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L'intervista

Da Frosinone a Berlino. A tu per tu con l’editrice e direttrice del Mitte Lucia Conti

La passione per il giornalismo, il trasferimento da Frosinone in Germania e l’avventura del Mitte. Sogni e prospettive: a tu per tu con l’editrice e direttrice del quotidiano on line per italofoni

Da Frosinone a Berlino. A tu per tu con l’editrice e direttrice del Mitte Lucia Conti

Lucia Conti, direttrice ed editrice del Mitte, nella nostra redazione

Da Frosinone a Berlino. Dalla musica, con i Betty Ford Center e poi con i Betty Poison, all’editoria. Lucia Conti ama le sfide, come quella di trasferirsi in Germania, iniziare a collaborare con il Mitte, quotidiano online di Berlino, per poi diventarne direttrice e infine editrice. Come cantava Garbo “a Berlino… va bene”. È sempre così? Ne parliamo proprio con Lucia, recentemente in visita nel capoluogo ciociaro a cui è ancora molto legata.

Lucia, dal 2017 sei la direttrice del Mitte, il quotidiano di Berlino per italofoni, fondato nel 2012 e del quale sei anche editrice dal 2021...
«Sì, ho cominciato a leggere il Mitte quando da Colonia, il mio primo approdo in Germania, mi sono trasferita a Berlino. Mi sono piaciuti subito il taglio, l’impostazione e ho quindi chiesto di poter collaborare. Nel 2017 sono diventata la direttrice del magazine, che poi è un quotidiano online per chiunque parli la lingua italiana e sia interessato a conoscere la Germania. Nel 2021, siccome sono una persona che ama vivere pericolosamente, ho deciso in piena pandemia di comprarlo e ne sono diventata l’editrice insieme ad Angela Fiore».

Il Mitte, oltre a rivolgersi agli italiani in Germania, vanta parecchi lettori anche nel nostro Paese. Chi è il vostro lettore tipo?
«Lo abbiamo scoperto con grande sorpresa guardando gli “analytics”. Abbiamo visto che non solo il Mitte era un punto di riferimento per gli italiani in Germania, ma che era molto letto anche da quelli nel resto del mondo. E molti di questi vivono proprio in Italia».

Vivi a Berlino da dodici anni. È una città ancora piena di attrattive per un giovane italiano che vuole trasferirsi?
«Vivendo appunto a Berlino, ho avuto modo di toccare con mano che non sono solo i giovani a trasferirsi ma che questa città dà la possibilità, per come è strutturata, a chiunque abbia voglia di ricominciare. Quindi ho visto trasferirsi persone di 30, 40 e 50 anni, e non solo di 20. L’attrattiva c’è perché Berlino è per molti aspetti una città unica, ma ci sono anche delle ombre che si stanno allungando e che non sono piacevoli. Per esempio i tagli pesantissimi alla cultura che sono stati approvati dell’esecutivo cittadino e che vanno a colpire proprio quella scena underground e indipendente per cui Berlino è famosa. Berlino non è Vienna, non è famosa per i suoi monumenti, anche se ha dei tesori storici, lo è perché c’è un’industria dell’underground, della differenza, che è stata per decenni finanziata anche dallo Stato. Recentemente è invece arrivata questa riorganizzazione draconiana delle finanze e per questo rischia di perdere quello che è il suo unicum. Gli affitti stanno diventando sempre più alti, la speculazione immobiliare e la gentrificazione stanno facendo veramente decollare quelli che erano i parametri dell’inquilino medio. Questa cosa crea disaggio anche a livello sociale, A tutto questo vanno aggiunti anche i due anni di recessione da cui viene l’intera Germania, la crisi dell’industria e una certa depressione sistemica da parte di una nazione che era abituata a considerarsi la locomotiva d’Europa».

Cosa ti manca di più dell’Italia e della Ciociaria?
«Non vorrei essere banale, però dopo dodici anni di semi buio, di assenza di serotonina e di vitamina D, posso dire che mi mancano la luce, quella dorata tipica dell’Europa del Sud, il calore e il bel tempo. Mi manca il cibo, tutto, in primis quei meravigliosi broccoletti ciociari, e poi anche delle cose di Frosinone perché è comunque la città in cui sono nata e cresciuta. Quindi affetti e luoghi che mi hanno visto essere felice: piazza Aonio Paleario, rione Giardino, viale America Latina, largo Turriziani, ho tanti bellissimi ricordi qui».

Broccoletti e salsiccia battono quindi würstel e crauti…
«Assolutamente! Io voglio tanto bene ai tedeschi, però la tradizione culinaria non è paragonabile, almeno per quello che è il mio gusto».

Cosa vorresti invece trovare di tedesco negli italiani?
«Dopo anni di vita a Berlino, sto un po’ ridefinendo quelli che sono stati alcuni parametri. Ad esempio ho scoperto che a Berlino la burocrazia non funziona…»

Addirittura?
«Non sono digitalizzati. Tu scrivi una mail all’assicurazione sanitaria e ti rispondono con la lettera cartacea. Sprecano infatti tantissima carta. Ero convinta, come molti italiani, che in Germania vigesse la precisione più rigida e invece non è così. Anche loro sanno essere caotici, come anche noi sappiamo essere ordinati. Poi, Berlino è il più grande melting pot d’Europa, c’è da dire anche questo. Tedeschi? Sì, quali? A Berlino incontri veramente di tutto e anche di più».

Tornando al Mitte. Sentite anche voi, in Germania, la crisi dell’editoria e dei media?
«Essendo un quotidiano online, non abbiamo mai avuto accesso ad alcun tipo di agevolazione e di finanziamento. Quindi non abbiamo potuto toccare con mano una presunta crisi. Abbiamo iniziato esclusivamente sulla base delle nostre forze e ci gestiamo da sole, Angela e io, in totale autodeterminazione. I giornali online vivono in una sorta di realtà indipendente e sono stati abituati fin dall’inizio a non essere supportati dal punto di vista dei finanziamenti».

Berlino in tre parole?
«Punk, dark e glam».

È il tuo background rock’n’roll che viene fuori?
«Assolutamente sì. È la città di David Bowie. Ho fatto tutto il pellegrinaggio: la casa che divideva con Iggy Pop, gli Hansa Studios… Per me da quando è morto Bowie le cose nel mondo non sono più andate bene».

A Berlino si respira sempre quell’atmosfera di libertà?
«Assoluta, che poi è la ragione per cui mi sono trasferita lì. È una libertà che in senso più ampio riguarda il modo in cui le persone scelgono di autodeterminarsi, ma che ti arriva addosso anche nelle piccole cose e in alcune scelte che, nel nostro Paese, avrebbero stupito. Per esempio uomini eterosessuali e cisgender con la gonna che vanno in giro con le loro ragazze senza problemi, donne di una certa età con i capelli multicolore, puoi fare la spesa in pigiama, io stessa l’ho fatto, e non si gira nessuno. Senza contare una particolarità non solo dei berlinesi, ma dei tedeschi, che è quella di avere un rapporto meraviglioso con il corpo e per cui girare nudi non ha niente di morboso ma è un’affermazione della propria libertà. Nelle saune, nei giardini e nei parchi cittadini ci sono delle aree apposite per nudisti e questo elemento fa parte proprio della loro cultura. Quindi, può capitare d’estate di attraversare un normalissimo parco pubblico e di trovare persone di tutte le età o una famigliola senza vestiti che prendono il sole. La mia coeditrice, appena trasferitasi, rimase abbastanza colpita perché le capitò in un bel giorno di primavera di incontrare un signore di una certa età, nudo, che andava in bicicletta. Nessuno si occupa e si preoccupa di come sei vestito, dell’aspetto che hai o di come porti i capelli. La libertà, quindi, c’è sempre. Se ti piace questa sensazione di non essere guardato, è la città ideale. Se magari ti piace stupire e scandalizzare, non ti ci trasferire perché non c’è niente che tu possa fare per scandalizzare un berlinese».

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