L'intervista
29.07.2025 - 14:00
Roberta Fanfarillo
Torna alla ribalta l’artista alatrense che, con le sue particolari opere, riesce ad accarezzare, con un’aspirante tridimensionalità figurativa, la sensibilità degli spettatori che partecipano alle sue mostre. E già, “partecipano”, perché le creazioni di Roberta Fanfarillo non sono solo una sua espressione unidirezionale ma coinvolgono inevitabilmente l’osservatore, che non è più meramente e passivamente tale, ma contribuisce con la sua emozione all’integrità dell’evento. E quale migliore occasione, per vedere le opere dell’artista, di “Fra[T]tempo”, titolo della terza mostra della rassegna “Psycroma” in programma nella sala d’arte “Crystal” a Veroli da sabato scorso fino a domenica 10 agosto? Per saperne di più, abbiamo rivolto qualche domanda a Roberta.
Come nasce “Fra[T]tempo”?
«Nasce dall’invito di Achille Reali, proprietario della sala d’arte “Crystal” di Veroli, ad aderire al programma estivo che include una serie di mostre d’arte da presentare in calendario. Dall’adesione, ovviamente, ne è seguita la vera progettazione, l’aspetto più coinvolgente, perché mentalmente stimolante e propedeutico all’effettiva realizzazione delle opere».
Perché questo titolo?
«È un gioco grafico che mi consente di soffermare l'attenzione tra il “fra” e il “tempo”, dove il tempo presente è il vero protagonista e la risorsa più preziosa della vita. È la parola che individua il valore del momento che stiamo vivendo, che va dall’istante all’infinito. Per quanto riguarda il “fra”, invece, è il valore aggiunto dell’artista che permea la sua opera con la sua esperienza, foriera dell’ispirazione e, successivamente, della realizzazione».
Le opere non sono semplici rappresentazioni grafiche…
«No, in realtà sono affascinata dalla tridimensionalità e trattare pittoricamente un soggetto scultoreo avvicina molto a quella disciplina che ci regala sensazioni tattili più corpose nella loro completezza».
E per fare questo supera la carta e la tela con…
«Non posso negare la mia attrazione per i metalli e per il plexiglass. I primi, che da bambina vedevo trattare con amore e abilità da mio padre nel suo laboratorio, trasmettono gioia, luce, versatilità e persino calore, forse legato, quest’ultimo, agli emozionanti ricordi familiari. Il plexiglass, invece, è un elemento accattivante per eleganza e riservatezza che con la sua discreta trasparenza si inserisce facilmente in ogni ambiente. Mi piace questo aspetto del plexiglass, all’apparenza timido e riservato ma che poi, se coinvolto, riesce a distinguersi».
Qual è il suo rapporto con il colore?
«Non ho una regola fissa, non amo la coesistenza sul supporto di tutta la scala cromatica che crea sì attenzione, ma che non riesce a instaurare un dialogo intimo tra me e il quadro. Anzi, la policromia crea distrazione, a volte inquietudine. Affronto un quadro con una gamma di colori che sento armoniosi tra loro, che vedo convivere elegantemente nel tempo senza invasioni e presunzioni, che seguono l’istinto e lo stato emotivo del momento».
Nelle sue opere sono talora presenti elementi classicheggianti, perché?
«Perché non solo trasmettono i fondamenti dell’arte e della tradizione, ma soprattutto perché riescono a conservare nel tempo le stesse emozioni. Spesso il classicismo è stato protagonista nella storia di tanti artisti, come base dalla quale partire e intraprendere un percorso creativo in continua evoluzione nel tempo. E poi, a proposito di classicismo, come non ricordare il patrimonio storico/artistico di cui è dotata l’Italia? Sotto questo aspetto siamo il Paese più ricco del mondo».
Non è un caso che spesso riproduca frammenti di figure…
«Decisamente no. La frammentazione, il rimaneggiamento, l’imperfezione sono elementi che convivono con la persona e ne esaltano l’umanità. La perfezione non è di questo mondo e in particolare del mio pensiero, del mio modo di vivere e della mia arte. Questo consente di proiettarmi nel futuro, periodo nel quale ci sarà sempre qualcosa da migliorare. E da migliorarsi…».
Quanto è importante il concetto, nella sua arte?
«Oserei dire che insieme all’emozione costituisca l’essenza dell’opera di qualunque artista. Il concetto è la rielaborazione della sintesi dell’esperienza di vita e contiene, in nuce, i semi del desiderio, dell’aspirazione e della ricerca».
La mostra si terrà a Veroli, non nella sua Alatri…
«Trovo Veroli molto accogliente, con un centro raccolto e intimo, attento alle iniziative culturali, ma anche un luogo dove ritrovarsi con amici e artisti locali. A proposito, desidero ringraziare per la preziosa collaborazione e per la buona riuscita dell’evento, oltre al già citato Achille Reali, anche Pierluigi Mattei, Antonello Vinci e Fabrizio Maramao». Il tempo per le risposte è terminato e Roberta si rituffa nel suo… tempo, un tempo di domande, di dubbi, di studio. In una parola, di arte. «Mai prima d’ora abbiamo avuto così poco tempo per fare così tanto» (Franklin Delano Roosevelt).
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