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Frosinone

Rally e false fatture. All’interrogatorio scena muta degli arrestati

Per due piloti e una donna disposti gli arresti domiciliari. L’accusa contesta i reati di associazione a delinquere, riciclaggio, intestazione fittizia di beni e autoriciclaggio

guardia di finanza

Hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Lo hanno fatto i tre arrestati, finiti ai domiciliari, nell’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza che ha riguardato anche il mondo delle sponsorizzazioni dei rally.
Le misure erano state eseguite giovedì dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria del capoluogo. Agli arresti domiciliari sono finiti i piloti Andrea Minchella, di Cassino, ma residente a Minturno e Vincenzo Massa, di Castro dei Volsci nonché Lorella Rinna di Castro dei Volsci, considerati dall’accusa organizzatori e promotori dell’associazione, la donna anche capo del sodalizio.

La procura contesta i reati di associazione a delinquere nonché, a vario titolo, tra tutti i 62 indagati, appropriazione indebita, riciclaggio, autoriciclaggio, intestazioni fittizie di beni (con riferimento all’attribuzione di quote societarie a prestanome) e, per tre, indebita percezione di erogazioni pubbliche connesse al Covid.
Il giudice Ida Logoluso, avendo ravvisato il pericolo di inquinamento probatorio, ha applicato subito le misure restrittive senza procedere con l’interrogatorio preventivo. Interrogatorio che era in programma lunedì, ma i tre, assistiti dall’avvocato Marco Maietta, hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Gli indagati per la maggior parte sono residenti tra Alatri, Arnara, Ceccano, Cassino, Castro dei Volsci, Ceprano, Ferentino, Fiuggi, Fontechiari, Frosinone, Isola del Liri, Morolo, Roccasecca, Sora, ma anche in diverse province tra Nord e Sud Italia.
Il gip ha disposto il sequestro preventivo di 5,6 milioni di euro nei confronti di 27 società e in caso di impossibilità nei confronti delle persone fisiche nonché il sequestro preventivo di 6,5 milioni a carico di Rinna.
Secondo la procura, sui conti delle società cartiere che, in precedenza, avevano emesso le fatture ritenute false, arrivavano i bonifici, quindi i soldi finivano su conti correnti e carte postepay. I prelievi erano sistematici in Atm dislocati per lo più in provincia di Frosinone, nell’immediatezza degli accrediti, fino al totale o quasi della somma bonificata. Così i soldi, tolta una percentuale, tornavano a chi li aveva bonificati.

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