Frosinone
01.01.2025 - 21:00
Inchiesta “Occhio vigile” arriva dalla Corte dei conti in appello la conferma integrale della sentenza. A impugnare la pronuncia di primo grado sono stati gli eredi dell’ex comandante della polizia locale di Frosinone Francesco Delvino, deceduto nelle more del giudizio. La Corte, in parziale accoglimento dell’appello, ha condannato gli eredi, in solido, solo al pagamento di 1.900 euro «stante l’indubbia consapevolezza dell’illecita provenienza del personale computer (come attestato dalle risultanze penali)». In primo grado, la Corte dei conti per il Lazio aveva stabilito una condanna a 67.900 euro a carico dell’allora comandante (l’inchiesta, condotta dai carabinieri di Frosinone è del 2011), così determinata, come riportato nelle motivazioni, in 1.900 euro per il «danno da tangente», in 40.000 euro per il «danno da disservizio» e in 26.000 euro per il «danno alla concorrenza». Inizialmente la procura regionale contabile contestava un danno da 190.000 euro, richiesta poi rivalutata all’esito del procedimento penale.
Considerato che il comandante Delvino è deceduto il 23 settembre 2022, dopo la discussione davanti alla Corte dei conti e prima della pubblicazione della sentenza, gli eredi, con gli avvocati Marco Palieri e Alessandro Barbieri, hanno fatto ricorso. Chiedevano l’ineseguibilità della sentenza e, in subordine, di essere chiamati a rispondere del solo danno da tangente, quantificato in 1.900 euro, ovvero il valore economico del pc, considerato «dazione illecita».
I giudici contabili d’appello tuttavia hanno ritenuto di confermare la «responsabilità del Delvino per tutte le poste di danno, condividendone integralmente le motivazioni» del primo grado. Tuttavia, la conferma non implica «che ad essa possa darsi esecuzione per l’intero importo». Per i magistrati contabili «la trasmissione del debito agli eredi non è automatica, ma presuppone il preventivo accertamento» dell’indebito arricchimento e «che anche gli eredi se ne siano giovati». Ovvero, «limitatamente al danno da tangente, risultano ampiamente provati tanto l’illecito arricchimento del Delvino, quanto l’indebito arricchimento dei suoi eredi, tant’è che gli stessi appellanti non hanno contestato tali circostanze». Mentre «alcun arricchimento può configurarsi in ordine» ai danni «(da disservizio e alla concorrenza) che si sono tradotte esclusivamente in spese e costi per l’amministrazione danneggiata, senza alcuna utilità economicamente valutabile e ritraibile per il Delvino e, quindi, anche per i suoi eredi».
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