Il personaggio
27.10.2023 - 21:30
La statua di Walt Disney insieme a Topolino all'ingresso del parco che porta il suo nome
Cento anni fa, e precisamente il 16 ottobre del 1923, venne fondata a Burbank (una cittadina nei dintorni di Los Angeles), la "Disney Brothers Cartoon Studio". Quella società è oggi conosciuta in tutto il mondo sotto il nome di Walt Disney Company e non solo è una realtà imprenditoriale che fattura decine di miliardi di dollari ogni anno, ma rappresenta anche la pratica dimostrazione che alcune volte il sogno di un uomo visionario e geniale può riuscire a tramutarsi in una bellissima realtà.
Il suo fondatore, Walter Elias Disney, nacque il 5 dicembre del 1901 non lontano da Chicago. All'età di cinque anni si trasferì con la famiglia in un piccolo paese di campagna del Missouri (Marceline), dove visse un'infanzia non ricca e tutto sommato serena (anche se il padre, uomo molto severo, non vedeva di buon occhio le sognanti fantasticherie di quel suo figlio così creativo). Dopo un po' di tempo i Disney tornarono a Chicago, dove il giovane Walt terminò gli studi. Dato che era particolarmente portato per il disegno, già nel 1917 ottenne il primo lavoro da vignettista per il giornalino del liceo. Quando scoppiò il primo conflitto mondiale, spinto da un ardente spirito patriottico, falsificò la data di nascita del suo passaporto per poter essere arruolato e partì per l'Europa.
Finita la guerra, ed una volta tornato in America, continuò a coltivare la sua grande passione, il cinema, iniziando a maturare l'idea di realizzare un film. Tramite un'agenzia si fece assumere in uno studio cinematografico di Chicago e lì conobbe un talentoso animatore, tale Ub Iwerks, con il quale strinse una fraterna amicizia, condivise le giovanili aspirazioni ed i sogni e dopo poco fondò la "Iwerks – Disney Commercial Artists". I due intraprendenti giovanotti vennero presto contattati per realizzare delle animazioni pubblicitarie.
Tuttavia quel tipo di attività stava piuttosto stretta al vulcanico Walt che infatti, sul suo biglietto da visita, aveva apposto le "pretenziose" qualifiche di "Cartoonist, Comic Cartoons, Advertising Cartoons, Animated Motion Picture Cartoons". Forte di una ferrea volontà, ed avendo ben chiari i suoi ambiziosi obiettivi, il ragazzo iniziò a realizzare, nel garage del fratello Herbert, e con l'aiuto dell'altro fratello Roy (che lo affiancherà poi per tutta la vita), alcuni brevi filmati animati di stampo satirico. Il positivo riscontro di pubblico che essi ebbero lo indusse a fondare la "Newman Laugh – O – Grams Films", ad assumere alcuni collaboratori, ed a produrre i primi cortometraggi, che erano ispirati soprattutto a favole tradizionali americane.
Nonostante la buona volontà, una notevole intraprendenza ed uno spirito decisamente innovativo (forse fin troppo, per quei tempi...), all'inizio del 1923 la società fallì a causa degli alti costi di realizzazione dei cartoni animati e dei modesti incassi. Walt ed il fratello Roy tuttavia non si scoraggiarono e decisero di fare il grande salto trasferendosi ad Hollywood, dove fioriva l'industria cinematografica americana. Walt era infatti convinto che nell'estremo West qualcuno avrebbe finalmente fatto spazio al suo talento. Con soli quaranta dollari in tasca, ma con un grande sogno nella testa (quello di realizzare un "live action" animato basato sulla storia di "Alice nel paese delle meraviglie" che doveva avere una protagonista in carne ed ossa la quale si sarebbe però dovuta muovere in un fantasioso mondo "a fumetti"), cominciò a proporsi con coraggio alle varie società di produzione cinematografica che c'erano a Los Angeles.
In un primo momento, in verità, le cose non andarono benissimo. I due fratelli, infatti, si trovarono in grosse difficoltà economiche e non avevano nemmeno i soldi per riuscire a pagare l'affitto; tanto è vero che – raccontarono poi – furono costretti a mangiare fagioli in scatola per settimane fino a quando non arrivarono i primi contratti.
Questa opportunità convinse Walt a fondare, come già accennato, la "Disney Brothers Cartoon Studio". Da quel momento in poi la carriera del baffuto giovanotto dell'Illinois subì una decisa accelerazione. E gli regalò parecchie soddisfazioni. Ma anche delle grandi amarezze (che però, lette col senno del poi, furono una delle ragioni del suo incredibile successo planetario).
Non tutti sanno, infatti, che la nascita del suo personaggio più famoso (Topolino) fu dovuta alla profonda delusione che Walt aveva provato quando si era reso conto che, a causa di una sua grave disattenzione al momento della stipula di un contratto, aveva purtroppo ceduto alla Universal tutti i diritti di sfruttamento della proprietà intellettuale della sua precedente creatura animata (il coniglio Osvald), che all'epoca stava avendo un grande successo. La leggenda (probabilmente non molto lontana dalla verità) narra che dopo quell'amara sorpresa Walt stava tornando a casa, in treno, in preda allo sconforto. La moglie, che lo stava accompagnando, raccontò che ad un certo punto il viso del marito venne illuminato da un improvviso sorriso. Prese un foglio di carta e cominciò a disegnare quello che sarebbe poi diventato il più famoso personaggio dei fumetti di tutti i tempi. In un primo momento lui aveva scelto, per il simpatico roditore che aveva ideato, il nome Mortimer; tuttavia gli venne per fortuna suggerito di chiamarlo Mickey.
Topolino debuttò agli inizi del 1928 nel cortometraggio animato muto intitolato "L'aereo impazzito". Per riuscire a creare le strisce animate che dovevano poi essere montate in sequenza, lui e Ub Iwerks si erano chiusi dentro un garage, "sfornando" oltre settecento disegni al giorno. Nonostante l'impegno, quel progetto artistico non ebbe però il risultato sperato, tanto è vero che nessuno fu disposto a distribuirlo nelle sale cinematografiche. Disney però non demorse e nei mesi successivi portò a termine un altro cortometraggio, intitolato "Mickey Mouse Gaucho". Anche stavolta, però, i riscontri non furono quelli che sperava. Walt cercò di trovare la ragione di questo suo nuovo fallimento e, grazie ad una straordinaria intelligenza e ad un indiscutibile intuito, comprese che, alle sue sequenze animate, mancava qualcosa: il sonoro. Decise allora di ovviare a tale difetto. Tuttavia non aveva il denaro sufficiente per farlo. Per prima cosa vendette la sua autovettura. Poi, seppur con grande fatica, riuscì a procurarsi sia i necessari finanziamenti sia un efficace (ed indispensabile) sistema di sincronizzazione audio-video.
I suoi sforzi ed i suoi sacrifici gli consentirono di portare a compimento un altro cortometraggio, intitolato "Steamboat Willie". Per risparmiare il più possibile sui costi di produzione si offrì, in sede di "doppiaggio", di dare la sua voce a tutti i personaggi del film. La prima proiezione avvenne il 18 novembre del 1928 al Colony Theatre di New York. Il successo fu clamoroso. Ed infatti la rivista "Variety" pubblicò la seguente, entusiastica recensione: «Non è il primo cartone animato ad essere sincronizzato con effetti sonori, ma il primo ad attirare un'attenzione favorevole. Steamboat Willie rappresenta un alto ordine di ingegno del cartone animato, sapientemente combinato con effetti sonori. L'unione ha portato risate a bizzeffe. Le risatine sono arrivate così in fretta, al Colony, che stavano inciampando l'una sull'altra».
Quel simpatico personaggio cambiò per sempre la vita di Walt (ed in verità non solo la sua...), anche perché, dopo poco, intuì che attraverso un'oculata strategia di marketing sarebbe stato possibile incrementare notevolmente i profitti della sua società. Ed infatti, già nel 1929, un'azienda di cancelleria di New York lo contattò offrendogli 300 dollari per poter riprodurre l'immagine di Topolino su alcune lavagnette; e l'anno successivo una sarta chiese di essere autorizzata a produrre pupazzi che rappresentavano il (sempre più) famoso Mickey Mouse.
Questa crescente popolarità si estese ben presto a tutto il Paese, tanto è vero che Charlie Chaplin, intuendo l'enorme potenzialità comunicativa di quel simpatico roditore, pretese che prima di ogni proiezione dei suoi film venisse proposto al pubblico in sala un cartone animato a firma Disney. Il 5 maggio del 1930 uscì il primo fumetto che vedeva come protagonista Topolino. Il successo editoriale che conseguì non solo aprì a Walt le porte della televisione ma lo convinse anche a tentare la realizzazione di un lungometraggio animato. Per di più a colori.
Il progetto ("Biancaneve e i sette nani") era estremamente ambizioso. Inoltre necessitava, per poter essere portato a termine, di grandi capitali. Per riuscire ad ottenere gli indispensabili finanziamenti, nell'estate del 1937, Walt decise di far vedere ai dirigenti della Bank of America la parte di film che, dopo aver ipotecato la casa, era riuscito a completare. Essi intuirono la straordinaria forza comunicativa del suo progetto e decisero di aiutarlo, concedendogli un prestito. Il film (che alla fine venne a costare un milione e mezzo di dollari, cifra notevole, per l'epoca) venne proiettato al pubblico il 21 dicembre del 1937 al Carthay Circle Theater di Hollywood. Ai titoli di coda il pubblico regalò a Walt Disney una memorabile standing ovation, che fu soltanto il prologo di un successo che divenne rapidamente planetario. Gli incassi, nell'anno successivo, e nei soli Stati Uniti, superarono gli otto milioni di dollari. Inoltre, nel 1939, il lungometraggio vinse meritatamente l'Oscar.
L'anno successivo Disney portò sul grande schermo altri due capolavori: "Pinocchio" e "Fantasia" (che fu il primo film commerciale proiettato in stereofonia). In piena seconda guerra mondiale Disney fece uscire "Dumbo" (1942). Finito il conflitto, la produzione dei lungometraggi ricominciò a pieno ritmo, con "Alice nel paese delle meraviglie" (1951), e "Peter Pan" (1953). A poco più di cinquant'anni, il geniale Walt, era stato in grado di costruire un vero e proprio impero ed aveva ottenuto successo, fama e denaro. Ma la sua ambizione, e la sua impressionante capacità visionaria, erano incontrollabili e lo portarono a tuffarsi in un nuovo, "folle" progetto. Voleva creare un luogo dei sogni, dove i bambini, e le loro famiglie, avrebbero potuto divertirsi liberamente («Voglio che Disneyland sia il luogo più meraviglioso della terra, e che un treno faccia il giro del parco... un luogo dove poter portare le mie due figlie nei pomeriggi del sabato e della domenica, un posto dove però posso divertirmi anche io»).
Voleva incantare il mondo, uscendo dalla "finzione" del grande schermo e rendendo realtà il suo sogno. Per prima cosa acquistò un enorme appezzamento di terreno nei dintorni di Los Angeles e, il 17 luglio del 1955, inaugurò il primo parco di divertimenti "tematico" del mondo. La cerimonia di apertura fu trasmessa in diretta televisiva, e venne presentata da Ronald Reagan, che sarebbe poi diventato presidente degli Stati Uniti. Il clamoroso successo che ottenne "Disneyland" lo spronò a guardare alla costa atlantica. Ed infatti, ben presto, iniziò a dedicarsi alla realizzazione del faraonico "Progetto Florida", che prevedeva l'inaugurazione di ben quattro nuovi parchi a tema.
La sua intenzione era quella di rivoluzionare il concetto dei parchi di divertimento che esistevano all'epoca, i quali erano in genere piuttosto sporchi, pericolosi ed insicuri. Per raggiungere quell'ambizioso obiettivo, per prima cosa, vietò la vendita di alcolici all'interno delle strutture; inoltre creò un piano di addestramento del personale curando in maniera maniacale il sistema di accesso e di controllo delle varie attrazioni. La realizzazione dei parchi della Florida sembrava l'ennesimo tangibile segno delle sue felici intuizioni. L'ennesimo lieto capitolo di una storia che sembrava non potesse avere mai fine. E invece, all'inizio del 1966, il grande disegnatore cominciò a manifestare diffusi malesseri, che portarono poi all'infausta diagnosi di un tumore ai polmoni. Walt Disney cessò di vivere il 15 dicembre di quell'anno.
Fumettista, animatore, disegnatore (o forse sarebbe meglio definirlo semplicemente "coraggioso sognatore"), ha avuto il merito di riuscire ad influire in modo profondo sulla cultura del Novecento; per di più creando – dal nulla – nuove ed innovative forme di intrattenimento. Coloro i quali lo conobbero lo hanno sempre descritto come una persona unica nel suo genere. Visionario, vulcanico, instancabile, perfezionista. Sullo sfondo di questa idilliaca descrizione, che fotografa una persona che è giustamente considerata come una delle menti più brillanti del XX secolo, vanno tuttavia doverosamente ricordate anche le accuse di razzismo e di antisemitismo che gli vennero rivolte a partire dagli anni 40, ma anche dopo la sua scomparsa. Esse hanno lasciato un'ombra sinistra sulla sua figura, anche perché se è vero che non sono state mai del tutto provate, è anche vero che il sospetto, purtroppo, ancor oggi, rimane.
Il suo biografo Neal Gabler a tal proposito scrisse che «...né pubblicamente, né privatamente, Walt ha mai fatto osservazioni denigratorie sui neri, o affermato una superiorità bianca...», ritenendo però poi opportuno precisare anche che «...come molti bianchi statunitensi della sua generazione era totalmente privo di tatto sui temi della razza». Ad ogni buon conto nessuno può negare che Walt Disney sia un punto di riferimento assoluto della nostra storia culturale. E che tutti dobbiamo essere grati alla sua incredibile genialità.
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