Spazio satira
Frosinone
17.04.2024 - 08:50
Il tribunale di Frosinone
«Monetizzare bonifici, ritirare contanti, restituire il denaro: si tratta di attività sostanzialmente svolta in modo professionale». Così scriveva il gip nell’ordinanza che, nell’ormai lontano 2017, portò a sette misure cautelari. Ma se i principali indagati hanno scelto l’abbreviato, venendo condannati anche in appello, il grosso è a giudizio con rito ordinario. Ieri davanti al tribunale di Frosinone, presieduto dal giudice Antonio Ruscito, è proseguita e, tra l’altro, senza ancora concludersi, l’audizione dell’allora dirigente della squadra mobile Carlo Bianchi.
Il primo dirigente della questura frusinate, interrogato dal pm Samuel Amari, ha rivelato un particolare. Ovvero che il sistema escogitato per emettere fatture false e creare le provviste per i fondi neri li aveva insospettiti. Per cui è emerso, sulla base delle intercettazioni ambientali e da una serie di appostamenti, un’ipotesi di corruzione con una delle società monitorate dagli agenti finita al centro di uno scandalo per corruzione negli appalti pubblici. «Noi abbiamo sospettato una corruzione perché l’azienda aveva rapporti con il ministero della Difesa - ha spiegato in aula Bianchi - Per competenza c’è stato uno stralcio alla procura di Roma che, poi, ha emesso delle misure cautelari per corruzione negli appalti».
Il primo dirigente ha ricostruito meticolosamente il sistema dei bonifici effettuati da una società all’altra con la ricevente che poi li restituiva in contanti, pagando per il “servizio” una provvigione che andava dal 10 al 13%. Nel corso di un’intercettazione, ha rivelato l’ex capo della squadra mobile, gli agenti hanno sentito che un imprenditore si lamentava che il 13% era troppo e chiedeva uno sconto al 10%, perché temeva di non rientrarci con le tasse da pagare. Dopo qualche settimana dai bonifici - ha continuato il testimone - dalla Ciociaria partivano, su una Mazda, sulla quale era stato posizionato un Gps, per andare a recuperare i contanti. Bianchi ha fatto riferimento al viaggio del 1° marzo 2017 «correlato a bonifici precedenti di 16.500 euro, 17.202, 14.640 e 9.760». Ma è solo uno dei tanti viaggi. «Questo denaro doveva ritornare, emendato dal compenso, alle ditte che lo avevano bonificato. Le ditte erano costruite sulla carta negli uffici della commercialista che teneva la contabilità. Le ditte non avevano uffici né dipendenti». Svelato il linguaggio criptico usato nelle intercettazioni telefoniche, mentre nelle ambientali gli indagati parlavano liberamente. E così i soldi erano bottoni, camicie, pantaloni, giacche.
La polizia dopo aver documentato il passaggio dei soldi fermava per un controllo le persone che seguiva, come successe a Sasso Marconi (e lì furono trovati 9.000 euro dei 50.000 totali trasportati) o a Ferentino (20.000 euro i soldi in un borsello). Il gruppo andava fino in Piemonte, ad Asti e a Tortona, ma molto spesso a Roma, dove sceglieva di fare più viaggi per spostare non troppi soldi alla volta. Alle banche - ha ricordato il teste - gli indagati preferivano le Poste, molto più capillari sul territorio, dove a più riprese venivano prelevati i soldi. Per mascherare le operazioni, in alcune circostanze - ha ricostruito Bianchi - venivano simulate sponsorizzazioni per eventi di rally.
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