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L'anniversario

La battaglia di Waterloo che duecentodieci anni fa cambiò la storia

Il 18 giugno del 1815 l’esercito di Napoleone venne sconfitto a Waterloo. Un evento che segnò le sorti dell’Europa, la fine dell’imperatore francese e agevolò la “Restaurazione”

La battaglia di Waterloo che duecentodieci anni fa cambiò la storia

Il 18 giugno del 1815, e quindi esattamente 210 anni fa, venne combattuta una delle battaglie più famose della moderna storia europea: quella di Waterloo. Essa fu un crocevia decisivo del XIX secolo, tanto è vero che il grande romanziere francese Viktor Hugo, nel suo celeberrimo romanzo “I Miserabili”, dopo aver mirabilmente e minuziosamente descritto lo svolgimento e la dinamica di quell’epico scontro, scrisse infatti che, «se non fosse piovuto, nella notte dal 17 al 18 giugno 1815, l’avvenire dell’Europa sarebbe mutato».

Dopo la fuga di Napoleone Bonaparte dall’Isola d’Elba, avvenuta il 26 febbraio di quell’anno, diversi stati europei si erano alleati per cercare di sconfiggere una volta per tutte l’imperatore francese. Confidando sulla scarsa coesione dell’esercito che gli inglesi ed i prussiani erano riusciti a mettere insieme, Napoleone decise di far convogliare le sue truppe più fidate, tra cui la leggendaria “Vecchia Guardia”, in una zona collinare della Vallonia, nell’attuale Belgio. Racconta l’ufficiale napoleonico Gaspard Gourgaud, in un suo appassionato libro di memorie, che «…l’altopiano era leggermente concavo al centro, e il terreno degradava dolcemente in una gola poco profonda, che separava le due armate… l’esercito francese era posizionato davanti a Planchenoit, a cavallo della strada principale per Bruxelles, a quattro leghe e mezzo da questa città, di fronte all’esercito anglo-olandese, il cui quartier generale era a Waterloo…alle dieci di sera del 17 l’imperatore inviò un ufficiale al maresciallo Grouchy per informarlo che l’indomani ci sarebbe stata una grande battaglia… la mattina del 18 il tempo era molto nuvoloso: aveva piovuto tutta la notte, e all’alba stava ancora piovendo. I rapporti e l’osservazione dei fuochi avevano pienamente confermato la presenza dell’intero esercito anglo-olandese. La sua forza era compresa tra gli 85.000 ed i 90.000 combattenti, e 250 cannoni. L’esercito francese, con soli 67.000 uomini, era di gran lunga inferiore, ma era superiore per la qualità delle truppe… l’artiglieria francese, grazie alle batterie di riserva della guardia, era numerosa quanto quella nemica… all’alba, l’imperatore, a colazione, disse: su cento possibilità ne abbiamo ottanta a nostro favore».

I primi colpi di cannone (francesi) risuonarono intorno alle 11.30, dopodiché le truppe di Bonaparte cominciarono ad attaccare il centro dello schieramento avversario. In un primo momento le sorti dello scontro sembrarono arridere ai transalpini, tanto è vero che Wellington confessò ai suoi collaboratori che quella era «la battaglia più difficile che avesse mai combattuto… non ho mai avuto problemi così gravi, né ho mai rischiato tanto di perdere». Tuttavia, quando i prussiani accorsero in aiuto degli inglesi, attaccando sul fianco destro le truppe napoleoniche, le cose presero una brutta piega per i francesi. Se Napoleone si fosse ritirato in quel momento, probabilmente sarebbe riuscito a ricompattare i suoi uomini, ed avrebbe potuto tentare un nuovo assalto nei mesi successivi. Tuttavia temeva le conseguenze politiche che, quel suo gesto, avrebbe potuto avere in Francia. Decise allora di continuare a combattere, così però segnando in modo irreversibile il suo destino. Fu proprio in quei concitati momenti che uno dei suoi più fidi collaboratori, il generale Pierre Cambronne, alla richiesta di resa fattagli da un ufficiale britannico, pronunziò la famosa parola “Merde!”, che è poi rimasta nella storia. Sul campo di battaglia caddero, tra morti e feriti, circa 50.000 uomini.

Napoleone, dopo la sconfitta, corse a Parigi, con l’intento di organizzare un nuovo esercito; ma il parlamento gli volse le spalle, obbligandolo ad abdicare. Tentò di fuggire negli Stati Uniti, ma venne bloccato, e, il 15 luglio, si consegnò alle autorità britanniche, che decisero di esiliarlo nella remota isola di Sant’Elena, nella quale poi morì il 5 maggio del 1821. A mente fredda, il grande condottiero francese affermò che Wellington, a Waterloo, aveva commesso dei gravi errori strategici, i quali avrebbero decretato la sua sconfitta se i prussiani non fossero giunti a dargli man forte, sovvertendo l’esito dell’epico scontro. Ed in effetti l’esercito tedesco fu molto probabilmente decisivo per le sorti della battaglia. A dire il vero, secondo molti storici, anche Bonaparte ebbe le sue colpe; egli infatti perse tempo in alcuni momenti decisivi, e, non decidendo preventivamente di concentrare tutte le sue truppe, di fatto le mandò a combattere in campo aperto contro un nemico che era numericamente molto superiore.

La battaglia di Waterloo ebbe conseguenze storiche e politiche enormi. Non solo, infatti, segnò la fine dell’impero napoleonico (riportando al trono di Francia i Borbone, con Luigi XVIII), ma agevolò anche la “Restaurazione”, e cioè il processo di ristabilimento del potere dei sovrani assoluti europei, che era stato sovvertito dalla Rivoluzione Francese. Quell’epico scontro – che ancora oggi è sinonimo di sconfitta – fu il tragico epilogo della storia personale di un uomo che osò sfidare il mondo, e che ha lasciato una impronta indelebile sulla storia. È difficile poter dire cosa sarebbe successo in Europa se, a vincere, fosse stato Bonaparte. Probabilmente l’imperatore non sarebbe riuscito a rimanere al potere ancora a lungo. Egli, infatti, era già minato nel fisico, e, in patria, aveva oramai molti nemici. Inoltre le altre monarchie europee si sarebbero certamente attivate per vendicare la loro sconfitta. Il luogo dove venne combattuta la battaglia di Waterloo è oggi dominato da una collina artificiale di 40 metri, con un gigantesco leone collocato sulla sua cima. Il simbolico monumento venne fatto erigere, dal Re d’Olanda, proprio nel luogo dove suo figlio Guglielmo era stato ferito dai francesi.

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