per il prossimo 21 luglio.
Due drammi speculari: con queste parole ieri in aula ha aperto la discussione uno dei legali, l’avvocato Sandro Salera (in diverse udienze sostituito dall’avvocato Vittorio Salera), che insieme all’avvocato Alfredo Germani difende l’imputato. Una analisi puntuale del contesto in cui è maturato il delitto di cui è chiamato a rispondere Di Carlo, accusa che lo stesso ha sempre respinto con forza. «Qui in aula stiamo raccontando il dramma della vittima e quello vissuto dalla famiglia dell’imputato. Una vicenda che racconta di due anime devastate sin dall’infanzia, unite da un comune tragico vissuto. Le condizioni di vita della vittima risultano non molto diverse da quelle di Sandro, figlio di un padre violento e di una mamma alcolista». E come nelle precedenti udienze, Di Carlo c’era.

Nell’udienza precedente, il pm Alfredo Mattei a conclusione di una dettagliata requisitoria aveva avanzato la richiesta di 24 anni di reclusione, mentre la parte civile - rappresentata dall’avvocato Marco Rossini - aveva presentato istanza per circa 400.000 euro per i figli e la madre, oltre alle provvisionali.
«Ernesto di Carlo (padre adottivo, ndr) dice che il figlio sconta un passato drammatico. Ma è vittima anche di una inefficienza di una costola del nostro Stato: non bisogna generalizzare, però occorre ricordare le due perizie che avevano statuito che Di Carlo fosse parzialmente incapace di intendere e volere e che avesse bisogno di aiuto. L’avvocato Casale ci riferisce come ci siano state due sentenze da far rispettare. Quando si sente respinto dalle strutture pubbliche, smette di prendere medicinali, diventa più aggressivo anche in famiglia. Come poteva migliorare senza essere seguito?».

«Se qualcuno avesse ascoltato la saggezza del tribunale di Cassino - aggiunge l’avvocato Salera - non staremmo qui a celebrare il processo e, soprattutto, Yirel sarebbe viva». Anche i comportamenti attuati dopo il delitto che viene addebitato a Di Carlo risulterebbero per la difesa «sintomi di una persona completamente non in sé». Di Carlo avrebbe portato a casa un orologio rotto della donna, tenuto gli abiti sporchi di sangue e messo in atto «azioni afinalistiche». Né avrebbe tentato, ad esempio, di occultare i telefoni. «Questo non è un processo dove possa essere ipotizzata una qualche strumentalità perché la capacità di intendere e volere era stata sollevata in tempi non sospetti». Sulla contestazione dei futili motivi, poi, la difesa ha puntualizzato come si parta dall’assunto - non condiviso - che sia l’unica ricostruzione possibile. «Invece non sappiamo cosa sia accaduto, se ci sia stata o meno la discussione dopo l’incontro».

Importante l’analisi sulle perizie effettuata dall’avvocato Alfredo Germani, che - fondando la sua discussione su tre pilatri - ha puntato ancora sul tema della imputabilità. «La perizia del professore Ferracuti è stata fortemente contestata dai nostri consulenti di parte che hanno evidenziato come sia incompleta, manchevole della analisi funzionale. Così come la seconda, di Nicolucci. Dalla diagnosi del disturbo borderline bisogna andare oltre e quantificare quanto questo possa influire: quando il disturbo è grave, la capacità è annullata. Lo dice anche la Cassazione». Quindi ha acceso i fari «sugli indizi non valorizzati», come la testimonianza di una ragazza che la sera del delitto avrebbe visto Yirel «su un’auto con tre persone, che veniva strattonata e picchiata». Così come sul contesto, vista la presenza di croci disegnate sulle porte. Ma ancor più sull’assenza dell’arma del delitto, mai ritrovata. Chiesta per Di Carlo l’assoluzione o in subordine la non punibilità per infermità di mente.

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