Spazio satira
L'udienza
08.06.2024 - 12:00
Un momento dell’udienza davanti alla Corte d’assise di Frosinone al processo per l’omicidio di Thomas Bricca
Mattia la sera dell’omicidio di Thomas Bricca non legge e non riceve più messaggi per circa un’ora tra le 19.48 e le 20.48. Mattia e Beatrice mentre vanno alla festa all’agriturismo di Veroli sentono il rumore di una cosa rigida che sbatte contro le pareti del bagagliaio. Beatrice trova nel comodino di Mattia una pistola e la ritiene vera dopo averla pesata. Mattia che dopo le risse minaccia il gruppo di marocchini “Li ammazzo tutti”. Nonostante tutto, però, Mattia quei giorni era tranquillo. Sono alcuni dei passaggi della deposizione della supertestimone, Beatrice Coccia, ex fidanzata di Mattia Toson (che insieme al padre Roberto è sotto processo davanti alla Corte d’assise di Frosinone con l’accusa di omicidio volontario di Thomas). Ieri per la prima volta in aula sono comparsi entrambi gli imputati, finora presenti solo in videoconferenza.
Una deposizione durata tre ore, di cui due per l’esame del pubblico ministero Rossella Ricca, lineare che solo verso la fine ha toccato dei livelli di drammaticità quando le domande si sono fatte più insistenti su un punto in particolare. Ovvero sul perché la ragazza abbia deciso di tenere per sè, salvo confidarsi con la madre solo a giungo, e poi con i carabinieri che conducevano le indagini per il delitto del 30 gennaio 2023 al Girone di Alatri, il ritrovamento del casco bianco nella sua auto ceduta all’ex per la giornata in cui ci fu la sparatoria.
L’eccezione
Per la verità la deposizione della superteste ha rischiato di esser rinviata nel momento in cui l’avvocato Umberto Pappadia che con il collega Angelo Testa difende Roberto e Mattia Toson ha sollevato alla corte un’eccezione sulla qualifica con cui sentire la ragazza. «Per noi - ha insistito il legale - è da sentire come indagata o da indagare in procedimento connesso». Il riferimento è a una dichiarazione resa ai carabinieri da Beatrice in cui ha sostenuto di aver detenuto per conto del ragazzo 30.000 euro in contanti. Ma l’ipotesi che la somma fosse riconducibile a un’attività di spaccio, come rimarcato anche dal pm che ha chiesto di respingere l’eccezione (stessa richiesta delle parti civili, avvocati Nicola Ottaviani, Marilena Colagiacomo ed Eugenia De Cesaris), non ha trovato conferma. «Nemmeno gli imputati sono stati iscritti per spaccio - ha argomentato il sostituto procuratore Ricca - e non è nemmeno nel capo d’imputazione della rissa».
L’avvocato, peraltro, ha richiamato la Cassazione che il 3 luglio dovrà pronunciarsi sul nuovo ricorso della difesa dei Toson contro l’ordinanza di custodia cautelare del luglio 2023. Dopo la camera di consiglio il presidente della Corte d’assise, il giudice Francesco Mancini, ha respinto la richiesta della difesa. Ed in quel momento, alle 13.10 è iniziata la deposizione di Beatrice. In precedenza, infatti, era stata sentita la madre della ragazza, mentre la corte ha acquisito le dichiarazioni delle cameriere dell’agriturismo di Veroli dove Mattia e Beatrice la sera del 30 gennaio parteciparono a un compleanno. La ragazza ha ricordato di esser stata fidanzata con Mattia per un anno e di essersi lasciata anche a causa di questa vicenda. Ha parlato delle risse del 28 e del 29 gennaio che, secondo la procura, sarebbero l’antefatto della sparatoria. «Mattia ce l’aveva con qualcuno?», ha domandato il pm. «Con il gruppo della rissa», la risposta. Beatrice ha riferito una frase ascoltata da Mattia: «“Li ammazzo tutti”». Salvo poi aggiungere di aver consigliato al ragazzo «di non seguire chi voleva portarlo in un fosso, cioè il padre». Seguitando ha aggiunto che «Mattia ce l’aveva con Omar e che aveva pensato di incendiare il furgoncino del padre». La ragazza fornisce un ulteriore dettaglio, la mattina del 30 gennaio Roberto entra nella stanza in cui c’erano i due ragazzi. E dice: “Dobbiamo risolvere quella questione”, racconta la Coccia, con Mattia che replica “tu l’hai creata, tu la risolvi”, ripercorre il dialogo la ragazza. Altro passaggio importante quello sugli orari dei messaggi nei periodi immediatamente precedenti e successivi al delitto. Beatrice ricorda «un messaggio delle 19.48 non letto da Mattia, ma consegnato».
Quindi risponde alla richiesta di Toson di andare da lui («Quello delle 20.08 “la mia macchina ce l’hai tu” risultava non consegnato»). I messaggi - aggiunge la teste - saranno letti insieme alle 20.49. Poi Mattia intorno alle 20.55 (circostanza confermata pure dalla madre) si presenta dalla fidanzata, che ormai non pensava più di andare alla festa. Ed è lungo il tragitto che si sente il rumore di qualcosa di rigido. Beatrice chiede spiegazioni, ma - prosegue - Mattia è vago. Lei che era già stata allertata da un’amica della sparatoria in cui era stato colpito «il figlio di Paolo» si insospettisce. E così: «Ho avuto l’istinto di aprire il bagagliaio. E ho trovato un casco bianco integrale con delle strisce colorate sul lato sinistro, ma non l’ho toccato». Sul casco ci torneranno in seguito più volte anche gli altri difensori. Poi la ragazza dice di aver incontrato al bagno Mattia e di aver chiesto inutilmente spiegazioni, salvo poi riconsegnarli le chiavi della vettura. Fatto sta - ha evidenziato la testimone - nel viaggio di ritorno non si sentiva più rumore. Il pm ha chiesto a Beatrice se con il ragazzo avessero mai parlato dell’omicidio. Lei che ha descritto in quei giorni Mattia tranquillo ha spiegato che lui ha sempre negato ogni coinvolgimento diretti e anche di aver mandato qualcuno al posto suo. Però, qualche sera dopo, a cena in casa dei Toson al telegiornale si parla del delitto di Alatri. E Beatrice ricorda: «Roberto dice “ci fanno un c... così”, in lacrime. Il nonno di Mattia fa “di che ti devi preoccupare se non avete fatto niente?”». Altri passaggi sono stati dedicati alle scarpe indossate da Mattia quella sera, delle Jordan Air 1, tipo quelle da basket, e al suo abbigliamento. Con la ragazza che ha ricordato che indossava una tuta con felpa bianca e pantaloni neri che lei gli aveva regalato tempo prima. Quindi, la scena della pistola con Beatrice che riferisce di aver aperto il cassetto del comodino di Mattia: «Ho visto la pistola, l’ho presa e Mattia ha detto di lasciarla. Poi non l’ho più vista». La ragazza, alle continue domande anche della difesa, ha chiarito che, avendola trovata pesante, ha ritenuto che fosse un’arma vera e non da softair come quelle che Mattia teneva appese alla parete.
Il periodo del ritrovamento è stato datato a novembre-dicembre quando - e ciò l’ha aggiunto su sollecitazione della difesa - nella zona si erano verificati dei furti. Ha ricordato che Mattia frequentava al poligono e che, nel periodo che sono stati insieme, non era mai andato a fare softair. Altra questione un messaggio inviato da Mattia, con il sistema dell’autodistruzione su Telegram, nella notte tra l’8 e il 9 marzo che mette in allerta Beatrice e la mamma. Nel testo, inviato da un altro numero, ma la testa l’ha riconosciuto in Mattia era scritto «Controlla la macchina per il tuo bene». L’auto fu fatta controllare e poi fu portata dai carabinieri. La ragazza ha spiegato alla Corte che temeva che ci fosse in auto la pistola.
La difesa è tornata sull’argomento della droga, per farsi chiarire dalla teste di non aver mai visto Mattia con la cocaina. A quel punto al deposizione si è chiusa con le domande del presidente Mancini che ha voluto sapere se Mattia avesse la disponibilità di uno scooter, circostanza negata dalla teste, ma soprattutto sul perché solo nel secondo interrogatorio la ragazza ha fatto cenno ai carabinieri del ritrovamento del casco bianco. «Sentivo di parlare di caschi neri. Io ci pensavo. Tante cose non quadravano». E alla fine per «una cosa di coscienza» la ragazza si è determinata a riferire del ritrovamento del casco bianco nella sua auto.
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