Operazione "Pineta bianca": tredici persone arrestate, tra albanesi e italiani di età compresa tra i 23 e i 38 anni, questa mattina dai carabinieri. L'accusa è associazione a delinquere finalizzata al traffico e alla detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Il blitz è scattato alle prime ore di questa mattina. I militari della Compagnia carabinieri di Frosinone, coordinati dal colonnello Fabio Cagnazzo, hanno dato esecuzione ad una Ordinanza di custodia Cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone.

L'attività investigativa, condotta dal Nucleo Operativo della locale Compagnia dell'Arma, ha permesso di individuare e smantellare una organizzazione criminale dedita al traffico e allo spaccio di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente che operava nella provincia di Frosinone e nella periferia sud di Roma. Il provvedimento nei confronti dei 13 soggetti arriva a conclusione di una articolata indagine avviata nel gennaio 2017, attività che ha permesso di raccogliere univoci e indiscutibili elementi di colpevolezza a carico degli indagati.

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L'operazione ha consentito di disarticolare un pericoloso sodalizio criminale, particolarmente attivo tra i comuni di Frosinone, Ferentino, Anagni, Alatri e Veroli, guidato da un imprenditore edile albanese e dal suo "luogotenente", i quali perseguivano con abilità i loro traffici con la collaborazione degli affiliati e fidati connazionali e la complicità degli italiani, capace di reperire e gestire grossi quantitativi di droga. La droga giungeva nel capoluogo ciociaro tramite canali malavitosi romani e, dopo lo "stoccaggio" e la suddivisione in dosi, veniva immessa per la vendita al dettaglio tramite una fitta rete di spacciatori in grado di rifornire, anche a domicilio, i tanti acquirenti della provincia.

I carabinieri sono riusciti a smascherare gli organizzatori della redditizia associazione nonostante questi avessero abilmente celato i loro illeciti traffici dietro, stavolta lecite, attività lavorative nel settore edilizio. Le attenzioni degli investigatori si erano rivolte verso l'imprenditore albanese già quando, qualche anno fa, un suo "aiutante" connazionale, era stato arrestato in flagranza perché trovato in possesso di oltre mezzo chilogrammo di cocaina appena prelevato da una intercapedine di un camino di un edificio dismesso dove era stata accuratamente nascosta.

Nonostante dopo tale episodio i due sodali abbiano attuato tutte le possibili strategie per sottrarsi alle indagini dei militari, questi ultimi hanno individuato una insospettabile sala slot del comune di Veroli, ubicata alle porte di Frosinone, utilizzata come base logistica dai promotori albanesi. L'oculata scelta agevolava infatti i loro appuntamenti con i fornitori, con gli acquirenti e, in particolare, gli consentiva di pianificare in sicurezza i loro illeciti traffici, poiché si riuscivano a confondere con i numerosi avventori del locale. Il lavoro ininterrotto dei militari, i pedinamenti e le attività di osservazione, consentivano comunque di superare gli accorgimenti posti in essere dai malviventi, tanto da riuscire a dare riscontro a due appuntamenti tra i due sodali albanesi e altri due connazionali provenienti dalla periferia sud della Capitale, quando si riuscirono a sequestrare, nel primo intervento, oltre 60.000 euro occultati in una intercapedine segreta ricavata all'interno del cruscotto di un'autovettura, e, nel secondo, ulteriori 45.000 euro, "certificando" così la consegna di ben oltre 105.000 euro per la fornitura all'ingrosso della cocaina ricevuta dai due corrieri romani. Questo considerevole danno economico induceva gli stessi a tentare di sviare i controlli e a ricorrere persino ad omertosi tassisti per farsi trasportare nelle piazze di spaccio o nei luoghi di occultamento della "merce".

Tuttavia gli investigatori riuscivano comunque a localizzare un vero e proprio "magazzino all'aperto" dello stupefacente, realizzato all'interno di un'impervia pineta in località Monte Radicino del comune di Ferentino e gestito - per conto dei due albanesi - da due italiani residenti nella zona. Questi ultimi, nascondendosi dietro un'attività di pastorizia, conducevano anche una efficiente piazza di spaccio operante h24 e punto di riferimento per i consumatori della periferia frusinate. Lo spiegamento di circa 50 militari coadiuvati da unità cinofile permetteva di rinvenire infatti nell'area, sotterrati a ridosso di grossi massi, due contenitori in plastica con all'interno 4,5 kg di cocaina pura, nonché vari altri recipienti vuoti che facevano ritenere che in quel punto fossero stati celati almeno altri 40 kg di cocaina. Pochi giorni dopo il ritrovamento della droga, veniva inferto al gruppo criminale un altro duro colpo con il sequestro, presso un ovile di Anagni, di 250.000 euro in contanti che, per renderli introvabili e quindi non collegabili all'attività criminosa appena scoperta, erano stati ingegnosamente affidati ad una insospettabile donna.

Nel corso delle indagini emergevano altri nascondigli utilizzati per lo stupefacente e ricavati in zone impervie (ad esempio, in un canneto attiguo al fiume Cosa veniva rinvenuto un involucro con 220 gr. di cocaina) o presso l'abitazione dei sodali. Il profilo criminale e la pericolosità sociale degli indagati emergeva anche dai sistematici accorgimenti adottati per eludere i controlli da parte delle forze dell'ordine; le conversazioni avvenivano sia in italiano che in albanese utilizzando riferimenti convenzionali prestabiliti; il trasporto dello stupefacente avveniva tramite staffette di più autovetture di cui una precedeva le altre per avvisare di eventuali posti di blocco; veniva cambiato sistematicamente il luogo degli appuntamenti e spesso al luogo individuato venivano convenzionalmente assegnati diversi nomi codificati, per poter confondere chi eventualmente stesse intercettando.

Le risultanze investigative, corroborate da attività investigative tradizionali di osservazione e pedinamento e da molteplici attività tecniche, hanno consentito di dimostrare appieno l'esistenza di una organizzazione criminale albanese-italiana ben strutturata, ramificata sul territorio e dedita al traffico ed alla commercializzazione di ingenti quantitativi di cocaina, reperita tramite criminali albanesi operanti a sud della Capitale. Nel corso delle indagini, conclusesi a settembre 2018, oltre alle ordinanze eseguite quest'oggi, sono state altresì arrestate quindici persone in flagranza di reato, cinquantanove persone denunciate (13 raggiunte anche dall'odierna misura), sessanta assuntori di stupefacenti segnalati all'Autorità amministrativa.

I militari hanno poi sequestrato complessivamente oltre 355.000 euro in contanti e stupefacenti per un peso di circa 8 chilogrammi complessivi, di cui: 6,5 kg di cocaina pura, hashish e marijuana.
La cocaina rinvenuta, una volta tagliata, avrebbe permesso lo smercio di circa 50.000 dosi e consentito al sodalizio un introito di oltre 1.000.000 (un milione) di euro. Il quantitativo di sostanza stupefacente stimata movimentata è stato invece di circa 40 kg di cocaina, per un giro d'affari di sei milioni di euro
Gli indagati italiani e albanesi hanno tutti un'età compresa tra i 23 e 38 anni, ma vi è anche un uomo di 58 anni finito ai domiciliari, nonché un marocchino destinatario dell'obbligo di presentazione alla P.G. che attualmente è però ristretto nel carcere di Ancona.

Al termine delle formalità di rito gli arrestati sono stati tradotti nel carcere di Frosinone, mentre uno dei principali indagati, si trova nel carcere di Cassino, poiché già arrestato il 3 giugno scorso nell'ambito dell'operazione "Amnésia" condotta dalla stessa Compagnia Carabinieri di Frosinone.