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L'intervista

Il giornalismo ieri, oggi e domani

Quella grande passione nata alle elementari. Che è cresciuta e cambiata con il tempo. I social media e l’intelligenza artificiale: a tu per tu con Mary Buccieri, cronista e formatrice

Il giornalismo ieri, oggi e domani

L’intelligenza artificiale aiuta, sostituisce o ostacola il giornalismo? È un quesito pressante, oggi, e anche per questo rivolgiamo qualche domanda a Mary Buccieri, giornalista e formatrice dell’Ordine dei giornalisti del Molise e residente a Pontecorvo.

Quando si è avvicinata al giornalismo?
«Avevo otto anni quando il mio maestro delle scuole elementari di Cassino, Emilio Pistilli, decise di farci realizzare il nostro giornalino di classe che si chiamava “Slam”, onomatopea della porta che si chiude! Fu un’esperienza bellissima quel numero zero, lo conservo ancora gelosamente. Poi il Liceo classico, la laurea all’Università di Cassino in Lingue e Letterature per la comunicazione multimediale, un master per formare “Operatori Web-Tv” e, insieme al docente del corso Nicola Bottiglieri, la creazione nel 2004 della Web-Tv di Ateneo».

E da lì è nata la professionista…
«Sì, ho cominciato a lavorare in emittenti televisive locali, per poi tuffarmi nel fantastico mondo della carta stampata nella redazione di Isernia de “Il Sannio Quotidiano”. Dopo questa esperienza decennale, mi sono dedicata ai digital media…».

A proposito, qual è stato l’impatto dei social sui media tradizionali?
«È stato sismico! I social hanno tolto ai media il monopolio della notizia e imposto la dittatura della velocità. Per noi giornalisti, questo ha significato un cambio di paradigma: non siamo più solo reporter di fatti, perché i fatti arrivano prima su Telegram o su X. Dobbiamo diventare architetti del contesto».

Che cosa significa?
«In un mondo inondato di informazioni, il lusso non è più sapere cosa è successo, ma capire se è vero e perché è importante. È qui che la carta stampata e il giornalismo professionale vincono ancora. Pensando ai grandi temi globali i social dominano, ma sulla prossimità il giornale locale, come questo dove oggi sono ospitata, è imbattibile. Questo legame di fiducia umana è l’asset che i social non potranno mai replicare, credo».

Quanto è importante la conoscenza della grammatica per un giornalista?
«È importantissima, lo ripeto ogni giorno ai miei allievi. Anche i motori di ricerca premiano i contenuti di qualità e per fortuna sono o dovrebbero essere quelli scritti bene, sia grammaticalmente che quelli che seguono le regole del web. La grammatica è la “divisa” della notizia. Se un chirurgo si presentasse in sala operatoria con il camice macchiato, si fiderebbe? Lo stesso vale per un giornalista. Un errore di sintassi o un congiuntivo sbagliato sono macchie che minano la fiducia del lettore».

Il “camice pulito” vale anche per il giornale locale?
«Certo! Un giornale locale ha per giunta una funzione educativa e culturale sul territorio, entrando nelle case, nei bar e nelle scuole. Abbiamo la responsabilità di offrire un modello di lingua italiana pulito e rispettoso. Se iniziamo a scrivere male noi professionisti, autorizziamo tutti a farlo. La vera sfida oggi non è usare termini aulici, ma usare la grammatica per rendere semplice ciò che è complesso, senza banalizzarlo».

Quanto l’intelligenza artificiale aiuta, sostituisce o ostacola il giornalismo?
«L’intelligenza artificiale può dirti in tre secondi qual è il tasso di disoccupazione nazionale, ma non potrà mai dirti cosa prova il commerciante sotto casa che è costretto a chiudere la serranda dopo trent’anni. L’AI gestisce i dati, il giornalista gestisce le storie e le persone. Finché ci sarà bisogno di umanità e di “consumare le suole delle scarpe” per strada, l’AI sarà solo uno strumento, mai un sostituto».

Qual è il corso di formazione più richiesto attualmente dai giornalisti?
«Il mio corso più seguito nel 2025 è stato “Copywriting e Intelligenza Artificiale: come muoversi?”. Insieme ai colleghi partecipanti riflettiamo su questi strumenti, ricordando sempre di rispettare il nostro mestiere, guidando noi in maniera saggia l’intelligenza artificiale per i nostri scopi, ricordando che a essa mancano almeno due cose che noi possediamo: la coscienza – l’AI non ha etica e deontologia – e l’immaginazione, capacità esclusiva dell’essere umano».

Nell’ambito dell’attività formativa, tiene corsi anche per persone disabili…
«Dal 2022 ho iniziato una bellissima collaborazione con Anmil Nazionale, l’Associazione nazionale dei mutilati e invalidi del lavoro».

L’Italia è tra gli ultimi posti in Europa quanto a libertà dei media: pensa sia proprio così?
«La libertà ha un costo. Un giornalista che guadagna pochi euro a pezzo e non ha tutele contrattuali è un giornalista fragile. È difficile fare le domande scomode quando si ha paura di perdere l’unica collaborazione che paga l’affitto. La vera libertà di stampa si avrà solo quando il lavoro giornalistico tornerà ad essere pagato dignitosamente: la precarietà è nemica della verità».

Che cosa consiglierebbe a un giovane che volesse intraprendere la carriera giornalistica?
«Imparare a scrivere divinamente non basta più, oggi occorre la multimedialità: bisogna saper girare e montare un video con lo smartphone, capire come funziona un algoritmo, leggere un bilancio Excel e usare l’Intelligenza Artificiale come assistente. I giornalisti non sono solo “penne”, ma creatori di informazione a 360 gradi. Il tempo del giornalista che sa un po’ di tutto è finito. Ai futuri colleghi dico: trovatevi una nicchia, diventate i massimi esperti di qualcosa, che sia economia circolare, e-sports, cronaca giudiziaria o politica locale. Se siete verticali e competenti su un tema specifico, sarete sempre indispensabili e autorevoli».

“Non ho potuto sempre dire tutto quello che volevo, ma non ho mai scritto quello che non pensavo” (Indro Montanelli).

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