Spazio satira
Economia
27.08.2024 - 13:00
La sede dell'Inps di Frosinone
Nel Mezzogiorno il numero di pensioni erogate supera quello degli stipendi. È quanto emerge da uno studio della Cgia di Mestre su dati Inps e Istat relativi al 2022. In provincia di Frosinone il bilancio nel periodo preso in analisi è pressoché in pari, con 171.000 pensionati e 172.000 occupati. In Ciociaria, però, come d’altronde nel resto d’Italia, la situazione sembra destinata a peggiorare per la mancanza di un proporzionato ricambio generazionale nel mercato del lavoro. Si tratta infatti di una tendenza che non sembra destinata a rimanere limitata al Sud, considerando che si prevede che entro il 2028 i pensionati saranno più dei lavoratori in tutto il Paese, con 2,9 milioni di italiani destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, di cui 2,1 milioni attualmente occupati nelle regioni centrosettentrionali.
Le motivazioni, come sottolinea la Cgia di Mestre, sono da individuare sostanzialmente in quattro fenomeni strettamente correlati fra loro: «La denatalità, il progressivo invecchiamento della popolazione, un tasso di occupazione molto inferiore alla media UE e la presenza di troppi lavoratori irregolari. La combinazione di questi fattori – sottolinea l’ufficio studi della Cgia – ha ridotto progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossato la platea dei percettori di welfare». Per quanto riguarda le altre province del Lazio, va meglio a Latina, con un bilancio lievemente positivo (205.000 pensionati e 210.000 occupati), mentre a Rieti e Viterbo i pensionati superano i lavoratori, rispettivamente con un saldo di -10.000 (65.000 pensionati e 56.000 occupati) e -11.000 (126.000 pensionati e 115.000 occupati). Roma, invece, è tra le realtà che riescono a mantenere un equilibrio maggiore rispetto ad atre aree del Paese. A livello territoriale la realtà più virtuosa d’Italia è la Città metropolitana di Milano (differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati pari a +342.000). Seguono Roma (+326.000), Brescia (+107.000), Bergamo (+90.000), Bolzano (+87.000), Verona (+86.000) e Firenze (+77.000). Tra le province del Centro, infine, spiccano i risultati delle toscane, con Prato a +33.000, Pisa a +14.000 e Pistoia a +6.000.
Dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2022, la provincia più squilibrata d’Italia, invece, è Lecce, con una differenza pari a -97.000. Seguono Napoli con -92.000, Messina con -87.000, Reggio Calabria con -85.000 e Palermo con -74.000. «Va segnalato che l’elevato numero di assegni erogati nel Sud e nelle Isole non è ascrivibile alla eccessiva presenza delle pensioni di vecchiaia/anticipate – precisa la Cgia – ma, invece, all’elevata diffusione dei trattamenti sociali o di inabilità». Sebbene la situazioni nelle province del Nord sia maggiormente equilibrata, poi, anche in quest’area vi sono situazioni paragonabili a quella del Sud. A Sondrio il saldo è pari a -1.000, a Gorizia -2.000, a Imperia -4.000, a La Spezia -6.000, a Vercelli -8.000, a Rovigo -9.000, a Savona -12.000, a Biella -13.000, ad Alessandria -13.000, a Ferrara -15.000 e a Genova -20.000. Tutte le quattro province della Liguria presentano un risultato anticipato dal segno meno, mentre in Piemonte sono tre su otto.
«Con tanti pensionati e pochi operai e impiegati – dichiara il segretario della Cgia, Renato Mason – la spesa pubblica non potrà che aumentare, mentre le entrate fiscali sono destinate a scendere. Questo trend – aggiunge – nel giro di pochi anni, minerà l’equilibrio dei nostri conti pubblici. Per invertire la tendenza dobbiamo aumentare la platea degli occupati, facendo emergere i lavoratori in nero e aumentando i tassi di occupazione di giovani e donne che in Italia continuano a rimanere i più bassi d’Europa».
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