Spazio satira
1950-2025
13.05.2025 - 17:04
Il 21 gennaio del 1950 – e quindi esattamente settantacinque anni fa – morì a Londra, a causa delle complicanze della tubercolosi dalla quale era affetto, uno degli scrittori più influenti del XX secolo: Eric Arthur Blair, che è più noto, al pubblico, con lo pseudonimo di George Orwell. Nacque in India nel 1903 da una famiglia di origini scozzesi, che apparteneva alla borghesia medio-bassa e che non aveva grandi risorse economiche. Dopo essersi trasferito in Inghilterra frequentò, grazie ad una borsa di studio, la scuola di Eton ed il King’s College (avendo la fortuna di avere, come insegnante, Aldous Huxley, un autore che lo influenzerà e lo ispirerà profondamente). Una volta conseguito il diploma, Orwell si arruolò nelle fila della polizia imperiale birmana, esperienza che lo segnò in modo rilevante. Una volta tornato in Europa visse tra Londra e Parigi, accettando di svolgere lavori umili e mal pagati pur di riuscire a sbarcare il lunario, ma coltivando sempre la sua passione per la scrittura.
Collaborò infatti con diversi giornali e riviste, e pubblicò le sue prime opere letterarie, attraverso le quali venivano spesso aspramente criticati i regimi dittatoriali, la chiesa cattolica ed il capitalismo. Decise di partecipare alla guerra civile spagnola, (arruolandosi nel Partito Operaio di Unificazione Marxista, che combatteva in opposizione a Francisco Franco), ma fu costretto a congedarsi dopo essere stato ferito piuttosto gravemente alla gola. Convinto socialista, con il trascorrere degli anni giunse tuttavia a rivalutare negativamente l’ideologia comunista che in gioventù lo aveva attratto ed affascinato. La sua celebrità, come scrittore, è dovuta soprattutto alla pubblicazione di due romanzi, “La fattoria degli animali” e “1984”, opere che non solo seppero descrivere in maniera lucida e spietata le profonde contraddizioni di alcune ideologie politiche dell’epoca, ma offrirono anche una visionaria – seppur pessimistica – previsione del futuro e dei pericoli che esso nascondeva. La prima, attraverso l’efficace strumento narrativo della fiaba allegorica, racconta e descrive la rivolta di alcuni animali nei confronti del loro crudele padrone umano.
Tale ribellione, tuttavia, non avrà l’effetto di liberarli dalla loro schiavitù, perché i maiali, una volta raggiunto il potere, finiranno a loro volta per instaurare, ai danni degli altri, un nuova tirannia. La storia, in sostanza, altro non è se non un’arguta parodia del comunismo centralista di stampo sovietico, all’epoca identificato dalla figura di Iosif Stalin. “1984” è invece un romanzo di genere distopico, in quanto immagina una società del futuro che è governata da autorità tiranniche che, attraverso una mirata manipolazione delle informazioni ed una strettissima sorveglianza, riescono a controllare totalmente le azioni ed i pensieri delle persone. Il mondo immaginato da Orwell nella sua più celebre e celebrata opera è cupo, squallido, triste, opprimente. Esso, in sostanza, costituisce una ricostruzione narrativa della convinta ideologia socialista che, per un certo periodo, influenzò l’esistenza dello scrittore britannico.
Tanto è vero che, in una recensione del libro, il critico letterario Frederick R. Karl scrisse che «secondo Orwell, 1984 non raffigura il futuro socialista, ma ciò che avverrà se il socialismo mondiale non trionferà sia sul capitalismo che sul comunismo»; mentre Raymond Williams, in una biografia dell’autore, rilevò che, per il futuro, lo scrittore britannico «non vedeva che comunismo autoritario, senza alternative o forze sociali che lo contrastassero. Il primo titolo, per quello che poi sarebbe diventato “1984”, doveva essere “L’ultimo uomo in Europa”, ed è chiaro come esso dovesse suonare: aveva una sua nuda onestà che rivelava il punto in cui le contraddizioni politiche, e l’astrazione e l’isolamento in esse implicite, coincidono con la mancanza di qualsiasi identità sociale nel produrre un terrore genuino».
A sua volta, il critico Arthur Koestler, rilevò argutamente che «l’Utopia di Platone è più terrificante di quella di Orwell, perché Platone auspica che si realizzi ciò che Orwell teme che possa avvenire». Comunque lo si voglia interpretare, e comunque lo si voglia giudicare, “1984” è un’opera memorabile (nel senso che è rimasto impresso nella memoria collettiva), e costituisce una vera e propria pietra miliare della letteratura del Novecento; è infatti un libro che, per la sua visionaria lucidità, e per un’indiscutibile ed imbarazzante attualità, ad oltre settant’anni dalla sua pubblicazione (che avvenne infatti l’8 giugno del 1949), ha avuto un impatto culturale notevole in tutto il mondo, determinando addirittura la creazione di un aggettivo qualificativo (“orwelliano”), che nel linguaggio comune è oramai il sinonimo di un “uso ingannevole e manipolato della lingua” e di “disinformazione con finalità politiche”.
Più nello specifico, quell’aggettivo, descrive una situazione politica caratterizzata da una tirannia schiacciante, che arriva ad annullare la volontà individuale. Inoltre (per quanto questo possa essere ritenuto rilevante…), il famoso programma televisivo “Il Grande Fratello” ha preso il nome proprio da quello della massima autorità governativa che, nel romanzo “1984”, sorvegliava – in maniera continua, ossessiva ed opprimente – i cittadini dello stato di Oceania. Orwell, ad ogni buon conto, è famoso anche per uno stile narrativo estremamente semplice, chiaro e diretto, che riesce a rendere i suoi scritti fruibili anche ai lettori meno esperti. Inoltre è celebre per aver coniato frasi particolarmente belle, argute ed evocative, che spesso sintetizzano in maniera mirabile una lucidissima visione politica, etica, sociale, e che brillano per la loro straordinaria, incredibile attualità.
Eccone alcuni esempi: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”; “Gli animali da fuori guardavano il maiale e poi l’uomo, poi l’uomo e ancora il maiale: ma era ormai impossibile dire chi era l’uno e chi l’altro”; “Il linguaggio politico è concepito in modo da far sembrare vere le bugie, e rispettabile l’omicidio, e per dare parvenza di solidità all’aria”; “Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione.
Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere”; “Il Partito ricerca il potere in quanto tale. Il bene altrui non ci interessa, è solo il potere che ci sta a cuore. Non desideriamo la ricchezza, il lusso, la felicità, una lunga vita. Vogliamo il potere, il potere allo stato puro”; “Nel complesso gli esseri umani vogliono essere buoni, ma non troppo buoni, e non per tutto il tempo”; “Lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei propri sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni”; “I cattolici e i comunisti sono simili nel considerare che quelli che non hanno le loro convinzioni non possono essere né onesti, né intelligenti”. Non occorre aggiungere altro…
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