Spazio satira
Il report
21.07.2024 - 16:00
Per trovare la provincia di Frosinone nella classifica sulla crescita del valore aggiunto reale al Pil bisogna scorrere fino alla centesima posizione.
Nel report dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, infatti, la Ciociaria, con una crescita prevista per il 2024 al -0,03% e a +1,97% nel 2024 rispetto ai livelli pre covid, è in coda alla graduatoria delle 107 province italiane. Precede soltanto Teramo, Enna, Lecce, Crotone, Isernia, Ragusa e Vibo Valentia.
Il valore aggiunto equivale al Pil al netto delle imposte indirette e rappresenta la crescita netta dell’economia di un territorio.
Vanno meglio le altre province del Lazio, con Roma al diciannovesimo posto, che registra una crescita dello 0,28% e del 7,71% rispetto al 2019, Viterbo, che segna rispettivamente+0,29 e +4,70 e si piazza alla sessantasettesima posizione, Latina, sessantanovesima, con +0,28 e +7,71.
Infine Rieti è all’ottantanovesimo posto della classifica, con una crecita dello 0,17%, ma rappresenta un caso particolare, in quanto, mettendo a confronto il valore aggiunto previsto nel 2024 con quello del 2019 (anno pre covid), registra una straordinaria variazione, la più alta di tutto il Paese, pari al +14,34%.
Lo scenario
A guidare la classifica nazionale sulla crescita del valore aggiunto al Pil è Milano. Lo studio della Cgia di Mestre evidenzia come nel capoluogo lombardo si stimi una crescita pari all’1,14%. Seguono Pavia con il +1,01%, Vicenza con il +0,98%, Bologna con il +0,95%, Modena con il +0,92% e Pordenone con il +0,88%.
Tra tutti i territori analizzati, nove, tra i quali la provincia di Frosinone, dovrebbero registrare una crescita negativa, scivolando così verso la recessione economica.
Le situazioni più difficili parrebbero interessare Crotone e Isernia, entrambe con -0,13%, Ragusa con il -0,14% e l’ultima in classifica Vibo Valentia con il -0,23%.
Per quanto riguarda invece la variazione rispetto ai livelli pre covid, a Rieti seguono Siracusa con il +12,95%, Taranto con il +12,69% e Modena con il +11,60%. Una dozzina le province che non hanno recuperato il livello di cinque anni fa.
Le realtà più critiche riguardano Fermo, con una variazione del valore aggiunto del -2,06%, L’Aquila, con il -2,14%, Sondrio con il -3,26%, e Firenze con il -3,68%.
Le regioni in Europa
Da una ulteriore elaborazione realizzata dall’Ufficio studi Cgia, su dati pubblicati recentemente dall’Eurostat e riferiti al 2022, emerge una significativa disparità nel pil pro capite a parità di potere d’acquisto tra le regioni dell’Unione Europea.
In tale classifica il Lazio è al sessantasettesimo posto, con un pil pro capite di 38.800, segnando una crescita del 10,2%, pari a 3.600, rispetto al 2019, quando il pil pro capite era di 35.200 euro.
Al vertice si trova la regione irlandese Southern con un pil pro capite di 101.200 euro, seguita da Luxembourg con 90.900 euro e dall’irlandese Eastern and Midland con 87.600 euro. Per quanto riguarda l’Italia, la Provincia Autonoma di Bolzano è il territorio con il pil pro capite più elevato, con 56.900 euro e si colloca al tredicesimo posto.
Seguono la Provincia Autonoma di Trento al trentatreesimo posto con 46.100 euro, la Lombardia al trentaquattresimo posto con 46.000 euro e la Valle d’Aosta al trentacinquesimo posto con 45.700 euro. In contrapposizione, le regioni del Mezzogiorno si trovano nelle posizioni più basse della classifica.
La Puglia è al duecentesimo posto con un PIL pro capite di 22.900 euro, la Campania al duecentocinquesimo posto con 22.200 euro, la Sicilia in duecentoundicesima posizione con 21.000 euro e la Calabria al duecentoquindicesimo posto con 20.300 euro. La regione con il pil pro capite più basso in tutta l’Unione Europea è Severozapaden in Bulgaria, con soli 14.100 euro.
«Va altresì segnalato – sottolinea la Cgia – che rispetto al 2019 (anno pre covid), nella graduatoria europea del pil pro capite tutte le nostre regioni del Nord (a eccezione del Piemonte che è sceso di tre posizioni) o non hanno perso terreno (il Veneto) o hanno migliorato la posizione che occupavano prima della crisi pandemica (tutte le altre).
Diversamente, le nostre regioni meridionali, a eccezione del Molise e della Basilicata, sono scivolate ulteriormente verso il fondo della classifica generale, in particolare la Calabria, la Campania e la Sicilia che hanno perso rispettivamente quattro, cinque e sei posizioni a livello europeo».
I settori
Secondo quanto rilevato dalla Banca d’Italia, nel 2024 la crescita economica dell’Italia sarà contenuta e prevalentemente sostenuta dal buon andamento dei servizi, con particolare rilevanza del turismo, e dalle esportazioni e dai consumi.
L’industria, invece, subirà un notevole ridimensionamento. Particolarmente colpiti in tal senso moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori), automotive e metallurgico (produzioni siderurgiche, di semilavorati e di preziosi).
Anche gli investimenti non dovrebbero subire particolari incrementi, mentre i consumi delle famiglie, dopo una flessione tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, dovrebbero riprendersi nella seconda metà dell’anno.
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