Arte e colore
23.12.2025 - 15:00
Geni, predisposizione naturale o studio? Nel piacevole dubbio sulle motivazioni che spingono il giovane pianista frusinate, Sergio Marinacci, gli rivolgiamo qualche domanda.
Come e quando è entrata la musica nella sua vita?
«La musica è con me da sempre, da quando sono nato, anzi ancor prima: mia madre, mentre mi “aspettava”, ascoltava Sergej Vasil’evič Rachmaninov, oggi tra i miei compositori favoriti, e per addormentarmi, da neonato, mi cullava sulle note di Johannes Brahms e Wolfgang Amadeus Mozart».
Non solo sua madre la “contaminava”…
«Anche il fatto che mio padre stesso sia un pianista ha certamente influito moltissimo: osservare la sua appassionata dedizione allo strumento mi ha fatto avvicinare in modo naturale a questo mondo, oggi per me essenziale».
Che cosa è per lei la musica?
«È una forma di pensiero che si fa suono, un luogo in cui cercare un linguaggio più sincero delle parole, è memoria, scoperta, disciplina e libertà insieme».
Perché ha scelto il pianoforte?
«Ascoltando regolarmente in casa il pianoforte sono stato colpito, fin da piccolo, dalla ricchezza sonora e timbrica dello strumento. Poi ho cominciato a sperimentare io stesso sulla tastiera, dapprima cercando solo associazioni sonore casuali come i bambini che pasticciano con i colori, poi con i primi studi regolari».
Qual è la sua formazione musicale?
«Dopo le prime piccole lezioni in famiglia, la scuola media a indirizzo musicale e la generazionale e generica stasi pandemica, sono stato ammesso al conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone e attualmente sono al secondo dei cinque anni accademici di studio, “matto e disperatissimo”».
Liceo classico, progetto alternativo alla musica o complementare?
«Ho da sempre coltivato una grande passione anche per lo studio della letteratura, della filosofia e delle arti in generale; il liceo classico mi ha aiutato molto ad avvicinarmi ancora di più a questa globale “sfera del bello” e comprenderne la grandezza e il significato».
…e ora facoltà di Lettere all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata…
«Sono innamorato della cultura greca che, tra l’altro, ci tramanda proprio l’unità delle arti».
Tra le sue attività figurano anche la scrittura e la composizione…
«Nell’entusiasmo della “maturità”, ho anche pubblicato una piccola silloge poetica dal titolo “Impressioni” che contiene 24 liriche, un numero non casuale perché omaggia i 24 preludi pianistici di Chopin, ognuno dei quali è una piccola poesia».
Qual è il genere di musica che più le piace?
«Da sempre e indubbiamente la musica classica, in particolare il repertorio romantico e primo novecentesco, per intenderci, da Chopin a Rachmaninov, passando per Skrjabin e Debussy».
Prova emozione quando sale sul palcoscenico?
«A volte mi chiedono se, con l’abitudine, quell’emozione svanisca. In realtà succede il contrario: più cresce la mia consapevolezza nella musica, più forte diventa ciò che sento quando salgo sul palcoscenico e mi siedo al pianoforte. Per me è come entrare in un’altra dimensione. All’inizio c’è un po’ di timore naturalmente: la paura non tanto di sbagliare quanto di non riuscire a comunicare davvero quello che sento, in fondo è per questo che suono, ma svanisce dopo poco. Prima di cominciare a suonare mi prendo sempre qualche secondo di silenzio per cercare di connettermi con lo strumento che in quel momento diventa la mia voce».
Come vede la musica in Ciociaria?
«La Ciociaria ha una realtà musicale vivace, con un’eccellenza evidente, il conservatorio di Frosinone, che offre una formazione di alto livello e rappresenta un punto di riferimento culturale per tutto il territorio. Accanto a esso esiste una tradizione molto diffusa e radicata fatta di bande, cori, festival che mantengono la musica vicina alla comunità. Ciò che forse manca è una maggiore sistematicità nel valorizzare queste realtà e una rete più forte tra istituzioni, associazioni e amministrazioni, capace di trasformare il potenziale che è a mio avviso straordinario in un vero sistema culturale stabile».
Pensa che frequentare il conservatorio “Licinio Refice” dia qualche opportunità in più di lavoro?
«Sì, lo studio in un’istituzione come il conservatorio è a mio avviso irrinunciabile se si vuole perseguire una carriera musicale. Al “Refice”, nel mio caso, non sto soltanto imparando a suonare, sto vivendo un ambiente nel quale si respira musica tutti i giorni, dove incontro altri ragazzi come me, insegnanti che credono in quello che fanno e dove posso anche cominciare a farmi conoscere».
Ha un suo sogno segreto musicale?
«Sì, ho un sogno che custodisco con molta cura: vorrei diventare un concertista, vivere e viaggiare con la musica e continuare a crescere artisticamente. Ma, allo stesso tempo, mi affascina l’idea di insegnare, di aiutare altri a scoprire la bellezza della musica e del pianoforte».
Pensa che i giovani siano ancora interessati alla musica classica?
«Credo che lo siano, anche se forse oggi si nota meno. È comunque una situazione del tutto comprensibile, perché la musica classica può risultare più difficile da ascoltare e richiede attenzione. Per questo si dovrebbe investire maggiormente nell’educazione all’ascolto fin dalle scuole. Del resto, come affermava Friedrich Nietzsche, “la vita senza musica sarebbe un errore”».
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